Index   Back Top Print

[ ES  - IT ]

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AD ALCUNE DELEGAZIONI
DI ANTICHE E NUOVE ISTITUZIONI
BENEMERITE DI VENEZIA

Sala del Trono
Martedì, 8 maggio 1962

 

Signor Cardinale!
Diletti figli!

Tra ogni forma solenne di stile più elevato, che le molte udienze di questi giorni potevano suggerire, a questo colloquio amiamo riservare la effusione di una conversazione familiare, consueta agli amabili contatti del non dimenticato Patriarca coi suoi diletti e più vicini figliuoli di Venezia.

Quale grazia e quanta soavità di sentimento in questo nostro incontro di occhi e di cuori con Chi aveva pensato di poter prolungare, ancora un poco, in mezzo a voi, la propria vita — rivolta, sì, ormai all'occaso — in esercizio delizioso di pastorale ministero!

Ah, Venezia, Venezia! salutandola nel suo veneratissimo Cardinale Patriarca e nelle rappresentanze convenute intorno alla Nostra persona, Ci vien su dall'animo la frase incisiva del Libro III della Imitazione di Cristo: O Iesu, splendor aeternae gloriae, solamen peregrinantis animae, apud te est os meum sine voce: et silentium meum loquitur tibi [1].

GLORIE ANTICHE E NUOVE DI VENEZIA

Queste parole dicono subito, con richiamo di facile analogia, perchè Noi amiamo ricordare gli anni di un soggiorno sereno — che adesso Ci appare rapido — e lo splendore delle grandezze storiche e artistiche di Venezia, e le sue autentiche glorie religiose.

Nei vivi ricordi del periodo trascorso nella Città della Laguna, si affacciano sovente i due campanili di S. Marco e di S. Giorgio. Alla sommità del primo salimmo, a piedi, per benedire il restaurato Angelo d'oro: l'abbiamo ricordato nel Radiomessaggio per il compiuto cinquantesimo della ricostruzione. Alla cella campanaria del secondo, con più rapida salita in ascensore, Ci recammo come per benedire di lassù, con gesto paterno, le promettenti nuove opere nel complesso della Fondazione « G. Cini », il cui decimo anniversario ha ispirato il gradito incontro odierno.

Venezia è compresa in questo permanente, intimo eppur così vivo ricordo. Da quando fummo chiamati alla Cattedra di Pietro, molte delegazioni di fedeli si succedono qui in Vaticano dinanzi a Noi e, o con la loro presenza o con filiali manifestazioni, parlano delle meraviglie dei rispettivi paesi. Avviene allora che il Nostro pensiero torni a Venezia quasi per uno spontaneo e naturale confronto; e la cara Città — certo senza mortificazione alcuna per le altre — conserva sempre un posto di speciale risalto.

Pensate dunque, diletti figli, quanto Ci è cara la vostra visita. Ve ne siamo grati, mentre Ci allietiamo per la maestà dei ricordi antichi e delle opere recenti, che voi qui degnamente rappresentate.

Ed ora: alle singole delegazioni il saluto più cordiale.

A Lei, signor Cardinale carissimo, l'espressione del Nostro affetto; e poi uno speciale pensiero ai Canonici presenti. Questo conviene anzitutto e va fatto. E così riesce agevole rivolgerCi alle altre rappresentanze, a cominciare dalla Procura di S. Marco, ricca di imprese e degna di rispetto. Un lavoro delicato, quello dei Procuratori di S. Marco: essi sanno tener conto delle molte esigenze che impone la custodia del tempio insigne e superare non lievi difficoltà; ed oggi ancora essi possono dirsi i validi continuatori di un passato di preziose cooperazioni e di meriti.

Al Fondatore e al Consiglio Generale della Fondazione « G. Cini » il saluto si congiunge al sentimento di rispetto e di felicitazione.

Ecco, diletti figli: vi sono istituzioni della Chiesa ed altre, sorte intorno alla Chiesa, o promosse dalla Chiesa: sicché, anche se adibite ad attività di ordine civile, ben possono considerarsi, per l'idea animatrice e le mete di bontà e di verità a cui tendono, come fiori di quella terra e di quella tradizione che tanto bene fanno convergere le glorie alla eccelsa figura del discepolo prediletto dal Principe degli Apostoli, S. Marco, infatti, chiamato da S. Pietro con squisita tenerezza Filius meus [2].

FIORITURE DI OPERE NELLA FEDE PERENNE

Siamo dunque in atmosfera spirituale di immenso valore. Per essa possiamo risalire ben oltre l'epoca in cui gli antenati veleggiarono sino ai lidi estremi del Mediterraneo, per recare a Venezia il grande tesoro delle spoglie venerate del sommo Patrono. Va aggiunto che la venerazione per S. Marco non è limitata alle regioni che conservano le orme della sovranità di Venezia, ma in tutto il mondo: oggi stesso s'è avuta notizia circa una iniziativa intitolata a S. Marco, nel nord dell'Europa.

* * *

Dopo il saluto qualche considerazione. A voler seguire la consuetudine, di cui non poco si abusa, converrebbe ora rispondere ad ogni complimento con altrettante lodi. Ma è noto che Noi, per natura e per grazia speciale del Signore, Ci sentiamo del tutto alieni da quanto potrebbe muovere a compiacenza, o suscitare una nota di vanità. Preferiamo esprimerCi con grande semplicità, ex abundantia cordis, come si fa al focolare domestico coi propri figlioli.

Di tutto, di tutto occorre benedire il Signore, poiché da ogni circostanza possiamo desumere non bagliori, ma fiamme ristoratrici di carità per ciò che è più alto, per ciò che è cristiano e divino, per tutto quell'inno di grandezze che incomincia dall'Antico e rifulge nel Nuovo Testamento, formando la gloria più autentica delle nostre genti, delle nostre città, delle nazioni cattoliche.

Vedete, fra l'altro, la luce di quel Doge di Venezia che è santo, Pietro Orseolo. Egli, dopo pochi anni di governo, nel secolo X, si ritirò a vita cenobitica. Nel 1954 ritornando in sede dopo di aver presieduto il pellegrinaggio Triveneto alla Grotta di Massabielle, nel centenario della proclamazione dogmatica della Immacolata Concezione di Maria, visitammo il vetusto monastero di Saint Michel de Cuxa en Roussillon, non lungi dai Pirenei e dalla regione ove sorge, più ad est, il prodigioso Santuario mariano. In quel monastero è sepolto S. Pietro Orseolo; e da alcuni anni una zelante comunità di religiosi, ivi chiamata dopo le tante vicende dei secoli scorsi, si è posta alacremente sulla via delle migliori tradizioni della ascesi, dello studio e della cultura.

Il colloquio potrebbe prolungarsi, diletti figli, sopra le nuove opere di attività cristiana promosse in questi ultimi anni nel solco luminoso di antiche istituzioni; ma l'adunanza così schiettamente familiare Ci dà occasione di fare, con figliuoli tanto cari, qualche confidenza, e proprio a ribadire quanto possa la semplice ed umile disposizione dell'animo di fronte a Dio, per ascoltare sempre le ispirazioni di Lui e compierne la santa volontà.

L'ORIGINARIA SEMPLICE IDEA DEL CONCILIO ECUMENICO

Si prenda, ad esempio, l'idea del Concilio Ecumenico. Come è sorta? Come si è sviluppata? In un modo che, a narrarlo, sembra inverosimile, tanto fu improvviso il pensare a quella possibilità e, senz'altro, l'applicarsi ad attuarla.

Da un interrogativo posto in un particolare colloquio con il Segretario di Stato, Cardinale Tardini, procedette la constatazione circa il mondo, immerso in gravi angustie ed agitazioni. Rilevammo, tra l'altro, come si proclami di voler la pace e l'accordo, ma, purtroppo, talora si finisca con l'acuire dissidi ed accrescere minacce. Che cosa farà la Chiesa? Deve la mistica navicella di Cristo rimanere in balìa dei flussi ed essere sospinta alla deriva, e non è piuttosto da essa che si attende non solo un nuovo monito, ma anche la luce di un grande esempio? Quale potrebbe essere questa luce?

L'interlocutore ascoltava in atteggiamento di riverente rispetto e di attesa. A un tratto Ci illuminò l'anima una grande idea, avvertita proprio in quell'istante ed accolta con indicibile fiducia nel Divino Maestro; e Ci salì alle labbra una parola, solenne ed impegnativa. La Nostra voce la espresse per la prima volta : un Concilio!

A dir il vero subito vi fu quasi il timore di aver suscitato perplessità, se non proprio sgomento. Senza dubbio dovevamo, ora, ascoltare un primo elenco di gravi difficoltà, se non altro perchè l'improvviso annuncio faceva pensare alla naturale e lunga preparazione che un tale proposito avrebbe dovuto comportare.

Invece la risposta non si fece attendere. Una palese emozione trasparì sul volto del Cardinale: il suo assenso fu immediato, esultante.

Primo segno sicuro della volontà del Signore. Chi non conosce, infatti, la pur necessaria ed attenta ponderatezza con la quale la Curia Romana è solita esaminare le questioni maggiori e minori che si presentano?

Pertanto l'ecce adsum del Papa aveva immediato riscontro nei più vicini cooperatori. In quelle stesse ore, si può dire, furono concretate anche le iniziative concernenti il Sinodo Romano e l'aggiornamento del Codice di Diritto Canonico: potemmo dare il triplice annunzio al Sacro Collegio, il mattino del 25 maggio 1959, nel monastero di S. Paolo fuori le mura.

E qui un altro segno delle divine compiacenze. Umanamente si poteva ritenere che i Cardinali, dopo aver ascoltata l'Allocuzione, si stringessero intorno a Noi per esprimere approvazione ed auguri. Vi fu, invece, un impressionante, devoto silenzio. Se ne ebbe spiegazione soltanto nei giorni seguenti, quando i Porporati, venuti in Udienza, ebbero a dirCi singolarmente : Fu così intensa la nostra commozione e così profondo il gaudio per un dono tanto più prezioso quanto impensato, dal Signore largite alla Chiesa ad opera del nuovo Papa, che non trovammo parole adatte per manifestare il giubilo e l'obbedienza illimitata. Siamo pronti al lavoro.

Ed ecco, immediatamente, da tutte le parti del mondo le prime notizie di altri consensi. Non una nota discordante o comunque indicatrice di ostacoli insormontabili. Un vero coro di commosso plauso, al quale ben presto si unirono i voti augurali anche dei fratelli non ancora perfettamente partecipi della unità auspicata e stabilita dal Signore.

RIAFFERMAZIONE DI AFFETTO PATERNO

Il resto vi è noto. Il Sinodo Romano si è felicemente svolto. Ciò non sembrò arduo all'umile Vescovo di Roma che, giovane sacerdote, potè assistere, come segretario del proprio Pastore, al Sinodo celebrato in Bergamo, nel 191o, dopo 179 anni dal precedente. In seguito, a Venezia, trovammo i felici risultati dei Sinodi indetti dal Patriarca Sarto, e dal Patriarca La Fontaine; e celebrammo il XXXI della serie Veneziana nel 1957.

L'aggiornamento del Codice è impresa che si attuerà a suo tempo, allorchè si tratterà di applicare la legislazione ecclesiastica alle nuove forme di apostolato religioso e di rapporti sociali. Per il Concilio tutti conoscono il fervore di preparazione in alacre svolgimento e la vigilia di fervente prece vissuta dalla Chiesa di Dio.

Perchè questi particolari? queste nuove confidenze? Per il motivo che amiamo darvi una conferma del Nostro affetto verso i fedeli della diletta Venezia, ben sapendo come le effusioni del Padre trovino rispondenza piena nel cuore di tutti voi. Ogni cosa sicuramente concorrerà a rafforzare sempre più nella grande famiglia, accordo ed unione, preghiera ed attività, per farsi onore, ognuno, davanti al Signore e procurare il maggior bene alla Chiesa.

Siamo lieti di chiudere la conversazione con voti soavi e fervidi per voi, partecipanti all'Udienza, e per quanti rappresentate con tanta dignità. Questi voti si estendono a ciò che sta nel cuore di ciascuno : motivo di gaudio o di mestizia.

L'importante è di sapersi elevare a Dio, rimanendo costantemente a Lui uniti durante il terreno pellegrinaggio, e facendo risplendere nella vita i raggi di quella grazia celeste, che è verace pregustamento di gloria intramontabile, di beata eternità.

La Nostra Apostolica Benedizione suggelli per Venezia dilettissima il saluto, il compiacimento, il ringraziamento, l'augurio di prosperità e di pace.

 


[1] Cap. XXI, 4.

[2] 1 Petr. 5, 13.

 


Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana