Index   Back Top Print

[ IT ]

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI PARTECIPANTI
AL II CONVEGNO NAZIONALE ITALIANO
PER LA «CIVILTÀ DEL LAVORO»,
PROMOSSO DAI CAVALIERI DEL LAVORO
*

Sala Clementina
Sabato, 17 ottobre 1959

 

Siamo lieti di accogliere in particolare Udienza i Cavalieri del Lavoro, i Maestri del Lavoro d'Italia e i Lavoratori Anziani di Azienda.

Diletti figli ! Siete convenuti a Roma allo scopo di portare il vostro contributo di studio e di esperienza all'approfondimento di un tema importante e ricco di spirituali riflessi: « L'educazione alla socialità del lavoro ». Il programma che Ci avete inviato, con l'indice delle lezioni trattate durante questi giorni, Ci ha dimostrato che il vostro è stato un Convegno elevato, nobile e serio, dal quale — ve lo auguriamo di cuore —scaturiranno nuove fonti di belle energie per le vostre attività.

Ed è consolante per Noi l'accogliervi, al termine dei lavori, e corrispondere alla vostra amabile richiesta di una larga e propiziatrice Benedizione.

In questo gesto avete rivelato un orientamento di fede, ed una conferma di quel proposito, che vi fa cercare le cose dello spirito prima e al disopra di ogni altra. Abbiamo infatti letto con soddisfazione nei vostri Statuti, che volete adoperarvi « per elevare nella società e negli ambienti di lavoro il valore morale dell'apporto collaborativo »; che volete dare il vostro « apporto di esperienza e di cosciente equilibrio per la risoluzione dei problemi sociali e per l'affratellamento di tutti i partecipanti... al processo produttivo »; che cercate di « favorire l'incremento delle relazioni umane nell'ambito dell'azienda, acciocchè ogni partecipante possa trovare in essa la più larga possibilità di espandere la ricchezza della propria personalità ».

Queste parole sono un programma di elevazione continua del inondo del lavoro, e la condizione indispensabile per creare in esso forme di vita sempre più serene e nobili, in operosa fraternità e fattiva collaborazione: senza le quali non si può giungere ad una concezione veramente cristiana dell'umano lavoro, per cui esso porta la persona dell'uomo redento ad una consapevolezza sempre più chiara della propria responsabilità e insieme della propria dignità.

C'è da ringraziare il Signore per le benefiche trasformazioni che, per mezzo di tanti sforzi congiunti, si sono operate in questo campo. Quando il Nostro Predecessore Leone XIII di ven. mem. scriveva la memoranda enciclica Rerum Novarum, un quadro doloroso stava davanti ai suoi occhi: e quelle pagine suonano ancora vindice ammonimento contro chi conculcava i sacrosanti diritti della persona umana. Ora la realtà si è di molto migliorata ed i Nostri incontri così frequenti coi rappresentanti delle varie categorie del lavoro, e di associazioni di lavoratori, sono occasione sempre nuova di vero compiacimento. La vostra stessa assemblea odierna lo dice. Voi fate del lavoro uno strumento di perfezionamento morale e di fraterna collaborazione tra dirigenti e maestranze, memori dell'insegnamento divino e della dottrina sociale della Chiesa. Molti anni di assidua applicazione hanno meritato a parecchi tra di voi preziosi riconoscimenti, per i quali anche Noi Ci congratuliamo.

Ebbene, ritornando alle quotidiane occupazioni, sappiate voi prodigarvi incessantemente nella diffusione del bene, in esercizio di giustizia, di equità e di carità, e trasformare altresì le vostre opere in abbondanti meriti per l'eternità. A questo scopo vi raccomandiamo l'esercizio delle cristiane virtù, senza le quali ogni umano sforzo rimane monco e infruttuoso: e specialmente l'esercizio delle opere di misericordia, lo spirito di sacrificio, il buon esempio. E, al disopra di tutto, la preghiera sia il vostro respiro e il vostro alimento, secondo la massima di Benedetto da Norcia: Ora et labora, nel pensiero che le attività umane, anche più alte e lodevoli, non si esauriscono in un orizzonte terreno, ma tendono verso la Città di Dio. E così facendo, vi procurerete i « tesori nel cielo, dove la ruggine e la tignola non consumano, e dove i ladri non manomettono né rubano » [1]. Allora le fatiche avranno termine, e ciascuno otterrà da Dio la giusta mercede, secondo quanto avrà operato in terra. con verità e rettitudine.

Noi invochiamo su ciascuno di voi, sui colleghi lontani, su le vostre dilette famiglie, l'abbondanza dei divini favori; e in pegno di essi, come pure a conferma della Nostra benevolenza, siamo lieti di impartirvi di gran cuore la Benedizione Apostolica.

 


*  AAS. vol. LI, 1959, pp. 821-822.

[1] Matth. 6, 20.

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana