DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI DIRIGENTI E AI LAVORATORI DEL
POLITECNICO E ZECCA DELLO STATO
Solennità di San Giuseppe - Sabato, 19 marzo 1994
1. “Ha lavorato con mani d’uomo . . .” (Gaudium et Spes, 22).
Questa frase del Concilio Vaticano II si riferisce a Cristo, che rivelò l’uomo all’uomo (cf. Gaudium et Spes, 22), giacché amò con un cuore d’uomo, soffrì come ognuno di noi e lavorò con mani d’uomo. Queste parole vengono alla mente soprattutto oggi, solennità di san Giuseppe, al cui fianco Gesù lavorò. Da Giuseppe Gesù imparò il duro mestiere del carpentiere, e la fatica del lavoro divenne dimensione fondamentale del mistero della redenzione. Colui che lavorò con mani d’uomo è il Redentore del mondo, il Figlio di Dio consustanziale al Padre, incarnatosi per opera dello Spirito Santo e nato da Maria Vergine. Giuseppe rappresentava per Lui il Padre celeste, insegnandogli a compiere il mestiere che egli stesso faceva. Perciò Gesù veniva chiamato il figlio del carpentiere (cf. Mt 13, 55).
Oggi, vogliamo riprendere la grande preghiera per l’Italia, inaugurata martedì scorso. Desideriamo farlo insieme ai lavoratori di questo Paese, che mediante la loro fatica continuano a formare da secoli ciò che l’Italia è. Da anni ormai il giorno di san Giuseppe, il 19 marzo, è diventato il giorno dell’incontro del Papa con i vari ambienti lavorativi italiani.
Tali incontri si sono svolti in molte città, in molte aziende, piccole e grandi. Oggi ci ritroviamo qui, in Vaticano, nell’Aula Paolo VI.
Saluto la grande famiglia del Poligrafico e della Zecca dello Stato, ben lieto che questo appuntamento si svolga in un momento importante per la storia d’Italia. Saluto tutti i presenti, a cominciare dal Governatore della Banca d’Italia, dai Dirigenti delle Associazioni industriali e sindacali e dai Vescovi della Commissione episcopale del Lavoro della CEI. Saluto, in particolare, il Presidente dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Dottor Giovanni Ruggeri, che ringrazio per le parole poc’anzi rivoltemi a nome di quella grande comunità di lavoro, con la quale il Vaticano intrattiene un attivo rapporto di cooperazione. Sono grato altresì alla Signora che ha parlato a nome di tutta la comunità lavorativa. Ringrazio inoltre per il dono del fac-simile, realizzato con rara perizia, della Bibbia di Carlo il Calvo, prestigioso esempio della rinascita culturale carolingia e testimonianza eloquente della venerazione di quell’epoca per la Parola di Dio, consegnata ai posteri su pergamene impreziosite da miniature di singolare bellezza.
Il mio pensiero si dirige poi alle maestranze degli stabilimenti romani, della Cartiera di Foggia, delle Cartiere Miliani di Fabriano e di tutte le strutture componenti il vostro benemerito Istituto. Grazie a ciascuno di voi, cari amici, per la vostra presenza. Attraverso le vostre persone, vorrei salutare l’intero mondo dei lavoratori e delle lavoratrici in Italia e in ogni altra Nazione del mondo.
2. Basta trovarsi in qualsiasi punto d’Italia, basta fare un viaggio in qualunque sua Regione per notare gli enormi successi realizzati nel campo del lavoro, successi che assicurano all’Italia un posto di rilievo tra i Paesi del mondo. Avremo modo in altre circostanze di riprendere la “grande preghiera” insieme col mondo agricolo o con gli ambienti del lavoro scientifico e artistico. Oggi desideriamo dedicare la nostra attenzione e la nostra preghiera al mondo dell’industria, secondo la tradizione degli anni precedenti. Parliamo del lavoro guardando ai suoi frutti. Il frutto più importante del lavoro è l’uomo stesso. Mediante la propria attività l’uomo forma se stesso, in quanto scopre le proprie possibilità e le mette in atto. Contemporaneamente le dona agli altri e all’intera società. Egli conferma così, mediante il lavoro, la propria umanità e diventa in un certo senso un dono per gli altri, realizzando pienamente se stesso.
È grande questo significato del lavoro umano, il significato personalistico, che ho cercato di mettere in rilievo nell’Enciclica Laborem exercens. Mai bisogna perdere di vista quest’ordine di precedenza. Mai si può subordinare il lavoro al capitale, perché ciò è contrario all’ordine stabilito dal Creatore. Il lavoro viene eseguito dall’uomo per l’uomo. Solo allora corrisponde al retto ordine. Altrimenti il disegno del Creatore viene scosso e distrutto.
Preghiamo oggi con i lavoratori. Con questa nostra preghiera intendiamo abbracciare l’intero mondo del lavoro italiano, rendendo grazie prima di tutto per la crescita umana che i figli e le figlie di questa Terra hanno realizzato mediante le loro fatiche. Domandiamo che anche in futuro il lavoro rimanga la fonte principale del pieno sviluppo dell’essere umano in Italia. Il lavoro diventi in questo Paese occasione di progresso nella giustizia e fonte di crescente amore sociale.
3. Vogliamo oggi considerare in particolare il lavoro in rapporto con la famiglia. L’artigiano Giuseppe di Nazaret faticava per mantenere la Santa Famiglia. Lavorare per il sostentamento familiare è il primo diritto di ogni lavoratore e di ogni lavoratrice. Se l’ordine sociale del lavoro va riferito alla persona che lavora, se ad essa deve servire, questo significa che il lavoro deve servire al bene delle famiglie, creando per esse le condizioni per l’esistenza e per l’educazione dei figli. Non si sottolineerà mai abbastanza, in quest’anno dedicato alla famiglia, che cosa essa rappresenti per la società.
Dobbiamo allora dedicare particolare attenzione all’importantissimo lavoro svolto dalle donne, dalle madri in seno alla famiglia. Esse sono insostituibili nei compiti assegnati loro dal Creatore stesso. Nessuno sa dare la vita, nessuno sa educare il neonato come una madre. Dio stesso, potremmo dire, si è adattato a questa regola, affidando l’unigenito suo Figlio a Maria. Il legittimo desiderio di contribuire con le proprie capacità al bene comune e lo stesso contesto socio-economico portano spesso la donna ad intraprendere un’attività professionale. Bisogna però evitare che la famiglia e l’umanità rischino di subire una perdita che le impoverirebbe, perché la donna non può essere sostituita nella generazione e nell’educazione dei figli. Le Autorità dovranno quindi provvedere con leggi opportune alla promozione professionale della donna e, al tempo stesso, alla tutela della sua vocazione di madre e di educatrice.
Possa questo giorno divenire, per intercessione della Madre di Dio e del suo Sposo san Giuseppe, occasione di gratitudine per tutto ciò che la famiglia, la cultura, la vita sociale italiana nel corso dei secoli devono alle donne e alle madri. Mentre ringraziamo Dio per questo, chiediamo a Lui che la donna, sposa e madre, continui a rimanere una forza guida. Il Signore, che le affida l’essere umano sin dal concepimento, continui a farlo anche nel futuro. Non venga meno il genio femminile, manifestatosi in Italia tante volte attraverso esimie figure di madri sante, disposte talora persino a dare la vita per assicurare quella del bambino che portavano in grembo.
4. Il nostro sguardo si rivolge oggi anche verso i giovani e le giovani che frequentano le scuole, gli atenei, le università, preparandosi ad intraprendere una professione o un mestiere, per recare il loro contributo alla grande impresa del lavoro, sorgente di bene per la società. Pensiamo a loro con speranza, ma pure con preoccupazione, perché purtroppo le possibilità occupazionali da qualche tempo si sono drasticamente ridotte. Succede così che i giovani, invece di passare dalla scuola al lavoro, come sarebbe auspicabile, iniziano una fase di affannosa ricerca e di disoccupazione. Ciò significa per loro una grande delusione: si sentono degli esseri inutili per la società. Dietro a tutto questo c’è un serio pericolo. I giovani vogliono fondare una loro famiglia, e ne hanno diritto. Ma come farlo se manca tale condizione fondamentale? Come sposarsi se non viene loro assicurata la possibilità di un reddito che basti per la casa, per la famiglia, per l’educazione dei figli?
Quanto è urgente ripensare nel suo complesso il problema dell’organizzazione del lavoro e dell’occupazione! Non devono mancare nel Paese prospettive di speranza per i giovani che desiderano fare responsabilmente la loro parte nella società. Essi devono sentire che la società ha bisogno di loro, che s’attende da loro un contributo al bene comune, secondo la specifica preparazione di ciascuno. Non vanno disperse e mortificate queste giovani energie, non si può spegnere lo spirito. Se l’attuale sistema economico non garantisce questo, occorre con coraggio rivederlo e, se necessario, correggerlo. Ecco il grande tema della nostra preghiera odierna.
5. Carissimi fratelli e sorelle, preghiamo per l’Italia. Ma l’Italia si trova in Europa e nel mondo, dove sempre più numerosi sono i Paesi vittime di sfruttamento nel contesto dei vigenti sistemi economici internazionali. Si paga sempre di meno per i prodotti del duro lavoro della terra, si esige sempre di più per quelli dell’attività industriale ed in questo modo invece dello sviluppo, a cui hanno diritto, molte Nazioni vengono come condannate al ristagno, alla disoccupazione, all’emigrazione. Si tratta di un ingiusto sistema che oggi diventa un problema mondiale: è un’ingiustizia che chiama in causa il cosiddetto primo mondo, di fronte al deteriorarsi delle condizioni dei popoli del terzo mondo. Non viene forse sconvolto su grande scala l’ordine fondamentale che garantisce la priorità del lavoro sul capitale? Non diventa forse il capitale sempre più potente e disumano? E vittime di simili situazioni sono sempre di più l’uomo e la famiglia.
Voi, uomini responsabili della giustizia, delle condizioni dei lavoratori, ovunque essi si trovino sulla terra; voi, rappresentanti dei sindacati, dovete gridare ad alta voce, dovete esigere il mutamento di questo ordine.
Quali soluzioni al problema della povertà cercano di imporre alle Nazioni povere gli onnipotenti possessori del capitale? Essi propongono come mezzo principale la distruzione del diritto alla vita. Non è questa una palese assurdità? Tutte le ricchezze della creazione sono per l’uomo e non vi è ricchezza senza l’uomo. Se in questo non reclameranno gli uomini, reclamerà Dio! E oggi reclama il Figlio del carpentiere, Gesù di Nazaret, che lavorò con le proprie mani. Egli grida ad alta voce dalla Croce: “Perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). Ma grida anche: “Smetti di peccare, smetti di far ingiustizia, smetti di uccidere!”.
6. Questo è il giorno della grande preghiera con i lavoratori: è la preghiera per il lavoro. Essa prese inizio, un giorno, in questa vostra terra italiana. È qui, infatti, che san Benedetto insegnò a lavorare pregando, e i monaci che lo seguirono, fedeli al principio: “Ora et labora!”, compirono una grande rivoluzione, certamente non inferiore alla moderna rivoluzione industriale. Frutto di quella rivoluzione fu la santità dell’uomo. Il lavoro rendeva uomini, santificava l’uomo, nobilitava la vita familiare, creava i legami sociali, formava la storia delle nazioni.
Rendiamo grazie per gli straordinari frutti dell’attività umana di molti secoli in Italia, in Europa e nel mondo intero. E contemporaneamente gridiamo che si faccia posto alla preghiera all’interno del lavoro umano, anche nei nostri tempi. La laicizzazione e la secolarizzazione del lavoro contribuiscono soltanto a far sì che l’uomo quasi abbia in odio il lavoro e lo tratti esclusivamente come fonte di profitto. Lavorando così, egli non riesce più a vedere l’uomo in se stesso, non riesce a vederlo nell’altro che fatica accanto a lui.
C’è allora bisogno di “lavoro sul lavoro”! Che cosa vuol dire questo? Nient’altro che questo: “Prega e lavora!”. Il lavoro sul lavoro vuol dire il lavoro sull’uomo che lavora, perché egli risorga mediante il lavoro, come dice il poeta polacco Cyprian Norwid, così da trovare la pienezza della propria umanità. Chiediamo che il lavoro in Italia e nel mondo intero torni a questa sua originaria dimensione. Non mancano persone, movimenti ed organizzazioni che si impegnano in questa causa. Possano essi diffondersi sempre più e contribuire a rendere l’uomo più uomo mediante il lavoro! Questa è l’unica via verso il futuro. Auguro all’Italia di saper percorrere questa via e a tal fine vi invito a pregare il Signore per intercessione di san Giuseppe, Patrono del lavoro.
Grazie!
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