DISCORSO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
AI PARTECIPANTI AL GIUBILEO DELLE EQUIPE SINODALI
E DEGLI ORGANISMI DI PARTECIPAZIONE
Aula Paolo VI
Venerdì, 24 ottobre 2025
_____________________________
Question 1:
During the implementation phase, how can local Churches, particularly in Africa, both receive support from and inspire the whole Church, so that we walk can together in a spirit of “exchange of gifts,” respecting the principle of subsidiarity in local discernment and not imposing uniform models or undermining local initiative?
[Durante la fase di attuazione, come possono le Chiese locali — soprattutto in Africa — ricevere sostegno e al tempo stesso ispirare l’intera Chiesa in modo da camminare insieme in uno spirito di “scambio di doni”, rispettando il principio della sussidiarietà nel discernimento locale e senza imporre modelli uniformi o indebolire l’iniziativa locale?]
Holy Father:
Thank you very much, Father, for what you have shared about the work of synodality in Africa. First of all, I would like to greet all of you. Good evening. Buenas tardes!
I think the first word I would like to say – one that is not only for the Church in Africa, but for all of us this evening – is mission, and being missionary. The synodal process, as Pope Francis reminded us on numerous occasions, was intended to help the Church fulfil her primary role in the world, which is to be missionary: to announce the Gospel and to give witness to the person of Jesus Christ in every part of the world and to the ends of the earth. In the words of the Gospel: preaching, sharing and living what Jesus taught us.
I think the Church in Africa, in this sense, has much to offer to all of us. What you spoke about the synodal process helps us to build bridges and understand how the Church can be a bridge, especially in cultures where Christians are not the majority and often live alongside members of other religions, whether regional traditions or world religions such as Islam. It reminds us that such contexts pose challenges, but at the same time also offer great opportunities.
What most of us have experienced over the past number of years in preparation for the Synod, and now at the beginning of this new phase of implementation, is precisely that synodality, to use your words, is not a campaign, it is a way of being and a way of being for the Church. It is a way of promoting an attitude, which begins with learning to listen to one another.
The gift of listening is something I think we all acknowledge, yet it has often been lost in certain sectors of the Church. We need to continue to discover how valuable it is, beginning with listening to the Word of God, to one another, and to the wisdom that we find in men and women, in members of the Church and also in those who are searching for the truth, even if they are not yet – or may never become – members of the Church.
In the African context, there are particular questions and realities that are both challenges and gifts, for example youth. When we compare Europe and Africa, one continent continues to grow older, while the other is filled with new life, youth and great vitality for the Church. There is also the gift of family, which is so important. The Church must reach out to people through young people and families, becoming an instrument of peacebuilding and offering models both in Africa – among African countries – and in different countries and continents, on issues such as promotion of peace and care for creation, among others.
In this sense, we have to be very clear: we are not looking for a uniform model, and we will not present a template that dictates to every country, “This is how you must do it.” Rather, we are speaking of conversion to a spirit of being Church by being missionary and building up the family of God. Thank you.
[Grazie mille, Padre, per quanto ha condiviso sul lavoro della sinodalità in Africa. Anzitutto, vorrei salutarvi tutti, Buonasera. La prima parola che vorrei dire — che non è solo per la Chiesa in Africa, ma per tutti noi questa sera — è missione, ed essere missionari. Il processo sinodale, come Papa Francesco ci ha ricordato in tante occasioni, doveva servire ad aiutare la Chiesa a svolgere il suo ruolo primario nel mondo: essere missionaria, annunciare il Vangelo, rendere testimonianza alla persona di Gesù Cristo in ogni parte del mondo, fino agli estremi confini della terra, con le parole del Vangelo, predicando, condividendo, vivendo ciò che Gesù ci ha insegnato.
Penso che la Chiesa in Africa in tal senso abbia molto da offrire a tutti noi. Ciò che lei ha detto sul processo sinodale ci aiuta a costruire ponti e come la Chiesa può essere un ponte, specialmente in culture dove i cristiani non sono la maggioranza, spesso accanto a membri di altre religioni siano esse tradizioni regionali o religioni mondiali come l’Islam. Ci ricorda che tali contesti pongono delle sfide, ma al al tempo stesso offrono grandi opportunità.
Ciò che molti di noi negli ultimi anni di preparazione al Sinodo e all’inizio di questo nuovo processo di attuazione hanno sperimentato, è proprio che la sinodalità, usando le sue parole, non è una campagna, ma un modo di essere e un modo di essere Chiesa. È un modo di promuovere un atteggiamento che inizia con l’imparare ad ascoltarci a vicenda.
Il dono dell’ascolto è qualcosa che, penso, tutti riconosciamo, ma che spesso si è perso in alcuni settori della Chiesa. Dobbiamo continuare a scoprire quanto è prezioso, a cominciare dall’ascolto della Parola di Dio, dall’ascolto reciproco, dall’ascolto della saggezza che troviamo in uomini e donne, in membri della Chiesa e in quanti sono alla ricerca della verità, ma che ancora non sono, e forse non saranno mai membri della Chiesa.
Nel contesto africano, ci sono questioni e realtà particolari che sono allo stesso tempo sfide e doni, per esempio la gioventù. Se confrontiamo l’Europa e l’Africa, vediamo che un continente continua a invecchiare mentre l’altro è pieno di nuova vita, di gioventù e di grandi doni per la Chiesa. C’è poi il dono della famiglia, che è importante. La Chiesa, deve andare incontro alle persone attraverso i giovani e le famiglie, diventando uno strumento di costruzione della pace e offrendo modelli sia in Africa, tra i Paesi africani, sia ai diversi Paesi e continenti nel mondo per questioni come la promozione della pace e la cura del creato, tra le altre.
In tal senso dobbiamo essere molto chiari: non stiamo cercando un modello uniforme, e non proporremo un modello che dica a ogni paese, “ecco come dobbiamo fare”. Si tratta piuttosto di una conversione a uno spirito di essere Chiesa e di essere missionari e di costruire, in tal senso, la famiglia di Dio. Grazie.]
Question 2:
The role of Continental Synodal Teams has been highlighted throughout the synodal journey, particularly in the implementation phase. Do you anticipate that the role of groupings of Churches – such as Continental Bishops’ Conferences, national or regional Bishops’ Conferences, and Ecclesiastical Provinces – will continue to grow in the life of the Church?
[Il ruolo delle équipe sinodali continentali è stato evidenziato in tutto il cammino sinodale, in particolare nella fase di attuazione. Lei prevede che il ruolo dei raggruppamenti di Chiese — come le Conferenze episcopali continentali, le Conferenze episcopali nazionali o regionali e le Province ecclesiastiche — continuerà a crescere nella vita della Chiesa?]
Holy Father:
First of all, allow me to greet Dr Susan. She and I were members of the same table in the last session of the Synod, and it is nice to be at the same table again with you. Welcome.
The brief answer is yes. I do expect, and I hope, that the different groupings of Churches will continue to grow as expressions of communion in the Church, drawing on the gifts we are all receiving through this exercise – this “life of synodality.”
I want to offer a very concrete and brief example that, for me, was particularly striking. I was at a meeting recently with a bishop from your region, who said that the issue of climate change is so urgent that, if current trends continue, his country will disappear in less than 50 years. Meanwhile, we often find ourselves enjoying the luxury of sitting in very comfortable spaces and reflecting on topics that may at times seem theoretical. But when we listen to the urgent cry of people in different parts of the world – whether due to poverty, injustice, climate change, or a number of other causes – we realize that we are not merely reflecting on theoretical matters but that an urgent response is needed.
This is a concrete situation that I hope we all take very seriously. It echoes the call that Pope Francis issued to the whole Church and to the world ten years ago in Laudato Si’, reminding us that responding to the cry of the earth is part of our faith commitment. We cannot be passive.
Therefore, I certainly hope that through Bishops’ Conferences, Ecclesiastical Provinces, and Continental Conferences, we can address some of these very specific issues and make a difference. I think the Church has a voice, and we need to be courageous in raising our voice to change the world and make it a better place.
[Prima di tutto, permettetemi di salutare la dottoressa Susan. Siamo stati membri dello stesso tavolo nell’ultima sessione del Sinodo, ed è bello essere di nuovo allo stesso tavolo con lei. Benvenuta.
La risposta breve è sì. Mi aspetto, e spero, che i diversi raggruppamenti di Chiese possano continuare a crescere come espressioni di comunione nella Chiesa, attingendo ai doni che tutti noi riceviamo attraverso questo esercizio, questa vita di sinodalità.
Vorrei fare un esempio concreto e breve, ma molto significativo per me. Sono stato di recente a un incontro con un vescovo della sua regione, il quale ha detto che la questione del cambiamento climatico è talmente urgente che, se le cose continueranno così, tra meno di 50 anni il suo Paese scomparirà.
Noi intanto ci godiamo il lusso di sederci attorno a spazi molto confortevoli e di riflettere su temi che a volte possono sembrare molto teorici. Ma quando sentiamo il grido urgente di persone in diverse parti del mondo, a causa sia della povertà e dell’ingiustizia, sia del cambiamento climatico, o per altri motivi, ci rendiamo conto che non stiamo riflettendo solo su questioni teoriche e che è necessaria una risposta urgente.
Questa è una situazione concreta che spero tutti noi prendiamo molto sul serio. Fa eco all’appello che Papa Francesco ha rivolto a tutta la Chiesa e al mondo dieci anni fa nella Laudato si’ , ricordandoci che rispondere al grido della terra fa parte del nostro impegno di fede. Non possiamo essere passivi.
Perciò, spero davvero che, attraverso le Conferenze episcopali, le Provincie ecclesiastiche, le Conferenze continentali, possiamo affrontare alcune di queste tematiche molto specifiche e fare la differenza. E penso che la Chiesa ha una voce, e noi dobbiamo essere coraggiosi nell’alzare la nostra voce per cambiare il mondo, per renderlo un posto migliore.]
Question 3:
What would you say to bishops and priests who are concerned that synodality may diminish their authority as pastors? How can we better understand and promote co-responsibility, accountability and transparency in our dioceses and parishes?
[Che cosa direbbe ai vescovi e ai sacerdoti preoccupati che la sinodalità possa indebolire la loro autorità di pastori? Come possiamo comprendere e promuovere meglio la corresponsabilità, la responsabilità e la trasparenza nelle nostre diocesi e parrocchie?]
Holy Father:
Thank you very much. The question refers to what is happening in Canada and the United States, which, interestingly enough, even in these days, as we are sitting here, are experiencing great difficulties. Two countries that were once considered among the closest of allies can, at times, grow distant from one another. This is yet another example – another proof – of why synodality, listening and dialogue are so important, and how they have concrete applications in our daily lives.
Referring to the specific question, I would like to return to an expression that Dr Susan used a few minutes ago, when she spoke of “pace and scale,” reminding us that not all things move at the same rhythm or speed and that there are indeed differences.
One of the disagreements that apparently many of you experienced – judging by your reaction when the question was asked – is the concern among some pastors or bishops that their authority may be diminished. Apparently some of you have had that conversation, let us say. I would like to invite all of you, as we were invited during the Synod sessions, to reflect upon what synodality is about, and to invite the priests, particularly even more so than the bishops, I think, to somehow open their hearts and take part in these processes.
Oftentimes, the resistances come out of fear and lack of knowledge. Every person who has reported so far from his or her region has listed formation as a priority. And I think we have to be very clear and sincere about the importance of formation on every level.
Sometimes, ready-made answers are given without the proper, necessary preparation in order to arrive at the conclusion that maybe some of us have already drawn, but others are not yet ready or capable of understanding. Without proper formation on every level – whether in schools, seminaries, ongoing formation programs, adult formation for the laity, etcetera – there are going to be resistances and a lack of understanding.
I think that, at least to a certain extent, we have to understand that we do not all run at the same speed, and sometimes we have to be patient with one another. Rather than having only a few people running ahead and leaving many others behind – which could even cause a rift in the ecclesial experience – we must seek ways, sometimes very concrete ones, to understand what is happening in each place, what the resistances are or where they come from, and what we can do to increasingly encourage the experience of communion in this Church, which is synodal.
So with that, I think that the concrete reality – understanding within the American, United States culture – is that many structures which already exist have great potential for being synodal. We must find ways of continuing to transform them into more inclusive kinds of experiences. Whether on pastoral councils, or in other diocesan structures or gatherings, the inclusion of people – men and women, laity and clergy, women and men religious, et cetera – can help all to take part and feel a deep co-responsible sense of belonging, leadership and accountability in the life of the Church. Obviously, there are challenges, but I think some significant steps have already been taken, and hopefully that will continue. Thank you.
[Grazie mille. La domanda si riferisce a quanto sta accadendo in Canada e negli Stati Uniti, che, cosa abbastanza interessante, anche in questi giorni, mentre siamo qui seduti, stanno attraversando grandi difficoltà. Due Paesi che un tempo erano considerati stretti alleati, a volte si allontanano l’uno dall’altro. Ed è un altro esempio — un’altra prova — del perché la sinodalità, l’ascolto e il dialogo sono così importanti e di come abbiano applicazioni concrete nella nostra vita quotidiana.
Riguardo alla domanda specifica, vorrei riprendere un’espressione che la dottoressa Susan ha usato pochi minuti fa quando ha parlato di “ritmo e tempo”, ricordandoci che non tutto va allo stesso ritmo o alla stessa velocità, e che effettivamente ci sono differenze.
Una delle differenze che apparentemente molti di voi hanno sperimentato — a giudicare dalla vostra reazione quando è stata posta la domanda — è la preoccupazione di alcuni pastori o vescovi che la loro autorità possa essere sminuita. A quanto pare alcuni di voi ne hanno parlato, diciamo. Vorrei invitare tutti voi, come tutti noi siamo stati invitati nelle sessioni del Sinodo, a riflettere sul significato della sinodalità e invitare i sacerdoti, in particolare ancor più dei vescovi, credo, ad aprire in qualche modo il loro cuore e a prendere parte a questi processi.
Spesso le resistenze nascono dalla paura e dalla mancanza di conoscenza. E ogni persona che finora ha inviato una relazione dalla propria regione ha indicato come priorità la formazione. E penso che dobbiamo essere molto chiari e sinceri sull’importanza della formazione a ogni livello.
A volte si danno risposte pronte senza l’appropriata e necessaria preparazione per giungere a conclusioni che forse alcuni di noi hanno già tratto, ma altri non sono ancora pronti o in grado di comprendere. E senza un’adeguata formazione a tutti i livelli — nelle scuole, nei seminari, nei programmi di formazione permanente, nella formazione adulta per i laici, e cosi via — continueranno a esserci resistenze e mancanza di comprensione.
E penso che, almeno in una certa misura, dobbiamo capire che non corriamo tutti alla stessa velocità e che a volte dobbiamo essere pazienti gli uni con gli altri. E piuttosto che avere solo poche persone che corrono avanti e ne lasciano molte altre indietro — cosa che potrebbe persino causare una rottura in un’esperienza ecclesiale — dobbiamo cercare modi, a volte molto concreti, per capire che cosa sta accadendo in ogni luogo, quali sono le resistenze o da dove provengono, e cosa possiamo fare per incoraggiare sempre più l’esperienza di comunione in questa Chiesa, che è sinodale.
Quindi penso che la realtà concreta — la comprensione all’interno della cultura americana, statunitense — è che esistono già molte strutture che hanno un grande potenziale per essere sinodali. Dobbiamo trovare modi per continuare a trasformarle in esperienze più inclusive. Sia nei consigli pastorali sia in altre strutture o riunioni diocesane. L’inclusione delle persone — uomini e donne, laici e religiosi — può aiutare tutti a partecipare e sentire un forte senso di corresponsabilità, di appartenenza, di leadership e di responsabilità nella vita della Chiesa. Certo, ci sono sfide, ma penso che siano già stati compiuti importanti passi avanti e spero che ce ne siano altri. Grazie.]
Question 4:
Dans nos Églises orientales en tenant compte de nos spécificités et dans les diocèses latins, quels sont changements urgents et conversions fondamentales auxquels nous sommes appelés pour mettre réellement en pratique la synodalité dans nos organismes de participation au niveau paroissial, diocésain et dans les synodes orientaux, ainsi que dans nos instances de formation (séminaires, noviciats, formation des jeunes et des laïcs, écoles et universités catholiques…)?
[Nelle nostre Chiese orientali, tenendo conto delle nostre specificità, e nelle diocesi latine, quali sono i cambiamenti urgenti e le conversioni fondamentali a cui siamo chiamati per mettere realmente in pratica la sinodalità nei nostri organismi di partecipazione a livello parrocchiale e diocesano, e nei Sinodi orientali come pure nelle nostre istanze di formazione (seminari, noviziati, formazione dei giovani e dei laici, scuole e università cattoliche)?]
Holy Father:
Could I begin by saying that - without excluding any other region of the world - if there is a place in the world today that really needs signs of hope, it is in the Middle East. I think that we all wish to be that sign of hope.
One of the signs of hope, which I think is very significant, which has been mentioned once or twice, and which is definitely a sign of the presence of the Holy Spirit, is the gift of enthusiasm. We find this in the Churches of the Middle East and also among those Christians in the diaspora - because unfortunately, so many Christians have had to leave their homes and emigrate to other parts of the world. In them, we find that the gift of faith gives them the strength, endurance, courage they need to continue to go forward, even after many times having lost everything.
I think that it is at those times when we as the Church need to be united and come together to be that authentic sign of hope, but also a very real expression of Christian charity, a fraternal love, a care for one another, especially for those people who have had everything taken away from them because of the destruction of war and hatred among us.
I think that the challenges in the Middle East, which the Oriental Churches have continued to take on and to move forward with, are something that we need to understand more in the West, if you will. As we look at synodal processes, we need to understand that there are also significant differences between the Latin Church and the Eastern Churches, and we need to respect those differences. I think that is the first step in any community, in any human organization: if we do not respect one another, we will never begin to know one another, and therefore never truly come to know one another.
I think there are a number of things that we can talk about, as you mentioned in your question. But again, formation is obviously part of the answer, which we have mentioned already a couple of times – on every level. “Conversation in the Spirit,” to understand that taking part in a synodal process is taking part in the Church, and that we need to learn, first and foremost, to listen to the Holy Spirit in many different ways and to take part in a spiritual journey. Just as so many of your people have had to journey, we need to understand that our hearts can remain open to the Holy Spirit only if we recognize, live and experience the importance of prayer – the importance of a spiritual life, both individually and in community, in our parish communities, our religious communities and in different kinds of gathering. In that way, we can continue to grow in the ability to listen to one another and to discern the best ways to move forward.
