MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI CARDINALI E VESCOVI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI
IN OCCASIONE DEL XX CONVEGNO DI SPIRITUALITÀ
Giovedì, 6 febbraio 1997
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato!
1. Era mio desiderio incontrarvi in occasione del convegno che ogni anno vi riunisce quali amici del Movimento dei Focolari dell’Unità. Non essendo possibile, vorrei almeno farvi giungere per iscritto il mio saluto e l’assicurazione della mia vicinanza nella carità di Cristo.
Questi giorni sono stati per voi una propizia circostanza per rinnovare insieme i profondi vincoli di comunione che, mediante lo Spirito Santo, vi uniscono nella concorde dedizione al servizio della Sposa di Cristo, alla vigilia ormai del nuovo millennio.
Gli occhi di tutti guardano a quella storica scadenza, nella quale celebreremo il Grande Giubileo del Duemila. Il vostro convegno ha voluto, in questa luce, meglio approfondire il senso della missione del Vescovo in rapporto al mandato da Cristo affidato ai suoi Apostoli. Voi vi siete soffermati specialmente a riflettere sulla presenza di Cristo risorto nella Comunità attraverso il comandamento nuovo della carità.
2. Il tema cristologico, com’è noto, caratterizza il 1997, il primo anno del triennio di preparazione immediata all’Anno Santo. Nel prepararsi alla celebrazione del Giubileo, la Chiesa desidera centrare la sua attenzione su “Cristo Verbo del Padre, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo” (cfr Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente, 40). Il Padre invia il Figlio ed il Figlio, accogliendo la missione, si fa uomo per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine di Nazaret: “E il Verbo si fece carne” (Gv 1, 14). La storia della salvezza è tutta intessuta di amore. Il Verbo è Figlio amato eternamente ed eternamente amante. Come non stupirsi dinanzi al mistero dell’Amore?
Nel mistero dell’Incarnazione vi è una singolarissima effusione dell’amore di Dio: la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria. Scrive l’evangelista Luca: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo, colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1, 35).
3. L’Incarnazione non può, però, essere separata dalla morte e risurrezione di Cristo. Gli Apostoli videro ed incontrarono il Risorto: quest’evento straordinario li trasformò in testimoni ripieni di gioia e di ardimento apostolico. Come allora, anche oggi il compito principale dell’apostolo è proclamare e testimoniare con la vita che Cristo è veramente risorto, che Egli è presente tra di noi attraverso il comandamento nuovo che ci ha lasciato.
La divina carità è testamento di vita che, se vissuta nell’esistenza quotidiana, ci permette di realizzare sempre più a fondo quell’unità che lo stesso Gesù invocò intensamente dal Padre durante l’Ultima Cena: “Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Solo il comandamento dell’amore, un amore che giunge fino al dono totale della vita, è il segreto della risurrezione.
Siamo qui nel cuore della novità cristiana. Nel silenzio della preghiera e della contemplazione possiamo entrare in contatto con Cristo ed ascoltare le sue parole: “Il Padre mi ama: perché io offro la mia vita . . . Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, perché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10, 17-18).Una spiritualità di comunione per dei Pastori della Chiesa significa, pertanto, l’impegno al dono totale di sé; vuol dire considerare la croce dell’uno la croce dell’altro.
4. Venerati e cari Fratelli! Nel corso dei lavori del vostro convegno ha occupato un posto particolare la riflessione sull’ecumenismo e sul dialogo interreligioso, nella luce della soprannaturale legge dell’amore divino. Si è trattato di un’attenzione senz’altro lodevole, proprio in riferimento al prossimo storico appuntamento giubilare. Come dichiara il Concilio Vaticano II, “la cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quell’unione che già vige tra di loro e pone in una luce più piena il volto di Cristo” (Unitatis redintegratio, 12). La collaborazione ecumenica nasce da una grazia, concessa dal Padre in risposta alla preghiera di Cristo (cfr Gv 17, 21) e dall’azione dello Spirito Santo in noi (cfr Rm 8, 26-27). Tuttavia il vero ecumenismo porta i suoi frutti solo dove l’amore cresce in autentico spirito di servizio ai fratelli, seguendo l’esempio di Cristo che venne non per essere servito, ma per servire (cfr Mt 20, 28).
Ecco l’ecumenismo che deve trovare un posto significativo nella vita di ogni diocesi. Esso va approfondito in ogni aspetto mediante studi e dibattiti di ordine storico, teologico e liturgico, nonché grazie alla reciproca comprensione nella vita quotidiana (cfr Unitatis redintegratio, 5). Tale azione ecumenica trae vigore dalla preghiera incessante, elevata con fiducia al comune Padre celeste, perché si affretti la piena unità tra tutti i cristiani.
È questo anche il mio auspicio, che avvaloro con l’assicurazione di un costante ricordo al Signore. Egli vi accompagni, carissimi Fratelli nell’Episcopato, e vi sostenga nel quotidiano ministero pastorale.
Nell’invocare sul vostro convegno la protezione di Maria, Madre dell’Unità, vi invio di cuore una speciale benedizione, volentieri estendendola alle Chiese locali a voi affidate.
Dal Vaticano, 6 febbraio 1997.
IOANNES PAULUS PP. II
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