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LEONE VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO

INDIZIONE DEL GIUBILEO DELL'ANNO SANTO 1900*

A TUTTI I FEDELI CRISTIANI
CHE LEGGERANNO LE PRESENTI LETTERE
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

 

Affrettandosi al suo termine il secolo che Noi stessi la Dio mercè abbiamo nella Nostra vita quasi interamente percorso, ben volentieri Ci siamo indotti secondo le istituzioni dei maggiori ad ordinar cosa che ridonda a salute del popolo cristiano, e che segnerà forse l'ultimo vestigio delle Nostre cure, quali esse sieno state nel governo del sommo Pontificato. Intendiamo parlare del Giubileo maggiore, introdotto da tempi antichissimi nelle consuetudini cristiane e provvidamente sancito dai Nostri predecessori, consuetudine venutaci dai padri col nome di Anno Santo, sia perchè suole essere accompagnata da un maggior numero di santissime cerimonie, sia principalmente perchè fornisce maggior copia di aiuti a correggere i costumi e informare gli animi a santità. Già Noi stessi potemmo vedere coi nostri occhi con quanti frutti cooperasse a salute l'ultimo che venne solennemente celebrato, quand'eravamo ancora adolescenti, sotto il pontificato di Leone XII: nel qual tempo, veramente grandioso e fidato campo trovarono in Roma le manifestazioni religiose. Rammentiamo non solo, ma quasi Ci par d'averla ancora dinanzi, la calca dei pellegrini: la gran moltitudine che incedeva processionalmente per i templi più augusti: i sacri oratori che sermonavano in pubblico; i più frequentati luoghi della città che risonavano delle lodi divine; e lo stesso Pontefice con seguito numeroso di Cardinali che al cospetto di tutti dava nobilissimi esempi di pietà e di carità. E pur troppo a siffatte memorie il pensiero si trasporta con più dolore da quei tempi quelli che or corrono. Perchè tali pratiche, che, ove, senza nessun impedimento si compiano sotto gli occhi della cittadinanza, sogliono mirabilmente alimentare e  infervorare la pietà del popolo, ora, per essersi mutate le condizioni di Roma, o non è possibile rinnovarle, o dipendono in tutto dall'arbitrio altrui.

Ma comunque sia, Iddio, che suol benedire i salutari consigli, vorrà concedere, come, speriamo, un successo prosperevole e  senza contrasti a questa Nostra deliberazione, intrapresa soltanto per riguardo a lui e a gloria sua. In effetto a che miriamo, o che  cosa vogliamo? Non altro davvero se non agevolare la salute eterna a quanti più coi Nostri sforzi potremo, e a tal fine somministrare alle malattie dello spirito quei rimedi appunto che Gesù Cristo volle mettere nelle Nostre mani. Il che non solo Ci sembra un dovere del nostro ufficio apostolico, ma evidentemente anche, un bisogno dei tempi. Non già che questo secolo si debba dire sterile di buone opere e di cristiane virtù; anzi mercè il divino aiuto n'abbiamo illustri esempi e in abbondanza, nè vi è specie alcuna di virtù, per eccelsa e ardua che sia, in cui molti non si veggano segnalarsi ; poiché è potere proprio della religione cristiana, divinamente insito, inesausto e perpetuo, quello di generare e alimentar le virtù. Tuttavia se, girando intorno lo sguardo, si miri all'opposto lato, che cecità, quali traviamenti, quanta gente che corre a sempiterna rovina! Ci si stringe amaramente il cuore, sempre che Ci torna in mente quanti cristiani, allettati dalla licenza del sentire e del pensare, sorbito avidamente il tossico di ree dottrine, vadano tutto giorno sciaguratamente dissipando il gran dono della fede. Viene di qui la ripugnanza a vivere, cristianamente e la immoralità che dilaga: di qui l'appetito acutissimo e insaziabile dei beni sensibili, e le cure e i pensieri tutti dilungati da Dio e radicati alla terra. Appena si può esprimere a parole quanto danno da una fonte cotanto inquinata già derivò alle stesse fondamenta della civil compagnia. Perchè gli animi or comunemente ribelli, le bieche tendenze delle popolari cupidigie, i pericoli nascosi, i tragici misfatti, non son altro infine, chi vuol cercarne le cause, se non una lotta sfrenata e senza legge per impossessarsi dei beni del mondo e goderli.

Pertanto importa alla vita pubblica e privata ammonire gli uomini intorno ai loro doveri, scuotere gli animi assopiti dall'oblio, e richiamare al pensiero della propria salute tutti quegl' improvvidi che si può dir ad ogn'ora corrono rischio di perire e, di perdere per incuria o per orgoglio quei beni immutabili e celesti, ai quali infine siam nati. E mira pur qui l'anno santo; essendo che la Chiesa, memore soltanto della nativa benignità e misericordia, qual tenera madre, si studia in tutto questo tempo con amore e con ogni mezzo che può, a  ricondurre a miglior consiglio le umane menti, e a promuovere in ciascuno l'espiazione, mediante la penitenza emendatrice della vita. Con siffatto proposito ella, moltiplicando le preghiere ed aumentandone l'ardore, si sforza di placare l'oltraggiata maestà di Dio e di derivar copia di doni celesti: e largamente aperti i tesori delle indulgenze, di cui fu fatta dispensiera, invita tutta quanta la cristianità alla speranza del perdono, puramente intenta a vincere con l'esuberanza dell'amore e della dolcezza anche le volontà più ribelli. Laonde e perchè non ne attenderemo Noi, se piaccia a Dio, frutti ubertosi e quali s'addicono al bisogno?

Tanto più che n'accrescono l'opportunità alcune solennità straordinarie, la cui notizia crediamo bastantemente diffusa e che serviranno in certo modo a consacrare la fine del secolo decimonono e il principio del vigesimo. S'intende parlar dogli onori che in questo mezzo vorranno tributarsi in ogni parte del mondo a Gesù Cristo Redentore. Perciò fummo larghi di approvazione e di lode a sì bel consiglio vagheggiato dalla pietà di privati. In effetto, che potrebbesi fare di più santo e salutare? Tutto ciò che l'uomo deve in sostanza desiderare, amare, sperare e cercare, è riposto nell'unigenito Figlio di Dio, egli essendo la salute, la vita, la risurrezione, nostra: volerlo abbandonare è  un voler andare totalmente in perdizione. Laonde ancorché non tacciano mai le adorazioni, lo lodi, gli onori, i rendimenti di grazie che si devono a nostro Signor Gesù Cristo, anzi senza intermissione si ripetano ovunque, tuttavia niun rendimento di grazie, niun onore potrà esser cosi grande, che più altri ancora non glie se ne debbano maggiori. E poi son forse pochi gli uomini che l'età nostra produsse obbliosi ed ingrati, i quali hanno ordinariamente risposto alla misericordia del loro divin salvatore col disprezzo e a' suoi benefizi con le ingiurie? Certo la vita di moltissimi, così difforme dalle sue leggi e da' suoi precetti, fa segno ella stessa di animo ingratissimo e malvagio. E che dire, se si pensi che questi ultimi tempi videro rinnovato, e non una volta sola, il blasfema ariano intorno alla divinità di Gesù Cristo? Coraggio adunque e all'opera o voi tutti che con questo nuovo e bellissimo proposito porgeste incitamento alla pietà del popolo, ciò che però vorrà farsi in modo che non ne venga alcun impedimento al corso del Giubileo e alle stabilite solennità. Si aggiungerà pertanto nella prossima manifestazione di fede e di religione dei cattolici questo intendimento, di detestare tutto ciò che a memoria nostra fu empiamente detto e compiuto, specie contro la divina maestà, di Gesù Cristo, e di soddisfar publicamente alle ingiurie pubblicamente fatte contro di lui. Ora, andando al fondo, ognun sa che pentirsi del mal fatto, e dopo aver implorato pace e  perdono da Dio, esercitarsi con più diligenza nei doveri dalla virtù imposti, o riassumerli se smessi, è il modo di soddisfazione più desiderabile sodo e chiaro e che porta impressi i contrassegni della verità. Al che l'anno santo offrendo tutte le agevolezze che da principio abbiamo toccato, appare di bel nuovo quanto convenga e sia necessario che il popolo cristiano si accinga all'opera pieno di coraggio e di speranza.

Per la qual cosa sollevando gli occhi al cielo e pregando di gran cuore Iddio ricco di miserirordia, affinchè si degni di favorire benignamente i voti e l'opera Nostra, e di illuminare con la sua virtù le menti e di muovere altresì gli animi conforme alla sua bontà; Noi, seguendo gli esempi dei Romani Pontefici Nostri predecessori, con l'assenso dei Cardinali di S. R. C. Nostri venerabili fratelli, in virtù di queste lettere ordiniamo con l'autorità di Dio onnipotente, dei beati Pietro e Paolo e colla Nostra, e promulghiamo, e vogliamo che s'abbia fin da questa ora come ordinato e promulgato, il Giubileo massimo e universale, che comincierà in questa sacra Roma dai primi vesperi della Natività del Signore dell'anno mille ottocento e novantanove, e si chiuderà ai primi vesperi della Natività del Signore dell'anno mille e novecento; e tutto torni a gloria di Dio, a salute delle anime, ad incremento della Chiesa.

E durante quest'anno del Giubileo Noi concediamo e impartiamo misericordiosamente nel Signore pienissima indulgenza, remissione e perdono dei peccati a tutti i fedeli cristiani dell'uno e dell'altro sesso veramente pentiti, confessati e comunicati, i quali abbiano devotamente visitato le basiliche di Roma dei beati Pietro e Paolo, di S. Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore almeno una volta al giorno per venti giorni continui o interrotti sia naturali sia ecclesiastici, da computarsi cioè dai primi vesperi di ciascun giorno a tutto il crepuscolo vespertino del giorno seguente, se fedeli abbiano fermo domicilio in Roma, siano essi romani, o no; se poi vi saranno venuti come pellegrini, al meno per dieci di siffatti giorni, pregando gli uni e gli altri devotamente Iddio per la esaltazione della Chiesa, per la estirpazione delle eresie, per la concordia dei Principi cattolici e per la salute del popolo cristiano.

E perchè può accadere a molti che con tutta la loro buona volontà o punto non possano o possano soltanto in parte, eseguire le sopradette prescrizioni, per esserne o in Roma o durante il viaggio impediti da malattia o da altra legittima causa; Noi, stante il lor buon volere, per quanto nel Signore possiamo, quando e' sieno veramente pentiti e nel debito modo confessati e comunicati, concediamo che partecipino della sopradetta indulgenza e remissione dei peccati, come se avessero realmente visitato le rammentate basiliche nei giorni da Noi definiti.

Roma adunque v'invita amorosamente al suo seno, o diletti figliuoli, quanti siete nel mondo, che avete modo di visitarla. Sappiate però che ad un buon cattolico in questo sacro tempo s'addice, se vuol mantenersi coerente a sé stesso, di aggirarsi per Roma guidato puramente dalla fede cristiana. Conviene quindi segnatamente rinunziare agl'intempestivi spettacoli di cose futili o profane, rivolgendo piuttosto l'animo a quelle che predispongono a religione e pietà. Al che da prima predispone, se ben si guardi addentro, l'indole naturale della città e un certo qual carattere in lei divinamente impresso e non mutabile né per accorgimenti umani né per alcuna violenza. Perchè Gesù Cristo, il Salvatore del mondo, trascelse, sola fra tutte, la città di Roma ad esser centro di un'azione eccelsa e più che terrena, consecrandola sé. Qui ei pose, e non senza una lunga ed arcana preparazione, la stanza del proprio impero; qui comandò che reggesse incrollabile nella perpetuità de' tempi la sede del suo Vicario; qui volle che inviolato si custodisse gelosamente il lume della verità rivelata, e che di qui, come da principio ed augustissima fonte, quel lume si propagasse in tutta quanta la terra, di guisa che s'allontana da Cristo chiunque s'allontana dalla sede di Roma. E servono ad accrescerne la santità monumenti religiosi redati dagli avi, la singolare maestà de' templi, l'urne sepolcrali dei Principi degli Apostoli, le catacombe di fortissimi martiri. Chi saprà di siffatti monumenti ben ascoltare la voce, sentirà di essere non già pellegrino in città straniera, ma piuttosto cittadino nella propria, e con l'aiuto di Dio nella sua partenza si riconoscerà migliore che nella venuta.

Vogliamo poi, affinchè le presenti lettere vengano più facilmente a notizia di tutti, che ai loro esemplari, anche a stampa, purché sottoscritti da qualche notaio pubblico e muniti del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti in tutto quella medesima fede che s'avrebbe, se ne fosse stato presentato e, mostrato l'originale. A niuno dunque sia lecito di alterar parola di questa Nostra disposizione, promulgazione, concessione e volontà o di temerariamente opporvisi. Che se alcuno avesse la presunzione di un tale attentato, sappia che incorrerebbe l' indignazione di Dio onnipotente e de' suoi apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma presso S. Pietro agli undici di maggio dell'anno della Incarnazione di nostro Signore Mille ottocento novantanove, vigesimo secondo del Nostro Pontificato.

 


*ASS, vol. XXXI (1898-1899), pp. 641-645.



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