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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL TERMINE DELLINCONTRO CON I VESCOVI BRASILIANI

Lunedì, 11 marzo  1991

 

Cari fratelli in Cristo,

Durante questi due giorni ci siamo riuniti, nel nome di Gesù Cristo e nella potenza del suo mistero pasquale, per riflettere sul nostro servizio pastorale al popolo di Dio in Brasile.

Pastori di Chiese locali e membri della Curia Romana, tutti insieme abbiamo voluto offrire di nuovo a Cristo la sua diletta Chiesa che è in Brasile, che egli si è acquistata con il suo preziosissimo sangue.

Nello stesso tempo abbiamo voluto esaminare le nostre responsabilità personali, quelle che ci competono precisamente come i primi servitori del Vangelo, Vescovi chiamati da Dio per annunciare, in tutta la sua purezza ed integrità, con tutta la sua forza e con tutte le sue esigenze, il mistero di Cristo, Figlio di Dio, per sostenere e confermare nella fede il nostro popolo.

In modo particolare abbiamo pensato ai nostri carissimi collaboratori, i sacerdoti del Brasile, interessandoci della loro identità sacerdotale, del loro ministero, delle loro difficoltà, della loro chiamata all’amicizia con Cristo, all’unione con Dio.

Abbiamo parlato della situazione dei seminaristi e delle esigenze della loro formazione. Abbiamo visto la necessità di impegnarci ancora perché la loro formazione possa davvero prepararli degnamente per la loro missione e aiutarli ad arrivare alla maturità di Cristo.

Con grande gratitudine abbiamo pensato ai religiosi e alle religiose del Brasile, ricordando il loro insostituibile contributo al Vangelo, e riflettendo sulla loro chiamata a collaborare sempre più uniti ai pastori delle Chiese locali, per poter presentare al mondo il vero volto di Cristo.

Siamo stati impressionati dalla grandezza delle sfide nel campo dell’autentica promozione umana e dei molti ostacoli che si oppongono alla piena efficacia della nuova evangelizzazione.

Questi ostacoli possiamo anche percepire più chiaramente dopo la nostra riunione, che ci ha chiamati ad un sempre più fedele amore manifestato nella vigilanza pastorale. Ma per noi questa consapevolezza non è motivo né di scoraggiamento né di vano trionfalismo ma di grande umiltà davanti ad una situazione che richiede sobrio realismo pastorale e suprema fiducia in Gesù Cristo.

Con San Paolo, non ci spaventiamo davanti alle varie difficoltà e ostacoli posti alla predicazione del Vangelo, perché siamo ben convinti che “in tutte queste cose siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8, 37). Tutto è possibile con l’aiuto di Dio.

Noi, umili servitori del Salvatore e deboli strumenti della sua salvezza, chiamati sempre alla purificazione personale, siamo ministri di Dio “con parole di verità, con la potenza di Dio, con le armi della giustizia” (2 Cor 6, 7). Questa forza che sprigiona dal mistero pasquale noi la sperimentiamo nella comunione ecclesiale. Uniti in Cristo e nella sua Chiesa siamo forti nel suo nome.

A te, Gesù Cristo, “Princeps Pastorum”, la gloria; in te la nostra fiducia; a te la nostra fedeltà per sempre; nella tua parola la nostra gioia e la nostra forza; nel tuo mistero pasquale la nostra salvezza. Per te, nella tua Chiesa, sotto la protezione di tua Madre, la Madonna Aparecida, raggiungiamo, col nostro popolo la meta eterna: la comunione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

 

© Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana

 



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