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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI CAPPELLANI MILITARI D’ITALIA

Giovedì, 19 ottobre 1995

 

1. Sono molto lieto di accogliervi stamane, cari Cappellani militari italiani, che state svolgendo a Fiuggi la vostra Settimana di Aggiornamento Pastorale. Avete voluto porre al centro dei vostri lavori l’incontro con il Papa: un gesto che è per me motivo di gioia e di compiacimento.

Ringrazio l’Ordinario militare, Mons. Giovanni Marra, per le parole con cui ha interpretato i sentimenti di tutti i presenti. Rivolgo pure un deferente saluto al Signor Ministro della Difesa, Gen. Domenico Corcione, ai Capi di Stato Maggiore ed alle altre massime Autorità militari, che hanno voluto prendere parte a questo incontro.

2. A voi, Cappellani, desidero innanzitutto confidare la mia soddisfazione per le periodiche iniziative di approfondimento teologico, di aggiornamento pastorale e di condivisione di momenti comunitari, con cui sostenete la vostra opera spirituale, giustamente definita “ministerium pacis inter arma”.

In particolare, voglio sottolineare quanto sia importante ed attuale il tema che è oggetto del vostro Convegno: “Il Vangelo della famiglia nel mondo militare: problemi morali e pastorali”. Si tratta di un argomento attorno al quale si sono succeduti interventi, conferenze e dibattiti, che hanno offerto a ciascuno di voi la possibilità di approfondire i valori della famiglia alla luce della proposta evangelica. Non è lontano il ricordo dell’Anno della Famiglia, con le molteplici iniziative che ne hanno scandito lo snodarsi, fino alla grande celebrazione tenutasi un anno fa in questi stessi giorni in Piazza San Pietro, alla quale hanno preso parte anche numerose famiglie di vostri militari.

3. Il vostro Convegno di studio si propone quasi come una ripresa di quel grande itinerario di fede, per portare i valori cristiani, carichi di nuove urgenze, alle famiglie che vivono nel mondo militare. La perdita di valori, che caratterizza la società secolarizzata del nostro tempo, ricade infatti soprattutto sull’istituto familiare, svilendo i compiti che sono propri della famiglia come santuario dell’amore e della vita, centro primario di educazione e cellula della società stessa.

Ciò vale anche per le famiglie che vivono nel mondo militare, dove alle difficoltà comuni si aggiungono quelle proprie di questa particolare condizione di vita. Lo sradicamento dall’ambiente d’origine, i continui trasferimenti di sede, i periodi di tempo legati ad attività intrinsecamente rischiose o a missioni militari che tengono lontani tra loro i componenti del nucleo familiare, diventano spesso elementi ostacolanti nel quotidiano impegno di una vita familiare unita ed armoniosa.

4. È in questo contesto che si svolge ed acquista spessore e consistenza il vostro ministero di pastori, carissimi Cappellani. A questo proposito, mi piace ricordare che nella Costituzione apostolica “Spirituali militum curae” riconoscevo alla porzione del popolo di Dio che vive la condizione militare, o che con essa è collegata, la configurazione di Chiesa particolare. Ebbene, la presenza delle famiglie nelle comunità cristiane delle varie realtà militari rende ancora più visibile l’assimilazione degli Ordinariati Militari alle Diocesi, come sancito dalla menzionata Costituzione. Tutto questo impegna ad una pastorale complessa e specifica, in cui la cura delle famiglie occupa, con i suoi molteplici aspetti, un posto preminente.

Riservando nel vostro Convegno un’attenzione particolare ai problemi pastorali e morali della famiglia, dimostrate di camminare lungo il solco maestro che ogni diocesi va tracciando nell’impegno di quella nuova evangelizzazione di cui il mondo abbisogna.

Anche il mondo militare, al pari di ogni altro settore della società in cui si organizza e si esprime l’attività degli uomini, ha bisogno di una nuova evangelizzazione. Questo compito è affidato a voi, cari Cappellani militari, e alle comunità cristiane di militari che intorno a voi si formano.

5. Evangelizzare il mondo militare significa anche creare una cultura di solidarietà e di pace. Oggi più che mai, a cinquant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e dopo la caduta del muro di Berlino, il militare deve fondare l’eticità della sua professione nei valori della difesa della libertà e della sicurezza del proprio popolo, nella collaborazione per il bene comune della nazione, nell’opera di mantenimento della pace e nella solidarietà umana verso gli altri popoli.

Questa cultura di pace, infaticabile nel favorire sempre il dialogo come strumento per risolvere le controversie, in determinate situazioni, e come “ultima ratio”, non può escludere il ricorso alla forza se ciò venisse richiesto dalla difesa dei giusti diritti di un popolo, o dalla necessità di mantenere la pace tra vari contendenti al fine di evitare stragi di popolazioni innocenti: in simili casi si tratterebbe di una legittima e doverosa ingerenza umanitaria, mirante a salvare vite umane e a proteggere persone deboli e indifese e, in ultima analisi, a portare solidarietà e pace sotto l’egida della comunità internazionale.

Questa visione del militare, che porta solidarietà e pace con i mezzi che gli sono propri, è ricca di valore e di dignità. Il Cappellano militare è chiamato a confortarla con l’apporto di tutte quelle motivazioni spirituali, morali e religiose che sono insite nella sua missione.

6. Molto importante è, perciò, la vostra opera, cari Cappellani militari. La Chiesa conta su di voi. Giustamente, durante il Convegno, vi siete interrogati su quale sia oggi la vostra identità specifica, quale la vostra spiritualità, quali gli aspetti più significativi della vostra azione pastorale.

Ed avete preso rinnovata consapevolezza del fatto che il Cappellano, vivendo all’interno della struttura militare e accompagnando i militari nella loro vita, nel proprio Paese o all’estero, deve essere e sentirsi sempre e dovunque sacerdote. Come tale, egli trova la sua identità in Cristo Capo e Pastore, opera in nome di Cristo e della Chiesa e testimonia la sua spiritualità e missionarietà attraverso quella carità pastorale che è dono totale di sé a servizio di Dio e dei fratelli.

7. La mobilità dei destinatari della vostra azione e la loro differente provenienza socio-culturale e regionale rendono non facile l’impostazione di una pastorale organica ed incisiva. Essa dovrà comunque basarsi, innanzitutto, sull’accostamento personale, frutto di costante presenza e attenzione alle situazioni psicologiche, morali e spirituali di ciascuno, secondo una vera e propria “pastorale di accompagnamento”. Per non pochi giovani il periodo del servizio militare diventerà così occasione per la ripresa di un cammino di fede che li porterà alla riscoperta dei valori cristiani ed alla personale esperienza dell’incontro salvifico col Redentore.

Vi incoraggio, pertanto, a proseguire nel vostro impegno pastorale, cercando sostegno nella preghiera, nell’approfondimento della Parola di Dio, nello studio dei documenti del Magistero, nella cordiale collaborazione tra voi e con il clero locale.

La Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, vi sia vicina in ogni momento della vostra vita. Anch’io vi accompagno con la mia preghiera e con una speciale Benedizione, che volentieri imparto a voi ed alle vostre comunità militari.

 

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