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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE D
ELLA TANZANIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 26 ottobre 1992

 

Vostra Eminenza, Cari fratelli Vescovi,

1. Nel darvi il benvenuto, Vescovi della Tanzania, in occasione della vostra visita “ad limina” colgo l’occasione per salutarvi in una lingua profondamente radicata in terra africana: Tumsifu Yesu Kristu! (Sia lodato Gesù Cristo!). In questo modo desidero rievocare il caro ricordo della mia Visita pastorale nel vostro Paese due anni fa e rinnovare il mio sentito ringraziamento a Dio per la crescita della Chiesa in mezzo a voi. Sono grato a Lei, Vescovo Lebulu, per i sentimenti di affetto e di fedeltà espressi a nome di voi tutti. Al mio caro fratello, Card. Rugambwa, il primo figlio dell’Africa nera che è divenuto membro del Collegio dei Cardinali, esprimo l’immensa gratitudine della Chiesa per i molti anni di devota sollecitudine pastorale.

Il vostro pellegrinaggio “ad limina Apostolorum” è un atto preminentemente personale per ciascuno di voi. Nel venire “a vedere Pietro” (cf. Gal 1, 18) dichiarate al mondo la fede apostolica e affermate che la Chiesa è la sposa del Divino Redentore e il suo strumento per la salvezza dell’umanità. Nel dare una testimonianza della vostra opera lodate la bontà di Dio per tutto ciò che Egli ha potuto fare tramite voi, invocate la sua pietà per gli errori umani e chiedete la sua forza per tornare ad assolvere il vostro compito pastorale con rinnovato entusiasmo.

2. Non molto tempo fa avete celebrato il primo centenario dell’avvento del Vangelo in Tanzania. Tale evento, motivo di grande gioia per tutti i fedeli, ci aiuta a riconoscere la generosità di Dio, che già ha portato tra voi abbondanti frutti di giustizia e santità. Rivolgo uno speciale ringraziamento ai missionari del passato che hanno lavorato instancabilmente per formare il Popolo di Dio nel vostro Paese. In quest’epoca essi hanno dei validi successori che, seguendo il loro esempio, hanno lasciato le loro case e le loro famiglie per offrirvi un servizio indispensabile alla diffusione del Regno di Dio. (cf. Redemptoris missio, 65-66) Bisogna predicare il Vangelo alle migliaia di persone che non lo hanno ancora ascoltato e bisogna predicarlo in modo nuovo a coloro che hanno già conosciuto Cristo, ma non hanno permesso che la Sua Parola si radicasse nella loro vita. È giusto che la responsabilità di questo nobile compito passi interamente nelle mani del clero locale della Tanzania, dei Religiosi e dei Laici, in particolar modo dei catechisti e io condivido la gioia che provate per la loro sollecitudine ad essere missionari in patria.

3. La necessità di adempiere al comandamento di Cristo di “ammaestrare tutte le nazioni” (Mt 28, 19) è il motivo per cui spesso nelle vostre relazioni quinquennali avete menzionato lo scarso numero di operatori in grado di intraprendere l’opera di evangelizzazione. Persino l’elevato numero di vocazioni in Tanzania al sacerdozio e alla vita religiosa, per il quale mi unisco a voi nel ringraziare Dio, risulta insufficiente. Voi e le vostre comunità dovete continuare a pregare per questa intenzione (cf. Mt 9, 38) confidando completamente in Dio, “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2, 4). Una delle vostre principali preoccupazioni deve essere quella di assicurarvi che i vostri collaboratori abbiano ricevuto una adeguata formazione per adempiere al nobile compito di formare il Corpo di Cristo. Non solo devono possedere le doti e le conoscenze necessarie, ma anche e soprattutto quella profondità di fede e quella virtù cristiana che li rendono, con le parole e con i fatti, testimoni attendibili della nuova creazione stabilita dal nostro Salvatore. Per aiutarvi a risolvere il problema di come formare in modo adeguato un numero sempre maggiore di seminaristi desidero riaffermare la saggezza tante volte espressa dai miei predecessori e ribadita dai Padri del Concilio Vaticano II: inviate, senza esitazione, i vostri migliori sacerdoti perché prestino servizio presso i seminari (cf. Optatam totius, 5). In tutti i programmi dei vostri seminari, ai futuri sacerdoti deve venir mostrata la vera identità del sacerdote, che a immagine di Cristo, il Buon Pastore, è chiamato a testimoniare al gregge l’amore del Signore (cf. Pastores dabo vobis, 21-23). Nei Seminari Minori così come negli anni immediatamente precedenti l’Ordinazione lo scopo della formazione è quello di aiutare il candidato a “rivestirsi di Cristo” (cf. Gal 3, 27) e a impostare la propria vita sull’esempio del Redentore. Come è stato messo in evidenza dai Padri del Concilio, il mezzo essenziale per il raggiungimento di questo scopo è “una particolare formazione religiosa e soprattutto... orientamento spirituale” (Optatam totius, 3). Un elemento vitale della formazione al sacerdozio è costituito dalla preghiera e dalla penitenza. L’abitudine alla meditazione quotidiana aiuta il seminarista così come il sacerdote ad accrescere la conoscenza e l’amore di Cristo e a imitare quest’ultimo in tutti gli aspetti della propria vita. Una crescente consapevolezza della bontà di Dio costituisce il frutto naturale di una vita di preghiera; essa conduce al pentimento dei peccati e genera il fermo proponimento di amare Dio nel modo in cui Egli per primo ci ha amati (cf. 1 Gv 4, 19). La penitenza porta invece alla preziosa celebrazione del Sacramento della Riconciliazione. I sacerdoti che perseverano nella metànoia e che la suggellano con la frequente e regolare pratica della Confessione saranno i Padri spirituali a cui si rivolgeranno i figli di Cristo, cosa che Egli desidera ardentemente. I sacerdoti la cui vita è caratterizzata dalla grazia dell’umile pentimento, costituiranno una forza irresistibile per il rinnovamento della pratica del Sacramento della Penitenza tra i laici impegnati. I saldi fondamenti acquisiti in Seminario devono continuare ad essere sostenuti, dopo l’ordinazione da una costante formazione (cf. Pastores dabo vobis, cap. VI). Senza quest’ultima i sacerdoti incontreranno notevoli difficoltà nel rispettare i propri ideali e il proprio impegno. Un Vescovo deve occuparsi costantemente della salute spirituale dei suoi sacerdoti e prestare loro particolare attenzione negli anni immediatamente successivi l’ordinazione sacerdotale (cf. Ivi, 76).

4. I Consigli Evangelici sono un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal Signore, e le comunità religiose non solo promuovono la santità dei loro membri ma contribuiscono meravigliosamente al bene del corpo di Cristo (cf. Lumen gentium, 43). Ciò emerge particolarmente dalla vita e dall’opera dei religiosi in Tanzania, soprattutto dall’opera delle molte religiose appartenenti alle Congregazioni diocesane. Attraverso la vostra Conferenza, potete promuovere una maggiore cooperazione tra questi Istituti. Potete fare molto per incoraggiarli a vivere la loro consacrazione evangelica sempre più profondamente, specialmente aiutandoli a sviluppare programmi di formazione spirituale e apostolica e assistendoli, secondo la povertà evangelica, nel garantire la base economica necessaria per una corretta gestione delle loro comunità. Le iniziative volte ad elevare il livello di formazione dei Religiosi vengono accolte con entusiasmo. Queste infatti aumentano la capacità delle Religiose di aderire a un livello profondamente personale agli elementi essenziali della vita consacrata e di acquisire la maturità umana e cristiana alla quale sono chiamate in Cristo. Così preparate, esse saranno realmente in grado di soddisfare le esigenze della Chiesa universale.

5. In Tanzania i cambiamenti sociali stanno influenzando il contesto in cui la Chiesa deve compiere la sua missione. La maggioranza relativamente giovane della popolazione, la crescente urbanizzazione, la transizione verso nuove forme di organizzazione politica e la variegata composizione delle affiliazioni religiose richiedono nuove risposte ai pastori e ai fedeli. La povertà e la disoccupazione, la mancanza di risorse per l’istruzione e l’assistenza sanitaria, il diffondersi di malattie mortali, l’aumento del materialismo e lo sgretolarsi dell’unità familiare costituiscono degli ostacoli alla diffusione del Regno di Dio – sfide che richiedono grande fiducia nel potere del Cristo Risorto per trionfare su tutti i mali. Il compito di permettere ai laici impegnati della Tanzania di esercitare in maniera più adeguata la loro vocazione battesimale in questo contesto sociale, ha portato ad esigere una maggiore cura pastorale per le famiglie e una valida formazione Cristiana per i giovani. Ho notato con particolare interesse che avete scelto di celebrare il venticinquesimo anniversario del Consiglio dei laici della Tanzania organizzando in tutto il paese dei seminari sul tema “Giustizia e Pace nella Famiglia”. Questa vostra decisione rappresenta un chiaro riconoscimento del fatto che il matrimonio Cristiano, animato dal dono di sé, costituisce “la scuola” più adatta ad educare la prossima generazione alle virtù morali essenziali per il vivere civile (cf. Familiaris consortio, 37). Non lasciatevi scoraggiare nella lunga lotta di insegnare la vera natura del matrimonio e di sostenere le coppie nell’osservanza fedele di tutte le esigenze del matrimonio Cristiano. Traete conforto dalla consapevolezza che ogni famiglia Cristiana che obbedisce alla legge di Dio ha il grande potere di esortare gli altri a scoprire la ricchezza del messaggio Evangelico di vita e di amore.

6. Sono lieto di constatare che, nell’ambito dei rapporti cordiali che intercorrono tra la Chiesa e lo Stato della Tanzania, i Cattolici cercano di orientare il progresso della nazione verso uno sviluppo degno dell’essere umano. Il dialogo con i Cristiani appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiastiche e la reciproca tolleranza con i credenti di religione islamica sono parte essenziale di questo sforzo. Tali cambiamenti permettono ai fedeli di condividere con i loro vicini l’insegnamento della Chiesa sulla natura del bene comune e sui mezzi più giusti per ottenerlo. La vostra lettera pastorale dello scorso giugno, “Vero sviluppo umano”, fornisce significativi elementi per un’ampia riflessione sul modo in cui la società può soddisfare al meglio le necessità e rispettare l’inalienabile dignità dei suoi membri. Voi avete giustamente sottolineato che, solo accettando il disegno divino riguardo l’essere umano e tutta la creazione, ogni tentativo può realmente avere successo. Il riconoscimento di questa verità è particolarmente importante dal momento che il Governo della Tanzania sta prendendo in considerazione una “politica nazionale sulla popolazione”. Un’iniziativa di questo tipo deve garantire l’inviolabile libertà delle coppie sposate nel mettere in pratica una procreazione responsabile. Essa dovrebbe sostenere la sacralità della vita dal momento del concepimento al momento della morte, e, con il dovuto riguardo per i diritti dei genitori nell’ambito dell’educazione, dovrebbe tentare di infondere nei giovani una sana comprensione della natura della sessualità umana. La Chiesa in Tanzania può essere fiera del fatto che la sua lunga tradizione di servizio nel campo sanitario ed educativo ha fatto sì che le autorità civili le abbiano chiesto di intensificare le sue attività in questi settori. Sono certo che voi farete di tutto per continuare a operare sulle basi già esistenti per fare il bene di tutti, con l’amore che Dio ha riversato nei vostri cuori (cf. Rm 5, 5). La preoccupazione dei Cristiani per le vittime dell’Aids e l’aiuto prestato ai loro orfani manifestano in modo tangibile la compassione di Cristo per le sofferenze e alimentano la speranza di fronte a tanto dolore.

7. Cari fratelli Vescovi, portate alla vostra amata terra l’assicurazione della mia stima e del mio affetto verso tutto il suo popolo. Ricordate ai vostri sacerdoti, Religiosi e laici il mio amore in Gesù Cristo, e dite loro che a Roma “noi li ricordiamo sempre nelle nostre preghiere e ringraziamo Dio per tutti loro” (cf. 1 Ts 1, 2). Affido i Cattolici della Tanzania all’amorevole intercessione di Maria e imparto la mia benedizione apostolica quale promessa di unità e di pace nel Suo Figlio Divino.

 

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