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INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON IL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA
PER L’INIZIO DELLA QUARESIMA

Sala Clementina - Giovedì, 2 marzo 1995

 

Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Carissimi parroci e sacerdoti del clero di Roma!

1. È per me una grande gioia incontrarvi oggi, all’inizio del “tempo forte” della Quaresima, secondo una bella e familiare consuetudine. Vi saluto tutti con affetto, rivolgendo uno speciale pensiero al carissimo Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la Diocesi di Roma, al Vicegerente ed ai Vescovi Ausiliari. Vi ringrazio per gli interventi e le interessanti domande che sono state poste. Anche se non direttamente, le vostre domande riguardano il Grande Giubileo in senso mediato perché si tratta dei problemi delle parrocchie di Roma, di come Roma deve presentarsi, di come le parrocchie di Roma devono presentare Roma dinanzi all’Anno Duemila.

Nella Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente ho presentato il significato del prossimo Giubileo, indicando le grandi tappe del cammino che deve condurci a quello storico appuntamento. L’odierno incontro e le vostre domande mi offrono l’occasione per una riflessione più specifica sui compiti della Chiesa di Roma in ordine a tale evento significativo. Certo, la celebrazione dell’Anno Santo del 2000 avverrà non soltanto a Roma, ma anche in altri luoghi particolarmente rilevanti come, ad esempio, in Terra Santa e nelle Chiese locali del mondo intero (cf. Tertio Millennio Adveniente, 55). Roma costituirà tuttavia in ogni caso il centro ed il cuore della grande celebrazione e sarà la meta del più grande numero di pellegrini. La Chiesa di Roma è perciò chiamata a mostrare, in tale circostanza, quella “esemplarità” che la contraddistingue in quanto sede di Pietro e dei suoi Successori.

Non è sufficiente, infatti, dare a coloro che qui verranno per il Giubileo la possibilità di ammirare lo splendore delle grandi memorie storiche della Roma cristiana. Occorre soprattutto offrire la testimonianza viva della Comunità dei credenti, cioè di una Chiesa particolare che partecipa concretamente della sollecitudine universale del suo Vescovo ed è costantemente protesa ad aiutare le Chiese particolari sparse in ogni parte del mondo nel comune impegno della sequela del Signore Gesù, della lode a Dio e del servizio di amore al prossimo.

2. L’eredità spirituale degli Apostoli Pietro e Paolo, custodita e accresciuta nei secoli da una moltitudine di Santi e di Sante, va messa a frutto anche oggi, resistendo alle correnti di scristianizzazione che attraversano Roma e l’intera umanità. Forse sempre più nell’Occidente ma dappertutto. Nei prossimi anni, prima di preparazione e poi di celebrazione del grande Giubileo, la Chiesa di Roma deve dunque proseguire e intensificare il proprio cammino di rinnovamento, crescendo nella comunione al suo interno e nel dinamismo missionario verso l’esterno, affinché i pellegrini che qui confluiranno sperimentino come una grande e moderna città, pur carica di tante problematiche, possa non smarrire la propria identità cristiana, ma anzi riproporla negli stili di vita caratteristici del nostro tempo.

Il Sinodo diocesano che abbiamo da poco concluso era concepito fin dall’inizio come scuola di attuazione a Roma del Concilio Vaticano II e, contestualmente, come preparazione al Giubileo del terzo millennio. Il programma pastorale che cerca di tradurlo in pratica, e che nel biennio 1994-1996 riguarda principalmente la parrocchia come soggetto di nuova evangelizzazione, è già di per sé un modo valido e concreto di predisporci al Giubileo.

Cari sacerdoti e cari parroci, proprio la parrocchia e i suoi compiti nella prospettiva dell’Anno Santo meritano la nostra speciale attenzione. È anzitutto nelle parrocchie che si articola e vive la Diocesi. Ciò esige che le stesse comunità parrocchiali, e in primo luogo i presbiteri che ne hanno la cura pastorale, siano ben consapevoli di che cosa significhi appartenere alla Chiesa di Dio che è in Roma e partecipare alla sua missione universale.

3. La vostra sollecitudine pastorale saprà trovare certamente le vie per dare forma pratica a questo senso di appartenenza e di partecipazione. Tra tali vie primeggia una catechesi capace di illustrare e far comprendere la singolare indole e vocazione della Chiesa di Roma, come è proposta in termini concisi ed efficaci nella prima parte del Libro del Sinodo. La catechesi dovrà poi tradursi in gesti concreti di carità ecclesiale, improntati alla logica del “dare” ma anche del “ricevere”, ossia dello “scambio dei doni”, in particolare fra le parrocchie romane ed altre parrocchie o anche Diocesi che desiderino dare una peculiare concretezza al loro legame con la Chiesa di Roma.

