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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA MESSA IN SUFFRAGIO
DEL CARDINALE JEAN-JÉRÔME HAMER

Basilica Vaticana - Giovedì, 5 dicembre 1996

 

Scio quod Redemptor meus vivit. So che il mio Redentore è vivo! (cf. Gb 19, 25).

1. Il nuovo ciclo liturgico, che da pochi giorni abbiamo iniziato, ci ha introdotti nel tempo dell’attesa di Colui che deve venire, il Messia Redentore. È il tempo in cui la Chiesa ricorda che la fragilità della condizione umana viene assunta dal Verbo eterno, consustanziale al Padre, perché chi “crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 6, 40).

Questo tempo di trepida attesa, così carico di speranza, viene scandito dalla liturgia attraverso segni che evocano il desiderio di vita insito nel cuore umano e annunciano l’amore salvifico di Dio, il quale vuole che nessuno dei suoi figli si perda. In Colui che “era, è e che viene” (Ap 1,8), è racchiusa la vita vera: questo la comunità dei credenti proclama sino alla fine dei tempi. La redenzione di Cristo è così l’avvenimento centrale e capitale della storia umana e della vita della Chiesa. Egli è il Vivente che discende dal cielo non per fare la sua volontà, ma la volontà di colui che l’ha mandato. “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato” (Gv 6, 39).

Questa verità assume un particolare significato nell’atto di commiato, animato dalla fede nella Risurrezione di Cristo, che stiamo ora compiendo. Noi salutiamo per l’ultima volta, prima di consegnarne alla terra il corpo mortale, il nostro caro fratello, il Cardinale Jean Jérôme Hamer, con la sicura speranza che egli è ora tra le braccia del vivente Redentore e che un giorno risorgerà. A Cristo lo affidiamo, accompagnandolo con la nostra preghiera, affinché Egli gli consegni il premio stabilito per i fedeli servitori del Vangelo.

2. Il Cardinale Hamer ha servito a lungo la Chiesa del Signore. Ordinato sacerdote nel 1941, venne dapprima destinato dai suoi superiori religiosi all’insegnamento, che svolse per 22 anni in vari istituti accademici del Belgio, della Francia e di Roma, raccogliendo la stima di tutti e distinguendosi per la sua profonda preparazione teologica e per la convinta fedeltà al Vescovo di Roma. La sua apprezzata riflessione, nell’ambito della dogmatica, si estendeva dalla teologia fondamentale all’ecclesiologia.

Ebbe la fortuna di essere chiamato a Roma in coincidenza con l’inizio del Concilio Vaticano II, ai cui lavori partecipò attivamente, offrendo il suo apporto competente e illuminato in qualità di esperto. La seria preparazione e lo spirito di dialogo che lo caratterizzavano ebbero modo di manifestarsi ulteriormente quando, poco tempo dopo, fu chiamato ad assumere l’incarico di segretario aggiunto del Segretariato per l’Unione dei Cristiani, collaborando con il compianto Cardinale Agostino Bea e l’allora Arcivescovo, oggi Cardinale, Johannes Willebrands.

Lavorò con instancabile ardore in tale Dicastero al servizio del Dialogo ecumenico sino al 1973, quando il mio venerato predecessore, il Papa Paolo VI, lo chiamò a ricoprire il ruolo di Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, conferendogli personalmente l’ordinazione episcopale.

La grande esperienza e la diretta conoscenza della vita consacrata dell’Arcivescovo Hamer mi convinsero ad affidargli nel 1984 l’incarico di Pro-Prefetto della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari e ad annoverarlo, l’anno successivo, tra i Padri Cardinali. Per sette anni egli dedicò ogni sua energia affinché gli insegnamenti conciliari nell’ambito della vita consacrata divenissero esperienza concreta per le comunità religiose, chiamate, in questa non facile stagione ecclesiale, ad un profondo rinnovamento sulla scia di una costante fedeltà alla Chiesa ed al carisma dei fondatori.

3. Vorrei oggi ringraziare il Signore per aver donato il Cardinale Hamer alla Chiesa, mentre rievoco con profonda gratitudine quanto egli si è prodigato nel quotidiano servizio alla Sede Apostolica. Ad essa ha dedicato le sue migliori energie umane, intellettuali e spirituali ed è stato per lungo tempo apprezzato collaboratore del Successore di Pietro, con senso del dovere e di docile adesione. Aveva scelto come motto del suo stemma “Fedeltà senza sosta”, riprendendolo - come egli stesso confidò - dal rituale di ordinazione, là dove il vescovo ordinante domanda al candidato se sia pronto a predicare la parola di Dio “con fedeltà e senza sosta”. A questo impegno il nostro defunto Fratello si è attenuto durante tutta la vita, adempiendo con infaticabile dedizione i vari compiti che gli venivano via via affidati. Punto di riferimento costante in ogni sua iniziativa era Cristo, al quale aveva donato un giorno, nella professione religiosa, tutto se stesso. E poiché egli sapeva che Cristo è vivo ed operante nella sua Chiesa, la fedeltà a Lui si confermava nella quotidiana fedeltà alla sua Sposa, “la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1Tm 3, 15).

Dopo una vita spesa con tanta coerenza e generosità, possiamo confidare che sorella morte non lo abbia trovato impreparato lunedì scorso, quando, dopo breve malattia, egli ha chiuso gli occhi sulla scena di questo mondo. Con fiducia ed animo pronto è andato incontro a Cristo, il Redentore che vive. Ed ora riposa nella sua pace.

4. Questa è la nostra preghiera: Requiescat in pace! Mentre si eleva il cristiano suffragio per il nostro caro e venerato fratello Cardinale Hamer, domandiamo al Signore di ricompensarlo con la visione della luce senza fine, nella gloria del suo Regno. Questo suo servo ha fermamente creduto in lui e di tale fede ha fatto il fondamento dell’intera sua esistenza.

Il sentimento di gratitudine si estende anche all’Ordine dei Predicatori che, dopo averlo spiritualmente e culturalmente preparato, ha acconsentito che Padre Hamer servisse la Chiesa quale stretto collaboratore del Papa.

Voglia Dio nella sua bontà esaudire la nostra fervida preghiera: Requiem aeternam dona ei Domine et lux perpetua luceat ei.

Amen!

 

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