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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL' ABRUZZO-MOLISE
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 12 aprile 1991

 

Carissimi fratelli nell’Episcopato!

1. La liturgia di questi giorni, allietati dalla luce della Pasqua, ci rinnova l’annuncio dell’Apostolo Paolo: “Per tutti Cristo è morto, perché quelli che vivono, non vivano più per se stessi, ma per colui che per essi è morto ed è risorto” (2 Cor 5, 15). Da questa fondamentale certezza, divenuta componente essenziale del nostro esistere quotidiano, scaturisce l’impegno di seguire gli esempi del Risorto, cooperando attivamente alla costruzione del suo Regno.

Vi saluto con affetto e sono lieto di potervi accogliere in modo collegiale, dopo aver avuto l’occasione e la gioia di incontrarvi personalmente. Voi mi avete messo a parte delle tante speranze che animano le comunità affidate dalla Provvidenza divina alle vostre cure pastorali. Non avete, tuttavia, tralasciato di informarmi anche circa le vostre preoccupazioni e i problemi che incontra la Chiesa nell’Abruzzo e nel Molise, Regione in via di profonde trasformazioni sociali. Molteplici sono le iniziative apostoliche che vanno diffondendosi in ogni diocesi; sensibile ed incoraggiante è il risveglio religioso che interessa soprattutto il mondo giovanile; fonte di speranza è pure la sensibilità dei credenti verso una pratica cristiana più convinta e coerente. Tanti ostacoli, però, rischiano di affievolire, anche presso di voi, l’entusiasmo dei cristiani e gli influssi, non sempre positivi, della cultura consumistica imperante minacciano di offuscare la limpidezza dello stesso annuncio evangelico.

La fase di delicato cambiamento culturale, che la società sta attraversando, richiede un supplemento di fiducia e di audacia missionaria. San Paolo, ricordando ai Corinzi che per tutti Cristo ha dato la sua vita, richiama con fermezza coloro che sono stati redenti dalla sua Croce e dalla sua Risurrezione a vivere “non per se stessi, ma per lui”. È un richiamo che vale anche per noi, giacché il nostro ministero apostolico, ponendoci in diretta connessione col progetto divino, ci domanda di dare la vita, tutta la nostra vita, perché “quelli che vivono” vivano per il Signore. Vi sia di conforto, venerati fratelli nell’Episcopato, la parola della Scrittura che, mobilitandoci a tempo pieno per il servizio del Regno, ci sostiene e ci alimenta nel complesso percorso quotidiano della nostra esistenza.

2. “Il nostro tempo - ho scritto nella recente Enciclica Redemptoris missio  - è drammatico e insieme affascinante. Mentre da un lato gli uomini sembrano rincorrere la prosperità materiale e immergersi sempre più nel materialismo consumistico, dall’altro manifestano l’angosciosa ricerca di significato, il bisogno di interiorità, il desiderio di apprendere nuove forme e modi di concentrazione e di preghiera. Non solo nelle culture impregnate di religiosità, ma anche nelle società secolarizzate è ricercata la dimensione spirituale della vita come antidoto alla disumanizzazione” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris missio, 38). È il cosiddetto fenomeno del “ritorno religioso”, che, pur non privo di ambiguità, contiene però fermenti e stimoli da non trascurare. Voi avvertite quanto sia diffusa questa esigenza di Dio fra la vostra gente, una popolazione tradizionalmente ancorata ai perenni principi del cristianesimo, ma sottoposta talora a influenze negative provenienti dai richiami secolaristici dell’ora presente. Già nella precedente visita “ad limina”, cinque anni or sono, affrontando il tema della pietà popolare e del suo rapporto con la vita liturgica, osservavo che “ciò che conta è prendere coscienza della permanenza del bisogno religioso nell’uomo, attraverso la diversità delle sue espressioni, per sforzarsi continuamente di purificarlo e di elevarlo nell’evangelizzazione” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/1 [1986] 1124-1125).

Il fenomeno delle sette, che anche nelle vostre terre va diffondendosi con incidenza discontinua da zona a zona e con punte accentuate di proselitismo tra le persone più deboli socialmente, culturalmente e psicologicamente, non è forse il segno concreto di un’aspirazione inappagata verso il soprannaturale? Non costituisce per voi, Pastori, una autentica sfida a rinnovare lo stile dell’accoglienza all’interno delle comunità ecclesiali ed uno stimolo pressante ad una nuova coraggiosa evangelizzazione, che sviluppi forme adeguate di catechesi soprattutto per gli adulti?

Nel Concistoro straordinario dei Cardinali, da me convocato la scorsa settimana, non pochi Padri, analizzando il pullulare delle sette nel mondo, hanno osservato come alla base di tale diffusione ci sia spesso una certa confusione dottrinale circa la necessità della fede in Cristo e dell’adesione alla Chiesa da lui istituita. Si tende a presentare le religioni e le varie esperienze spirituali come livellate su di un minimo denominatore comune, che le renderebbe praticamente equivalenti, col risultato che ogni persona sarebbe libera di percorrere indifferentemente una delle tante strade proposte per raggiungere l’auspicata salvezza. Se a questo si aggiunge il proselitismo intraprendente, che caratterizza qualche gruppo particolarmente attivo ed invadente, si comprende subito quanto sia urgente, oggi, sostenere la fede dei credenti, dando loro la possibilità di una continua formazione religiosa per approfondire sempre meglio il rapporto personale con Cristo. Un’opera missionaria, questa, di vasto respiro che Iddio affida in primo luogo a voi, Pastori del suo gregge, e che richiede impiego di mezzi, sinergia di iniziative apostoliche e, soprattutto, preghiera e passione d’amore per le anime.

Il vostro sforzo deve essere principalmente quello di prevenire tale rischio, rinsaldando nei fedeli la pratica della vita cristiana e favorendo la crescita dello spirito di autentica fraternità all’interno di ogni comunità ecclesiale. “La Chiesa  -osservavo ancora nell’Enciclica Redemptoris missio - ha un immenso patrimonio spirituale da offrire all’umanità, in Cristo che si proclama “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). È il cammino cristiano all’incontro con Dio, alla preghiera, all’ascesi, alla scoperta del senso della vita. Anche questo è un areopago da evangelizzare” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris missio, 38).

3. In tale prospettiva vi incoraggio cordialmente a proseguire negli sforzi intrapresi per far sì che il Vangelo sia per le vostre comunità il fondamentale punto di riferimento di tutta la vita. Ciò rende necessario tra voi Pastori l’intensificarsi della comunione e della collaborazione, affinché l’interscambio delle esperienze arricchisca il cammino pastorale di ogni Diocesi.

Il Seminario Regionale, cuore delle vostre Chiese, nel quale si sono formate schiere di sacerdoti che operano nelle più svariate realtà apostoliche, continui ad essere il luogo della più seria e fedele formazione dei futuri ministri di Dio Consacrate ad esso la vostra attenzione e circondatelo di grande amore. Potenziatelo e rendetelo sempre più funzionale, mediante il riordinamento della vita seminaristica e la qualificazione dei suoi docenti e dei suoi programmi. Non saranno mai troppe le energie che vi investite, giacché lì si prepara l’avvenire delle vostre Chiese. Superfluo raccomandarvi, poi, la sollecitudine per quegli stretti collaboratori del vostro ministero pastorale che sono i Presbiteri. Essi attendono da voi conforto e stimolo, incoraggiamento e direttive per poter svolgere in modo efficace la loro opera. Siate sempre al loro fianco. Assicurate loro il necessario aggiornamento culturale e spirituale per impedire che la stanchezza e l’abitudine li sopravanzino nel loro lavoro pastorale. Molti di loro, sia giovani che anziani, con ammirevole disinteresse operano in situazioni veramente difficili, con generosità e spirito di sacrificio, condividendo appieno la vita della loro gente. Penso, ad esempio, alle località di montagna o alle parrocchie abbinate, che richiedono notevole dispendio di energie. Penso anche a quei sacerdoti impegnati nelle attività apostoliche cosiddette di frontiera, fra i giovani in difficoltà, nel mondo del lavoro, fra le categorie sociali più emarginate. A tutti col sostegno della vostra presenza recate il conforto della vostra comprensione paterna.