Ma qui, nelle voci prima di questo mio intervento, si è sollevata anche la necessità di uno scambio di doni tra le stesse parrocchie romane. E questo si deve ancora studiare e attuare.

In vista della celebrazione del grande Giubileo, non soltanto le parrocchie del centro storico, ma anche quelle delle varie periferie della città, sono chiamate a predisporsi ad accogliere convenientemente i pellegrini e i visitatori, facendo loro incontrare delle comunità cristiane che pregano, vivono e diffondono la Parola di Dio, ed insieme offrendo la testimonianza di una carità operosa. Là dove è possibile le parrocchie dovranno sforzarsi di assicurare ospitalità ai pellegrini, non limitandola agli aspetti pratici e materiali, bensì arricchendola di contenuti di esperienza di fede e di fraternità ecclesiale.

È chiaro d’altronde che le parrocchie, dove sussistono le grandi memorie cristiane di Roma, sono interpellate in maniera speciale dall’evento del Giubileo e dovranno impegnarsi con ogni sollecitudine per far corrispondere alle testimonianze del passato l’attuale vitalità delle proprie comunità e per facilitare ai pellegrini un contatto spiritualmente e culturalmente qualificato con i luoghi e i monumenti sacri.

Già in questi anni di preparazione, la consapevolezza di quale grande dono sia l’appartenere alla Chiesa di Roma, e dei compiti che ne conseguono, può essere accresciuta nei fedeli delle nostre parrocchie mediante visite guidate ai luoghi più significativi della storia cristiana. Esse devono venire preparate con una catechesi appropriata – che abbracci anche le dimensioni storiche e artistiche – e culminare in celebrazioni liturgiche o momenti di speciale preghiera. Così verrà facilitata quell’integrazione tra centro e periferia della città che è un’esigenza obiettiva di Roma, anche sotto il profilo pastorale.

Qui è il punto, direi, importante, perché tutti quelli che sono romani, che vivono in Roma, sono già abituati e non vedono sempre la grandezza di questa Città, la sua importanza spirituale, il valore specifico di Roma. Si deve riproporre loro questa possibilità di comprendere Roma, di capire Roma, di visitare Roma. Visitare vuol dire entrare nel cuore, nel mistero della Città, e questo è un compito per tutti noi romani.

4. Come sappiamo bene, cari parroci e sacerdoti, la nostra Diocesi è benedetta da Dio con una presenza singolarmente numerosa e qualificata di case religiose, di monasteri di vita contemplativa, di nuove forme di vita consacrata, come pure di associazioni e movimenti laicali. Da essi attendiamo un contributo speciale nell’opera della nuova evangelizzazione e della santificazione di questa città, attraverso la preghiera, la proposta della fede, il servizio della carità e, in particolare per i laici, l’animazione cristiana delle realtà terrene. Così la presenza e il multiforme impegno dei religiosi e delle religiose, in cordiale collaborazione con le parrocchie nell’unità della Comunità diocesana, contribuiranno validamente a predisporre Roma al grande Giubileo. Gran parte delle attività ed iniziative che le parrocchie dovranno attuare in vista dell’Anno Santo, dalla catechesi all’accoglienza ai pellegrini fino alla valorizzazione delle memorie cristiane, possono del resto vedere egualmente protagonisti gli istituti di vita consacrata e gli organismi laicali.

5. Nella Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente ho sottolineato, fra l’altro, la dimensione ecumenica e del dialogo interreligioso del prossimo Giubileo. Anche sotto questi due aspetti alla Chiesa di Roma è affidata una missione peculiare. Essa, che nell’ambito cattolico presiede all’unità delle Chiese sorelle, deve offrire l’esempio di una non minore sollecitudine nel cammino verso l’unione piena di tutti i discepoli di Cristo. Il Sinodo diocesano, con la partecipazione dei Delegati fraterni delle altre Confessioni cristiane, ha rappresentato una tappa importante e feconda di ulteriori sviluppi nel cammino verso la piena comunione. Si tratta ora di proseguire, senza stancarci nel collocare l’impegno ecumenico tra le priorità pastorali della Diocesi facendo maturare i germi di speranza che già sono stati seminati. Il rapporto con i fratelli Ebrei, che a Roma possono vantare una presenza più antica di quella cristiana, dovrà avere a sua volta forte risalto in questo Giubileo, di modo che le celebrazioni in Terra Santa trovino adeguato corrispettivo in Roma.

Anche il dialogo con l’Islam e con le religioni orientali troverà qui a Roma una efficace preparazione e il sigillo dell’autenticità nella misura in cui, con la grazia del Signore, sapremo proseguire ed intensificare l’accoglienza fraterna, generosa e rispettosa ai membri di queste religioni, che giungono a Roma in cerca di lavoro e di migliori possibilità di vita e che soprattutto verso la Chiesa cattolica rivolgono le loro attese e la loro fiducia.

Così ho toccato anche uno dei punti sollevati nella discussione: il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso. Forse si potrebbe ricordare l’esperienza di Assisi. Si celebrano questi incontri di preghiera, ma Assisi è un po’ sempre il modello. Si potrebbe anche prevedere qualche iniziativa di questo tipo, qualche iniziativa speciale guardando verso il 2000.

A Roma, cari parroci e sacerdoti, nessuno deve sentirsi straniero: è questa una regola d’oro per celebrare degnamente il terzo millennio della nascita di Colui che “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”. Ma proprio per esser capaci di aprire a tutti il cuore e le porte della nostra città dobbiamo stringerci alla “pietra viva” che è il Signore Gesù Cristo (cf. 1 Pt 2, 4-5); occorre rinsaldare, approfondire e, qualora fosse necessario, ricostruire il legame vitale con Lui, sia personalmente sia comunitariamente, da parte dell’intero popolo di Dio che è in Roma.

Carissimi, vi ringrazio per tutto ciò che, con la grazia del Signore, farete in preparazione al grande Giubileo del 2000. Sono certo che continuerete ad operare in piena sintonia e comunione con il Cardinale Vicario, il Vicegerente e i Vescovi Ausiliari. Assicurandovi il mio costante ricordo nella preghiera, ed invocando sulle vostre persone e sul vostro ministero episcopale, sacerdotale e parrocchiale la materna protezione di Maria, “Salus Populi Romani”, vi benedico tutti con grande affetto.

Al termine del discorso il Santo Padre aggiunge le seguenti parole.

Certamente il problema della povertà, che negli interventi è stato sollevato due volte, ci deve spronare ad un impegno forse ancora più organizzato, più efficace. Si devono identificare questi centri e queste forme di povertà, e poi anche le forme attraverso cui incontrarli.

Sulle Famiglie religiose ho già parlato. Roma è veramente molto privilegiata per la presenza di tante Famiglie religiose maschili e femminili. Questo appartiene alla sua centralità nella Chiesa, ma appartiene anche alla sua ricchezza spirituale e alla sua ricchezza pastorale.

Naturalmente ritorna sempre il problema di come mai, con tante forze spirituali, con tanti Santi e Beati, con così gran numero di clero, soprattutto di quello impegnato nelle parrocchie, ma il clero in genere – le Università, la Santa Sede –, solo il dieci per cento dei romani sono praticanti, come abbiamo sentito... Il Cardinale dice che sono di più, e che non sono meno della media europea. Ma questo sarebbe un tema a sé, un problema a sé, da approfondire e da analizzare.

C’erano altri problemi, non meno fondamentali. Vorrei ritornare ancora una volta all’ultimo intervento sull’esperienza di Manila. Si deve puntare sui giovani. Io lo penso sempre. A loro appartiene il terzo millennio. E il nostro compito è di prepararli a questa prospettiva, a questo impegno. Loro sono pronti. Lo si vede in diversi incontri, anche nelle parrocchie, e poi soprattutto in questi incontri internazionali, mondiali. Si vede che aspettano di essere invitati, di essere coinvolti. Vogliono essere presenti e sentono che da parte della Chiesa e di Cristo, semplicemente parlando, possono aspettarsi quello che il vero bene per loro e per il mondo. Questo mi lascia una speranza, mi rende più facile varcare questa soglia della speranza, di cui parla anche il libro. Penso che questo è importante ed è anche valido per tutte le Chiese particolari. Roma come Chiesa particolare ha anche, e forse soprattutto, questa bella tradizione della Domenica delle Palme. Per dire la verità, con questa tradizione della Domenica delle Palme è incominciato tutto il cammino delle Giornate mondiali dei giovani.

Naturalmente accanto ai giovani si deve, secondo me, sempre vedere le famiglie. Giovani e famiglia sono i due punti principali del programma pastorale. E tutti i Pastori, tutti i Parroci lo avvertono molto bene.

Vorrei anche alla fine dire a tutti voi, carissimi fratelli, che in questo anno per me mancavano un po’ le visite alle parrocchie; mancavano a causa di questa gamba, diventata famosa... Ma adesso, con la prima Domenica di Quaresima, ritorneranno, con la grazia del Signore, e speriamo che si potrà continuare, fin quando la Provvidenza ce lo permetta.

Vorrei ancora affidarmi alle vostre preghiere. Ho avvertito, soprattutto durante questo periodo di convalescenza, tante assicurazioni di preghiera, non solamente della Chiesa di Roma ma di tutte le Chiese del mondo. Vi ringrazio di tutto cuore per le vostre continue preghiere.

 

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