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DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO MONDIALE
PER LA PROTEZIONE SOCIALE DEI CIECHI
*

Salone degli Svizzeri - Castel Gandolfo
Mercoledì, 29 luglio 1959

 

Diletti Figli,

Nell'atto di accogliervi nella Nostra casa siamo commossi. A voi dell'Unione Italiana dei Ciechi ed ai delegati di 46 Nazioni, riuniti in questi giorni a Roma, per il Congresso Mondiale della Organizzazione per la Protezione Sociale dei Ciechi, diamo il benvenuto particolarmente cordiale.

La vostra numerosa assemblea, così diversa da tutte le altre che riceviamo, procura all'animo Nostro paterno, aperto a tutte le gioie e a tutte le pene dei figli, un vivo sentimento di cristiana carità, e di speciale predilezione verso di voi.

Vorremmo accogliervi con le stesse premure di Gesù, il cui cammino terreno fu seminato di continui, benefici incontri coi sofferenti, tra i quali il primo posto fu specialmente riservato ai ciechi. Oh, quali pagine commoventi si ritrovano nel Vangelo, quando sono narrate le prodigiose guarigioni di costoro! Oh, pagine benedette di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che la Chiesa fa spesso sue nel seguito dell'anno liturgico. Esse dipingono coi colori della speranza e della misericordia quegli incontri di Cristo coi suoi prediletti; i suoi gesti pieni di amore, con cui toglieva dai loro occhi il velo doloroso della materiale cecità, e inondava il loro spirito della vera luce, e l'anima della pace con Dio! E ciò che in quelle narrazioni, così vive ed efficaci, colpisce la mente e il cuore, è la fede che strappava a Gesù il miracolo.

Voi pure, diletti figli, avete fede. L'abbiamo sentito dalle vostre parole. Di fatto, più degli altri figli Nostri, voi potete sentire e spiritualmente vedere in Noi che vi parliamo quello stesso Gesù, che Ci volle Suo Vicario in terra, perchè in voi nulla di ciò che è visibile riveste le idee spirituali, suggerite dalla fede. In nome di Lui Noi oggi desideriamo porgervi almeno quel conforto, che alle Nostre paterne sollecitudini è concesso di darvi, e che voi attendete con tanta speranza. E vi diciamo che il vostro è un dolore da offrire; una missione da compiere; per un traguardo da raggiungere.

1) Un dolore da offrire. Vano sarebbe il dissimulare la condizione dì disagio e di difficoltà, in cui vi trovate. In un mondo in cui, talvolta, valgono solo le doti fisiche e il fulgore di belle apparenze per aprirsi una strada, o in cui, almeno, bisogna essere integri di forze nel corpo e nello spirito per trovare un lavoro, una professione, una sistemazione, voi spesso avete potuto provare, più degli altri, amarezze, delusioni, scoraggiamenti. Forse vi siete anche sentiti soli in un mondo che sembrava ignorarvi. Avete potuto versare lacrime sconfortate, note solo a Dio, che tutto vede, e ai vostri intimi, che con voi dividono le pene della vostra sventura. Sappiamo, è vero, che la società cerca di venirvi incontro con varie forme di provvidenze; e che soprattutto la benemerita Organizzazione per la Protezione Sociale dei Ciechi si prodiga in numerose intraprese, per sollevarvi a condizioni sempre più degne di vita, procurando lavoro, attività e mezzi di cultura e di progresso, secondo lo spirito dei tempi. Questi sforzi ricevono tutto il Nostro paterno plauso e incoraggiamento, e siamo lieti di cogliere la presente occasione per vivamente esortare i pubblici poteri, e tutti coloro che possono, a venire sempre più incontro alle vostre giuste esigenze.

Ma anche in condizioni ideali di vita, rimane sempre per voi la presenza della vostra dolorosa infermità. Questa Noi vi invitiamo, o diletti figli, a offrire continuamente al Signore, come profumo di incenso che salga. con odore di soavità al suo cospetto. Secondo le parole dell'Apostolo, dobbiamo compiere ciò che manca alla Sua Passione [1]. Perciò il Signore, nel disegno della Redenzione, ha bisogno della vostra offerta quotidiana, compiuta in serenità di spirito e in cosciente responsabilità, per continuare la sua opera, e salvare le anime.

2) Questa è la missione che dovete compiere: apostolato silenzioso e benefico; apostolato di esempio. Nella vita, come voi sapete, non conta il rumore che si fa, le cose che si vedono, ma l'amore con cui si compie la volontà di Dio. Secondo le auree parole dell'Imitazione di Cristo: « veramente grande, colui che ha una grande carità. È veramente grande, colui che è piccolo nel suo sentimento, e non dà alcun valore alla grandezza degli onori. É veramente prudente, colui che reputa come rifiuti le cose della terra, per guadagnare Cristo » [2]. Quando si hanno queste convinzioni, allora si gode la vera luce, quella che illumina, perchè apre gli orizzonti sull'eternità. Quanti hanno la vista e non vedono!

Quanti si perdono dietro le meschinità e le miserie della vita, dimenticando Dio, l'anima, la virtù, e il loro cuore è immerso nelle tenebre della morte! Le lacrime di Gesù, versate su Gerusalemme, ci fanno comprendere l'unica cosa necessaria: « Se avessi conosciuto anche tu, in questo giorno, le cose che servono alla tua pace, ma ora sono nascoste ai tuoi occhi! » [3].

Coraggio, dunque, diletti figli! La vostra fede Ci dice che la luce più preziosa, quella che mai non tramonta, è il vostro geloso retaggio, che vi sostiene nelle vostre lotte e difficoltà! Siate generosi nella missione che vi attende; operate nella carità e nella pace, pensando che nulla va perduto in terra, di quanto si compie in conformità col volere di Dio.

3) Avete infine un traguardo da raggiungere: la vita eterna, promessa a tutti gli uomini di buona volontà. Già ai partecipanti al pellegrinaggio dei ciechi belgi avemmo occasione di dire che la speranza cristiana è basata sulle parole di Gesù: « Chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita » [4]. Ogni mattina, nella Messa, riecheggiano le soavi parole del Salmo: « Emitte lucem tuam et veritatem tuam; ipsa me deduxerunt et adduxerunt in montem sanctum tuum, et in tabernacula tua ». Tale preghiera può ben applicarsi a voi che non godete della luce materiale degli occhi. Se nei disegni della Divina Provvidenza siete costretti a vivere con l'ausilio della solidarietà umana, è chiara e certa la disposizione divina per cui la vostra vita quaggiù si trasforma in preparazione e pegno per attingere, un giorno, la grande luce, che non è quella delle cose terrestri, talvolta punto attraenti, ma luce emanante dal Cristo glorioso. Egli con la sua grazia è presso i sofferenti e li attende nei suoi eterni splendori [5].

Con queste parole di speranza Noi vi rinnoviamo l'espressione del Nostro più vivo affetto; e vi diamo l'assicurazione — che Ci sta tanto a cuore — che voi tenete un posto tutto speciale nel Nostro pensiero, e che le vostre aspirazioni, i vostri dolori, le vostre speranze formano oggetto della Nostra quotidiana preghiera per voi.

E in pegno delle celesti consolazioni, che abbondanti invochiamo su di voi, sulle vostre famiglie, particolarmente sui vostri bambini e su quanti vi sono di sostegno e di appoggio, vi impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione, che intendiamo altresì estendere alla Presidenza Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi, ai Delegati delle altre Nazioni, a tutti i collaboratori di queste provvide Istituzioni, ed alla Organizzazione per la vostra Protezione Sociale.

 


*  AAS. vol. LI, 1959, pp. 586-589.

[1] Cfr. Col., 1, 24.

[2] Lib. I, 3, 6.

[3] Luc., 19. 42.

[4] Io., 8, 12.

[5] Cfr. Scritti e Discorsi, II, Siena 1959, pp. 114-115.

 



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