4. Non risparmi la vostra cura pastorale di essere attenta alla gioventù sottoposta in Abruzzo e Molise, come altrove, a fallaci richiami che la distraggono dalla pratica coerente della vita cristiana. Fate sì che nelle parrocchie non manchino mai serie proposte di pastorale giovanile. I ragazzi e le ragazze devono potersi esprimere come protagonisti dell’evangelizzazione e sentirsi artefici del rinnovamento sociale. I molti problemi dei giovani, non ultimo quello della disoccupazione, accrescono il senso della loro frustrazione e della sfiducia nelle istituzioni. Senza solleciti e concreti interventi si rischia di vedere aumentare, purtroppo, il numero di quanti tra loro finiscono vittime della devianza e della droga che, pur non toccando i livelli allarmanti di altre zone, registrano anche nella vostra Regione una diffusione crescente.

È nella famiglia, cellula originaria della società e chiesa domestica, che l’universo giovanile deve trovare l’ambito naturale della maturazione umana e cristiana. Il nucleo familiare, infatti, che in passato è stato in Abruzzo e nel Molise il punto di forza della formazione ai valori cristiani dell’onestà e della fedeltà, della laboriosità e della fiducia nella divina Provvidenza, dell’ospitalità e della solidarietà, ha bisogno oggi di un particolare sostegno per resistere alle minacce disgregatrici della cultura individualistica.

A tale scopo vi esorto ad incrementare nelle parrocchie il costituirsi di gruppi di spiritualità familiare che, mentre favoriscono la reciproca conoscenza ed amicizia, aiutano a vivere la fede come itinerario di perfezione evangelica. Se le famiglie si mantengono saldamente ispirate ai valori dello spirito e si aprono all’accoglienza è più agevole affrontare anche il problema degli anziani, pur nel contesto delle difficoltà derivanti dal progressivo invecchiamento della popolazione. Occorre, in proposito, incrementare una pastorale adeguata per e con gli anziani, che non li faccia sentire di peso, ma li renda protagonisti della loro esistenza ed utili alla comunità.

5. Dinanzi alla vastità della missione che vi è affidata non vi prenda mai la stanchezza o lo scoraggiamento. Il Risorto cammina con voi e rende fecondo ogni vostro sforzo. È vero, numerose sono le urgenze pastorali, ma notevoli sono anche le risorse umane e spirituali sulle quali potete contare. Si tratta di proseguire un’opera già avviata di cui l’artefice principale è il Signore; si tratta di offrire con umiltà e disponibilità piena il proprio quotidiano contributo perché “venga il Regno” di Dio e “sia fatta” la sua volontà. Condividono le vostre ansie apostoliche tanti generosi collaboratori, sia fra il Clero e i Religiosi che fra i laici. Questi ultimi, specialmente nell’attuale momento storico, vanno sempre più riscoprendo il loro ruolo di protagonisti nella Chiesa e nel mondo. Il confortante risveglio pastorale, che voi stessi sottolineate, parte infine da una “matura ricomprensione della parrocchia come ultima localizzazione della Chiesa” (Ioannis Pauli PP. II, Christifideles laici, 26), nella quale trovano spazio nuovi ministeri e carismi al servizio della crescita integrale del Corpo mistico di Cristo.

A voi, venerati fratelli nell’Episcopato, il compito di condurre questo popolo di Dio alla pienezza della risposta fedele al disegno divino. Vi accompagni in tale arduo ma esaltante cammino Maria, la Regina del Cielo, che, come “ha portato Cristo nel grembo” (cf. “Regina coeli”), prosegua la sua materna missione nei confronti dei credenti, ottenendo loro con la sua intercessione la vita divina del Risorto.

A ciascuno di voi come pure ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai laici e a tutti i fedeli delle vostre Comunità imparto con affetto la mia benedizione.

 

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