I think there is so much that we need to pray for in terms of finding the strength to accompany you and your people; to truly witness to Jesus Christ, as you were saying: in the land where he was born, lived, martyred and rose from the dead – the ultimate sign of all of our hope; to be true promoters of pardon and reconciliation, which are so necessary; and to learn that in pardoning and working towards reconciliation, we can indeed build greater unity among all peoples.
[Vorrei cominciare dicendo che — senza escludere nessun’altra regione del mondo — se oggi c’è un posto nel mondo che ha veramente bisogno di segni di speranza, questo è il Medio Oriente. Penso che tutti noi desideriamo essere quel segno di speranza.
Uno dei segni di speranza, che considero molto significativo, e che è stato menzionato una o due volte e che è sicuramente un segno della presenza dello Spirito Santo, è il dono dell’entusiasmo. Lo troviamo nelle Chiese del Medio Oriente e anche tra i cristiani della diaspora, perché purtroppo tanti cristiani hanno dovuto lasciare le proprie case ed emigrare in altre parti del mondo. In essi troviamo che questo dono della fede dà loro la forza, la perseveranza e il coraggio di cui hanno bisogno per andare avanti, anche dopo, molte volte, aver perso tutto.
Penso che sia in quei momenti che noi, come Chiesa, dobbiamo essere uniti e unirci per essere quell’autentico segno di speranza, ma anche un’espressione molto reale di carità cristiana, un amore fraterno una cura gli uni per gli altri, specialmente per coloro a cui è stato tolto tutto a causa della distruzione della guerra, o dell’odio che c’è tra noi.
Penso che le sfide in Medio Oriente, che le Chiese orientali hanno continuato ad affrontare e a superare, siano qualcosa che dobbiamo comprendere meglio in Occidente. Quando guardiamo ai processi sinodali, dobbiamo capire che ci sono anche differenze significative tra la Chiesa latina e le Chiese orientali. E dobbiamo rispettare tali differenze. Penso che questo sia un primo passo in ogni comunità, in ogni organizzazione umana: se non ci rispettiamo a vicenda, non inizieremo mai a conoscerci a vicenda, e quindi non riusciremo mai a conoscerci veramente.
Penso che ci siano molte cose di cui possiamo parlare, come lei ha menzionato nella sua domanda. Ma ripeto, la formazione è ovviamente parte della risposta, come abbiamo già detto più volte, a tutti i livelli. “Conversazione nello spirito”, per capire che partecipare a un processo sinodale significa partecipare alla Chiesa, e che dobbiamo imparare, prima di tutto, ad ascoltare lo Spirito Santo in molti modi diversi e a prendere parte a un cammino spirituale. Proprio perché molti di voi hanno dovuto percorrere questa strada, dobbiamo capire che i nostri cuori possono restare aperti allo Spirito Santo solo se riconosciamo, viviamo e sperimentiamo l’importanza della preghiera, l’importanza di una vita spirituale, sia individualmente sia in comunità, nelle nostre comunità parrocchiali, nelle nostre comunità religiose, in ogni tipo di incontro. In tal modo, possiamo continuare a crescere nella capacità di ascoltarci a vicenda e di discernere i modi migliori per andare avanti.
Penso che ci sia tanto per cui dobbiamo pregare per trovare la forza per accompagnare voi e il vostro popolo; per testimoniare veramente Gesù Cristo, come lei ha detto: nella terra dove è nato e vissuto, dove è stato martirizzato ed è risorto dai morti, segno ultimo di tutta la nostra speranza; per essere veri promotori di perdono e di riconciliazione, così necessari; e per imparare che perdonando e lavorando per la riconciliazione, possiamo davvero costruire una maggiore unità tra tutti i popoli.]
Pregunta 5:
¿Cómo puede el proceso sinodal animar e inspirar a nuestras sociedades a ser más incluyentes, justas y constructoras de paz?
[Come può il processo sinodale incoraggiare e ispirare le nostre società a essere più inclusive, giuste e costruttrici di pace?]
Santo Padre:
Bueno, muchas gracias por el informe, por todo lo que se está realizando en América Latina en este proceso y desde mucho antes.
Yo creo que la Iglesia tiene que estar muy agradecida por tantas cosas que hemos aprendido de América Latina. El don de la fe, el entusiasmo, el espíritu de comunión que en muchos casos es parte de la misma cultura de pueblos que tradicionalmente —de verdad— son muy unidos y que han —digamos— convertido ese don —de comunión, de fraternidad, de hermanos y hermanas— en una experiencia que se expresa muy bien en la Iglesia y que nos enseña a muchos a seguir en un camino auténticamente sinodal.
