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VIAGGIO APOSTOLICO IN GIAMAICA, IN MESSICO E A DENVER (COLORADO)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE L’INCONTRO ECUMENICO NELLA «HOLY CROSS CHURCH»

Kingston (Giamaica) - Martedì, 10 agosto 1993

 

“... Rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti” (Fil 2, 2).

Cari fratelli e sorelle, cari amici,

1. Queste parole di San Paolo, che esprimono il suo profondo desiderio di unità tra i discepoli del Signore, erano un grido che proveniva dal profondo del suo cuore. Egli si era talmente identificato con il nostro Salvatore, che non viveva più ma Cristo viveva in lui (cf. Gal 2, 20), e così il suo desiderio era lo stesso di Cristo: “Tutti siano una sola cosa” (Gv 17, 21). Questo appello dell’Apostolo, rivolto per la prima volta ai filippesi, non ha perso nulla della sua urgenza, e trova oggi un’eco nel cuore di ognuno di noi qui convenuto. È per questo che ci siamo riuniti a pregare per la riconciliazione di tutti i cristiani.

Con la fiducia di figli e figlie ci rivolgiamo al Padre per chiedergli di sanare le nostre divisioni. Allo stesso tempo lo ringraziamo per la già esistente – anche se imperfetta – comunione che ci unisce (cf. Unitatis redintegratio, 3) e per il clima di apertura e di rispetto reciproco che ne sono le conseguenze logiche (cf. Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme dell’ecumenismo [1993], n. 36). Questo è infatti un momento di grazia, un dono dell’amore infinito del nostro Redentore. Nella pace e nell’amore di Gesù Cristo saluto tutti voi, rappresentanti delle Chiese Cristiane e delle Comunità Ecclesiali della Giamaica e dei Caraibi. Sono lieto di essere qui con voi ad ascoltare la Parola salvifica di Dio e di levare con voi la mia voce in sincera lode e fervida supplica.

2. I cristiani in Giamaica possono giustamente ringraziare Dio per tutto ciò che è stato ottenuto nel raggiungimento degli obiettivi del movimento ecumenico. In particolar modo desidero mettere in rilievo i risultati di più di due decenni di comune testimonianza e comune azione a favore della giustizia e della pace attraverso il Concilio Giamaicano delle Chiese. I Vescovi cattolici di questa Nazione, insieme al clero, ai religiosi e ai fedeli laici, sono stati attivi in queste iniziative. Essi sono ansiosi di lavorare, negli anni a venire, con tutti i loro fratelli e le loro sorelle cristiani in uno spirito di solidarietà, cosicché la luce trasformatrice della Buona Novella splenda sempre più luminosa su quest’Isola.

Le vostre iniziative ecumeniche si svolgono nel contesto più ampio della Conferenza Caraibica delle Chiese. Attraverso questa Conferenza vi impegnate a difendere e a promuovere la dignità della persona umana e a pronunciarvi contro tutto ciò che la mette in pericolo: la povertà, il dissesto della vita familiare, l’abuso di stupefacenti e droghe e tutto ciò che possa ostacolare il pieno sviluppo degli individui e della società stessa. È mia preghiera che la vostra collaborazione di fronte a queste sfide sia sempre più efficace nel porre “in una luce più piena il volto di Cristo Servo” e nel rendere “testimonianza delle speranze nostre” (Unitatis redintegratio, 12).

3. Poiché è importante che i Cristiani uniscano le loro forze per costruire il bene comune della società umana, dovremmo riconoscere la necessità di resistere a qualsiasi tentazione di “attivismo” unilaterale. Altrimenti l’impegno ecumenico potrebbe ben presto essere guidato solo da motivi politici e diventare una barriera e non un aiuto per l’unità (cf. Direttorio, n. 211-212). Noi siamo chiamati non solo a un’azione comune, ma, come dice San Paolo, a una “comunanza di spirito” (Fil 2, 2); per essere uniti non solo nel servizio, ma nella “convinzione” e nell’“amore” (Ivi) – e dobbiamo pregare di essere uniti nell’unica Eucaristia, dove Cristo dona se stesso nell’amore alla sua Chiesa. No, noi non potremo mai accontentarci di forme imperfette di comunione nella fede e nella vita sacramentale, poiché questa non è la volontà di nostro Signore. Era sua preghiera che i suoi discepoli partecipassero a quella stessa unità che lo rendeva tutt’uno con il Padre: “Come tu, Padre, sei in me, e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17, 21).

Come ho sottolineato in un messaggio ai partecipanti alla Quinta Conferenza Mondiale su Fede e Costituzione ora riunita a Santiago de Compostela, la riflessione sulla natura della koinonia, la comunione – il tema di questa conferenza – è un mezzo particolarmente valido per raggiungere l’obiettivo dell’unità cristiana (cf. Lettera del 21 luglio 1993). Un apprezzamento più profondo del mistero della comunione ecclesiale come partecipazione alla vita stessa di Dio uno e trino offre una buona base per un dialogo fruttuoso su argomenti quali il rapporto tra la Chiesa universale nella sua visibilità e le Chiese particolari, la ricchezza della diversità in seno alla comunione, la natura eucaristica della Chiesa, e l’ufficio – in particolar modo il ministero del Vescovo di Roma – nel servizio della comunione. Per quanto riguarda quei Cristiani che potrebbero non condividere la concezione propria della Chiesa Cattolica dell’Eucaristia quale espressione visibile di unità nella fede e nella vita ecclesiale, un dialogo aperto e sincero li aiuterà ad apprezzare e a rispettare le sue ferme convinzioni e la sua severa disciplina riguardo all’intercomunione.

In queste questioni, come in tutto ciò che riguarda il nostro dialogo fraterno, non dovremmo ignorare l’ammonimento del Concilio Vaticano II, che “niente è più alieno dall’ecumenismo, quanto quel falso irenismo” (Unitatis redintegratio, 11). In uno spirito di rispetto reciproco dobbiamo sempre dire ciò che sappiamo essere vero su noi stessi e le nostre convinzioni. Questo è il modo in cui i fratelli e le sorelle devono confrontarsi l’un l’altro, e questa franchezza riguardo a se stessi, unita alla fiducia in ciò che gli altri dicono di loro stessi, porterà i frutti desiderati al momento debito (cf. Direttorio, n. 172).

4. Desidero, a questo punto, salutare i rappresentanti di altre tradizioni religiose presenti qui oggi. Noi che professiamo il nome di Gesù siamo onorati dalla vostra presenza. Assicurandovi la mia cordiale stima e il mio affetto, vi offro i miei migliori e devoti auguri. I membri della comunità cattolica in Giamaica, così come i membri di altre Chiese e Comunità Ecclesiali sono desiderosi di collaborare con voi nel servire la causa dell’umanità.

Alle guide spirituali e ai membri della Delegazione ebraica porgo una particolare parola di benvenuto. Mi è stato detto dello stretto rapporto tra voi e i cattolici giamaicani. Questo rispetto e questa amicizia, radicati nel nostro patrimonio comune (cf. Nostra aetate, 4) sono fonti di grande gioia e soddisfazione.

Prego affinché in Giamaica tutti i credenti vengano rafforzati da Dio Onnipotente nell’unione tra loro e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, per costruire una società libera da discriminazione e pregiudizio, una nazione impegnata a proteggere i diritti di ogni persona, incluso di diritto alla libertà religiosa.

5. Signore e Signori: San Paolo ha indicato ai cristiani di Filippi la via per aver una sola mente e un solo scopo, e nel fare questo egli ha identificato il sentiero che porta all’obiettivo finale del movimento ecumenico. Egli dice: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù” (Fil 2, 5). Quando tutti i cristiani saranno pienamente conformati a Cristo, allora saranno completamente una sola cosa. Questo è il compito del Paraclito, lo Spirito effuso nella Pentecoste e dato nel Battesimo. L’unità è opera dello Spirito. Con fiducia chiediamo allo Spirito Santo di operare con grande potenza in mezzo a noi, cosicché la preghiera di Cristo si possa compiere in noi: “Tutti siano una sola cosa... perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17, 21-26).

Offro a tutti voi, cari amici, il mio caloroso sostegno, e vi ringrazio ancora una volta per le vostre vite, il vostro lavoro e le vostre preghiere qui in Giamaica e in tutte le Antille. Possa il Signore Iddio benedirvi e sostenervi sempre.

 



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