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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE
PROMOSSO DALL
’UNIONE SUPERIORI GENERALI

Venerdì, 26 novembre 1993

 

1. Con gioia, vi accolgo, carissimi Fratelli e Sorelle, in occasione del Congresso Internazionale promosso dall’Unione dei Superiori Generali. Saluto cordialmente ciascuno di voi. In particolare, rivolgo un affettuoso saluto al Cardinale Eduardo Martínez Somalo, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica, e lo ringrazio per le nobili espressioni pronunciate. Ringrazio pure il P. Flavio Roberto Carraro, Presidente dell’Unione dei Superiori Generali, per i sentimenti di devozione manifestati a nome di tutti i partecipanti. Saluto poi i Vescovi presenti, i numerosi Superiori Generali di Istituti religiosi, Delegati della Confederazione Latinoamericana dei Religiosi (CLAR) e dell’Unione delle Conferenze Europee dei Superiori Maggiori (UCESM), i Presidenti di Conferenze a livello nazionale e i Rappresentanti dei Dicasteri della Curia Romana.

Questo vostro Convegno si caratterizza per la sua dimensione mondiale e per la visione ampia che gli viene dall’esser stato preparato dai massimi responsabili dei vari Istituti religiosi. Vi si è potuto sicuramente vivere un intenso clima di preparazione al Sinodo ordinario dei Vescovi che si svolgerà il prossimo anno. Auspico che dai lavori si possa raccogliere un’utile documentazione in vista della assise sinodale.

2. La vita religiosa sperimenta oggi un momento particolarmente significativo della sua storia, a motivo del rinnovamento esigente e vasto che le mutate condizioni socioculturali, alle soglie ormai del terzo millennio dell’era cristiana, le impongono.

La prossima Assemblea del Sinodo ordinario porterà sicuramente i membri della Chiesa – Pastori, Clero, Consacrati e fedeli – a prender coscienza di quest’ora singolare, così da non perdere l’opportunità di un reale ritorno alla sorgente evangelica: è infatti Gesù Cristo il supremo punto di riferimento di ogni Religioso e dell’intero popolo di Dio. A Lui si deve guardare come al Consacrato per eccellenza che, inviato nel mondo, chiama i discepoli a seguirlo nella radicalità del dono di sé al Padre celeste e ai fedeli.

Nella sinagoga di Nazaret, come ci racconta l’evangelista Luca (cf. Lc 4, 16-19), Gesù applica a sé la profezia messianica di Isaia: “Lo Spirito del Signore è su di me...” (Is 61, 1). In essa egli viene indicato come “il Consacrato” per eccellenza, l’Unto di Dio, il “Cristo”. Ciò comporta una singolare presenza in Lui dello Spirito Santo, che unisce in forma indissolubile la sua missione alla sua consacrazione. Come ho ricordato nella Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, “lo Spirito non sta semplicemente “sopra” il Messia, ma lo “riempie”, lo penetra, lo raggiunge nel suo essere ed operare. Lo Spirito, infatti, è il principio della “consacrazione” e della “missione” del Messia” (Pastores dabo vobis, 19).

In questa luce, il Religioso appartiene radicalmente a Dio ed attinge, nello Spirito, alle fonti stesse della santità e della donazione apostolica totale.

3. Ogni consacrazione nella Chiesa è intrinsecamente legata ad una sintesi radicale e vitale di consacrazione e missione. Essa viene espressa con la pratica dei consigli evangelici per testimoniare nel Popolo di Dio il Vangelo delle Beatitudini (cf. Lumen Gentium, 31). Ciò suppone uno stile di vita che, accompagnandosi a rinuncia e a sacrifici, comporta un impegno non facile e richiede una ascesi costante ed adeguata.

La vera ragione di questa scelta non consiste però propriamente nel programmare una vita di mortificazione, bensì nell’opzione totale per Gesù Cristo. Ciò che permette una autentica valorizzazione della Croce è la scoperta personale e affascinante dell’ineffabile mistero di Gesù Cristo, crocifisso e risorto. La fede apostolica ci indica “il Consacrato” per antonomasia nel Verbo incarnato, vero Redentore dell’uomo. Gesù, il Cristo, è la misura di tutto; Egli indica all’uomo l’autentico scopo della vita e gli fornisce l’aiuto per raggiungerlo. In lui, nuovo Adamo, l’intera realtà umana viene ad illuminarsi di un senso escatologico, spalancando i propri orizzonti al di là del tempo.

Così, con San Paolo, possiamo ripetere: “Per me la vita è Cristo” (Fil 1, 21); “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20); “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova” (2 Cor 5, 17). Siamo, cioè, convinti con l’Apostolo che Dio si è proposto, nell’economia della pienezza dei tempi, di “ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra” (Ef 1, 10).

Questa visione della fede, che tutto abbraccia, offre la vera ragione della radicalità della vita consacrata e la riveste di fascino e di letizia. Se Gesù Cristo è davvero il centro della vita e della storia, vale la pena di seguirlo fedelmente, partecipando all’affascinante mistero della sua redenzione anche quando ciò comporta difficoltà e rinunce.

4. Da queste riflessioni sul mistero di Cristo, carissimi Fratelli e Sorelle, derivano numerose prospettive di rinnovamento. Vorrei qui brevemente sottolinearne alcune che potrebbero utilmente servire come orientamenti di preparazione al prossimo Sinodo.

Gesù Cristo è il massimo punto di riferimento per ogni fedele, ma lo è in particolare per chi è chiamato a testimoniare “in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini” (LG 31).

“I Religiosi – esorta il Concilio – pongano ogni cura affinché per loro mezzo la Chiesa ogni giorno meglio presenti Cristo ai fedeli e agli infedeli, o mentre Egli contempla sul monte, o annuncia il Regno di Dio alle turbe, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori, o benedice i fanciulli e fa del bene a tutti, sempre obbediente alla volontà del Padre che lo ha mandato” (LG 46).

Il rinnovamento deve pertanto portare in pienezza a questo, e con urgenza. La Chiesa non ha infatti bisogno di Religiosi abbagliati dal secolarismo e dai richiami del mondo contemporaneo, ma di testimoni coraggiosi e di infaticabili apostoli del Regno.

5. Il primo valore di fondo da curare è, perciò, quello della “spiritualità”, seguendo il carisma tipico di ogni Istituto. Nella consacrazione religiosa l’intimità, la ricchezza e la stabilità di uno speciale legame con lo Spirito Santo sono alla base di ogni cosa.

La presenza di Dio si fa trasparente quando il Religioso diviene segno e portatore del suo amore soprannaturale. L’essere “ministro” della divina carità costituisce la fonte del servizio: l’inseparabilità tra missione e consacrazione non toglie che il primato vada alla consacrazione, quale provvida iniziativa di Dio che invia: “...Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto” (Gv 15, 16).

Quale bisogno c’è, oggi, di un’autentica spiritualità! Molti, anche tra i credenti, si sentono smarriti e quasi sommersi dall’effimero, dall’indifferenza, dal relativismo, dall’individualismo, dalla carenza di trascendenza e dalla perdita del senso del peccato, che sembrano segnare le culture della nostra epoca.

Dagli Istituti religiosi ci si aspetta un nuovo ardore apostolico; ci si attende, cioè, che offrano il loro contributo non solo come singole persone, ma come comunità nella impegnativa opera della nuova evangelizzazione.

Perché ciò avvenga, il rinnovamento spirituale resta il primo e più vitale compito a cui i Religiosi devono dedicarsi. Da esso l’intera Chiesa trarrà, ne sono certo, genuino vigore e anche la crisi vocazionale che in alcune regioni del mondo è divenuta preoccupante potrà trovare valide soluzioni.

Il Concilio aveva già opportunamente ricordato che le migliori forme di ripresa degli Istituti religiosi “non potranno avere successo, se non saranno animate da un rinnovamento spirituale, al quale spetta sempre il primo posto anche nelle opere esterne di apostolato” (Perfectae Caritatis, 2).

6. Un altro importante aspetto da sottolineare è l’impegno dei Religiosi nella nuova evangelizzazione, grande sfida del nostro secolo a cui è chiamata tutta la Comunità dei battezzati.

Il progresso economico, i mutevoli contesti sociali e politici, le attese dei giovani, i radicali mutamenti in atto nella mentalità della gente, esigono dagli evangelizzatori, e particolarmente dalle persone consacrate, che sappiano rendere “contemporaneo” l’annuncio della verità di Cristo, facendo sentire ad ogni persona che Gesù è il Redentore dell’uomo con i suoi concreti problemi e le sue specifiche difficoltà. In questo sforzo, che coinvolge l’intera Chiesa, occorrerà approfondire e precisare i rapporti spirituali e apostolici esistenti tra religiosi e laici, promuovendo nuovi metodi e nuove espressioni di cooperazione per facilitare nel nostro tempo l’annuncio di Cristo.

7. Occorre, infine, ricordare che i carismi religiosi sono peculiari doni dello Spirito per il popolo di Dio.

Il Sinodo straordinario del 1985 – a venti anni dal Vaticano II – ha ricordato che “l’ecclesiologia di comunione è l’idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio” e che essa “non può essere ridotta a pure questioni organizzative o a problemi che riguardino semplicemente i poteri” (Relazione finale, II, c.1).

Favorire una più intensa comunione ecclesiale tra Religiosi, Clero e laici, intensificando uno specifico e pluriforme scambio di valori spirituali e apostolici, aiuterà non poco tale ecclesiologia di comunione. Vincolerà più realisticamente i carismi religiosi alle singole Chiese, dove si esprime la vocazione e la missione dei laici e del Clero diocesano, apportando in esse i dinamismi e i valori con cui i Religiosi respirano l’universalità della Chiesa.

8. Auspico pertanto, carissimi fratelli e sorelle, che il Convegno internazionale circa la “vita consacrata oggi”, aiuti voi e gli Istituti che qui rappresentate a sentire la vostra presenza come un dono prezioso di Dio alla sua Chiesa e al mondo intero.

I Fondatori hanno saputo incarnare nel loro tempo con coraggio e santità il messaggio evangelico. Occorre che, fedeli al soffio dello Spirito, i loro Figli spirituali proseguano nel tempo questa testimonianza, imitandone la creatività con una matura fedeltà al carisma delle origini, in costante ascolto delle esigenze del momento presente.

Maria, Regina dei Vergini, modello concreto della vita consacrata, vi guidi e vi accompagni in questo difficile e vasto compito di rinnovamento e interceda per il buon esito del prossimo Sinodo. A Lei, Vergine Immacolata, modello supremo nell’obbedienza della fede, domando di ravvivare nella Chiesa la testimonianza dei consigli evangelici, perché appaia a tutti la bellezza del volto cristiano nello spirito delle beatitudini. Assista pertanto, Maria Santissima, anche i Pastori perché abbiano della vita consacrata una visione e un apprezzamento che ne irrobustisca la presenza e la missione nel popolo di Dio.

Con questi auspici, carissimi fratelli e sorelle, rinnovo a tutti voi l’assicurazione del mio costante ricordo al Signore, impartendovi una speciale benedizione apostolica a sostegno del quotidiano sforzo nel seguire Cristo, casto, povero ed ubbidiente.

 

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