Ahora voy a decir algo que no refleja nada sobre lo que acabo de decir, pero que quizá sea sobre la pregunta como tal. Y no quiero ofender, lo digo de antemano. Personalmente, cuando uno pregunta: “¿Cómo puede un proceso ayudar a inspirarnos?”, yo pocas veces en la vida me he sentido inspirado por un proceso. Yo me siento inspirado por las personas que viven con entusiasmo la fe. Todos han venido, en estos días, como equipos sinodales, pero para vivir el Jubileo. Y creo que es muy importante comprender que el Jubileo es una invitación a la conversión, a la reconciliación y a la vida nueva que recibimos de Jesucristo. Y vivir este espíritu —y hablamos de la espiritualidad de sinodalidad—, pero es la espiritualidad del Evangelio, de comunión, de querer ser Iglesia. Estos son aspectos que realmente nos pueden inspirar a seguir siendo Iglesia y construyendo caminos de inclusión, invitando a muchos más —a todos— a acompañarnos, a caminar con nosotros. Y entonces, yo creo que es muy fundamental en todo esto que vivamos todos nosotros una auténtica conversión y que descubramos en nuestro corazón, a través de todos los elementos de los que hemos hablado, una auténtica espiritualidad que empieza con la escucha de la Palabra de Dios, ese discernimiento de la presencia del Espíritu, donde el Espíritu Santo nos está llamando, y compartiendo esta experiencia con métodos como puede ser la conversación en el Espíritu. El vivir esa cercanía con Cristo mismo que puede encender en nuestros corazones el deseo de ser discípulos, discípulos misioneros fieles en el camino.
Cuando nosotros vivimos con ese entusiasmo, esta convicción, veremos que, de hecho, muchos más van a querer juntarse con nosotros y ser constructores de paz y de comunión. Gracias.
[Grazie mille per il rapporto, per tutto quello che si sta facendo in America Latina in questo processo e da molto prima.
Credo che la Chiesa debba essere molto grata per le tante cose che abbiamo imparato dall’America Latina. Il dono della fede, l’entusiasmo, lo spirito di comunione, che in molti casi è parte della cultura stessa dei popoli che tradizionalmente sono — davvero — molto uniti e che hanno — diciamo — trasformato questo dono — di comunione, di fraternità di fratelli e sorelle — in un’esperienza che si esprime molto bene nella Chiesa e che insegna a molti di noi a proseguire in un cammino autenticamente sinodale.
Ora dirò qualcosa che non ha nulla a che vedere con quanto ho appena detto, ma che forse riguarda la domanda come tale. E non voglio offendere, lo dico in anticipo. Personalmente, quando qualcuno chiede: “Come può un processo aiutare a ispirarci?”, dico che poche volte nella mia vita mi sono sentito ispirato da un processo. Mi sento ispirato dalle persone che vivono con entusiasmo la fede. Tutti voi siete venuti in questi giorni come equipe sinodali, ma per vivere il Giubileo. E credo che sia molto importante capire che il Giubileo è un invito alla conversione, alla riconciliazione e alla vita nuova che abbiamo ricevuto da Gesù Cristo. E vivere questo spirito — e parliamo della spiritualità di sinodalità — ma è la spiritualità del Vangelo, di comunione, di voler essere Chiesa. Questi sono aspetti che possono veramente ispirarci a continuare a essere Chiesa e a costruire cammini di inclusione, invitando molte più persone — tutti — ad accompagnarci, a camminare con noi. E allora credo che sia fondamentale in tutto questo che tutti noi viviamo un’autentica conversione e che scopriamo nel nostro cuore, attraverso tutti gli elementi di cui abbiamo parlato, un’autentica spiritualità che inizia con l’ascolto della Parola di Dio, quel discernimento della presenza dello Spirito, dove lo Spirito Santo ci sta chiamando, e condividendo questa esperienza con metodi come può essere la conversazione nello Spirito. Vivere quella vicinanza con Cristo stesso che può accendere nei nostri cuori il desiderio di essere discepoli, discepoli missionari fedeli nel cammino.
Quando vivremo con questo entusiasmo, con questa convinzione, vedremo che effettivamente molte più persone vorranno unirsi a noi ed essere costruttrici di pace e di comunione. Grazie.]
Domanda 6:
Quali speranze possono legittimamente nutrire le donne in una Chiesa sinodale? Ritiene che nella Chiesa sia in atto un autentico cambiamento culturale, tale da rendere la parità tra donne e uomini nella Chiesa una realtà vissuta in futuro?
Santo Padre:
Grazie, Professoressa, per il rapporto e anche per questa domanda. Comincio con due mie esperienze molto personali, cominciando con la mia famiglia. Ho vissuto in una famiglia cattolica in cui mamma, e anche mio padre, tutti e due, erano molto, molto attivi nella parrocchia. A mia madre una volta, anni fa, quando si parlava molto negli Stati – sto parlando già degli anni Settanta – dell’uguaglianza tra la donna e l’uomo, ho detto: “Ma tu vuoi essere uguale agli uomini?”. E lei mi ha detto: “No, perché noi siamo già migliori!”. E certamente non lo diceva scherzando. Ci sono tanti doni che le donne hanno, che potevano offrire già allora in molti sensi, nella vita della famiglia, della parrocchia. Non solo mia mamma, ma tante donne.
Una seconda esperienza viene dal Perù, dove esiste una Congregazione di religiose, di consacrate, il cui carisma è quello di lavorare dove non ci sono sacerdoti. Hanno facoltà di battezzare, di assistere ai matrimoni… Fanno un lavoro missionario stupendo, che davvero è una testimonianza anche per molti sacerdoti. Questo è il coraggio che ci vuole per annunciare il Vangelo, e sono donne che lo fanno!
Quindi sulla domanda, lasciando da parte i temi – diciamo – più difficili, che fanno parte del lavoro di un gruppo di studio che si sta presentando, io penso che il problema non sia che non esistano possibilità, ma che esistono culturalmente ostacoli. E questo bisogna riconoscerlo, perché non tutti i vescovi o i sacerdoti vogliono permettere che le donne esercitino quello che potrebbe essere molto bene il loro ruolo. Ci sono culture dove ancora le donne soffrono per le differenze – come fossero cittadine di seconda classe, per dire cosi – e non hanno in realtà sempre gli stessi diritti. Allora lì c’è una sfida per la Chiesa e per tutti noi, a vedere come possiamo promuovere insieme il rispetto per i diritti di tutti e tutte; come possiamo promuovere una cultura dove queste cose diventino non solo possibili, ma realtà, in una co-partecipazione di tutti, ciascuno secondo la propria vocazione, dove tutti possono esercitare – diciamo – un ruolo di responsabilità nella Chiesa. Abbiamo visto tanti esempi nei fatti. Però la realtà è che culturalmente non tutti i Paesi sono nello stesso punto dell’Europa o degli Stati Uniti… E noi non possiamo semplicemente pensare che nominando qui o là una donna per questo o quell’altro incarico sarà rispettata, perché ci sono forti differenze culturali che creano dei problemi. E allora bisogna parlare di come la Chiesa possa essere una forza per la conversione, la trasformazione delle culture, secondo i valori del Vangelo. Purtroppo, molte volte la forma in cui viviamo la fede è più determinata dalla nostra cultura e meno dai nostri valori evangelici! È lì che noi tutti possiamo essere una forza, un’ispirazione, un invito per le nostre nazioni, le nostre comunità, le nostre culture, a riflettere sulle differenze che esistono e non solo fra uomo e donna. In molti Paesi ci sono ancora differenze secondo la classe o il rango nella società: uno non può essere nominato per tale ufficio perché sarà rifiutato dagli altri… Ci sono pregiudizi, discriminazioni che esistono e che vanno chiaramente contro il Vangelo, e noi molte volte siamo impotenti davanti a queste realtà.
Allora c’è molto da fare, certamente. Credo che la Chiesa già offra spazi per cominciare e continuare questo cammino e dobbiamo, anche qui, essere coraggiosi, accompagnare situazioni e realtà perché, pian piano, forse si possano introdurre dei cambiamenti, delle trasformazioni di queste culture, in cui possano essere eliminate le autentiche discriminazioni ed esse possano diventare comunità in cui i doni, il carisma di ogni persona siano veramente rispettati e valorizzati. Grazie!
Question 7:
What message would you like to share with the Churches in Asia to encourage synodal conversion?
[Quale messaggio vorrebbe condividere con le Chiese in Asia per incoraggiare la conversione sinodale?]
Holy Father:
The first thing that comes to mind is that I would like to say “thank you” to the Church in Asia. If anyone faces challenges – because of language and cultural differences, geographical distance, poverty, and many other realities that you confront – yet has worked as hard as you have and has arrived where you are today in living this process not only of synodality but also of promoting communion and conversion, then I think we all should say thank you and congratulations to you.
You said dialogue is essential for peaceful coexistence. I think that, because of many interreligious realities – realities that are not unique to Asia, of course, but are so widespread – given that, with the exception of the Philippines, if I am not mistaken, Christianity is a minority everywhere, to face the challenges that come with living the faith and being disciples of Jesus Christ, including in places where there is oppression and it is difficult to live the faith, I think there are many things before which we all need to bow down and respect the holy ground that Asia is for the present and future of the Church.
There is a sense of mystery and an understanding of the divine that is, I think, part of many of the religions in Asia, and this certainly opens the door to different kinds of interreligious dialogue. I think this is a treasure for the whole Church: Eastern and Western. I also believe it is something that is valued by many cultures in Asia, and something from which we also, I think, could learn.
Because of this, when we talk about the spirit, about the spirit of synodality and about “Conversation in the Spirit,” there is, if you will, a mystical or contemplative element to it that perhaps we can continue to discover. I do not say “understand,” because I think it goes far beyond understanding. But there is a contact with the divine from which we can all learn, including from many in Asia and in the East.
There are, of course, great challenges: the structural and economic realities that you deal with, and the difficulty of promoting even basic communication on a wide scale because of the limitations within the local Churches. These are realities that I think we need to confront together. I think that this synodal experience of building communion should inspire all of us, if you will, to be more generous in sharing resources, so that we can have perhaps greater equality and greater justice, even in the distribution of the goods and material blessings that many churches could share with others. Obviously, there are great challenges in doing that, yet, there are great efforts being made to do that already, of course, which should be recognized. It is an ongoing process.
But I think, again, the people of Asia can offer much hope. I hope that all of us together can be a sign of hope for the Church in Asia. With that, I simply express gratitude and great reverence for all those who are walking together in the Church in Asia. Thank you.
[La prima cosa che mi viene in mente è che vorrei dire “grazie” alla Chiesa in Asia. Se qualcuno affronta sfide — a causa di differenze linguistiche e culturali, della distanza geografica, della povertà e di molte altre realtà che affronta — e tuttavia ha lavorato duramente ed è arrivato dov’è oggi, vivendo questo processo non solo di sinodalità ma anche di promozione della comunione e della conversione, allora penso che dovremmo tutti dire grazie e congratularci.
Lei ha detto che il dialogo è essenziale per una coesistenza pacifica. Io penso che, a causa delle molte realtà interreligiose — realtà che non sono esclusive dell’Asia, ovviamente, ma che sono così diffuse — dato che, ad eccezione delle Filippine, se non sbaglio, il cristianesimo è ovunque una minoranza, per affrontare le sfide che derivano dal vivere la fede e dall’essere discepoli di Gesù Cristo, anche in luoghi dove c’è oppressione ed è difficile vivere la fede, penso che ci siano molte cose davanti alle quali tutti dobbiamo inchinarci e rispettare il suolo sacro che l’Asia rappresenta per il presente e il futuro della Chiesa.
C’è un senso di mistero e una comprensione del divino che è, penso, parte di molte religioni in Asia, e questo certamente apre le porte a diversi tipi di dialogo interreligioso. Penso sia un tesoro per tutta la Chiesa: Oriente e Occidente. Credo anche che sia qualcosa di apprezzato da molte culture in Asia e qualcosa da cui anche noi, credo, potremmo imparare.
Per questo, quando parliamo dello spirito, dello spirito di sinodalità e di “conversazione nello spirito”, c’è un elemento mistico o contemplativo, che forse possiamo continuare a scoprire. Non dico “capire”, perché penso che sia qualcosa che vada ben oltre la comprensione. Ma c’è un contatto con il divino da cui tutti possiamo imparare, anche da molti in Asia e in Oriente. Ci sono, naturalmente, grandi sfide: le realtà strutturali ed economiche con cui avete a che fare e la difficoltà nel promuovere anche la comunicazione di base su larga scala a causa delle limitazioni all’interno delle Chiese locali. Sono realtà che credo dobbiamo affrontare insieme. Credo che questa esperienza sinodale di costruire comunione dovrebbe ispirare tutti noi a essere più generosi nel condividere risorse, in modo che forse possiamo avere più uguaglianza e più giustizia, anche nella distribuzione dei beni e delle benedizioni materiali che molte chiese potrebbero condividere con altre. Ovviamente, ci sono grandi sfide da affrontare, ma sono già in atto grandi sforzi per riuscirci e questo va riconosciuto. È un processo in corso.
Ma penso, di nuovo, che il popolo asiatico possa offrire grande speranza. E spero che tutti noi insieme possiamo essere un segno di speranza per la Chiesa in Asia. Con questo, esprimo semplicemente gratitudine e profondo rispetto per quanti stanno camminando insieme nella Chiesa in Asia. Grazie.]
___________________
L'Osservatore Romano, Edizione Quotidiana, Anno CLXV n. 247, lunedì 27 ottobre 2025, p. 2.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana