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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 27 luglio 1969

 

Vogliamo oggi raccomandare alle vostre preghiere il viaggio che questa settimana, a Dio piacendo, Noi faremo a Kampala, capitale dell’Uganda, nell’Africa centrale; viaggio, come è ormai Nostro costume, molto rapido, ma molto intenso d’incontri, di discorsi, di cerimonie; con la semplicità e con la dignità, che piace agli Africani, e che Ci sembra conforme alla natura della Nostra visita straordinaria.

Diciamo subito che è una visita punto turistica: è una visita religiosa e apostolica, che crediamo conforme al Nostro ministero pontificio. Sceglie l’Uganda, perché di là è venuta, nel secolo scorso (non sono ancora cento anni), una stupenda testimonianza cristiana, per numero di martiri, per la loro giovane età, per il loro stato di laici e di neofiti, per la lucida e logica coscienza del sacrificio della loro vita alla fede e alla Chiesa, per l’incredibile eroismo dimostrato nell’atrocità delle sofferenze, per la serena bontà dei loro sentimenti. Leggete la narrazione della loro morte ingiusta e crudele nel tormento, impavida nel comportamento. È una delle più belle pagine del nostro martirologio; ed è pagina missionaria e moderna. Vi è di che essere ammirati e edificati, ed anche confusi al confronto d’un simile cristianesimo limpido ed eroico - ahimé - col nostro, che ora non definiamo.

Dunque questo viaggio vuoi essere un riconoscimento da parte Nostra, e Ci piace di compierlo, nonostante l’esiguità della Nostra persona, nella pienezza del Nostro mandato apostolico di Vicario di Cristo; un riconoscimento alla grandezza e all’esemplarità di quei Martiri; e lo vogliamo estendere a tutti quanti hanno dato il sangue o il silenzioso sacrificio per la causa missionaria, in Africa e in tutte le regioni e le forme dell’evangelizzazione cristiana.

Riconoscimento e incoraggiamento. L’opera di evangelizzazione, rispetto alla vastità del mondo e dei popoli, si può dire ch’è ancora al principio, alla «plantatio Ecclesiae». Ma oggi v’è questo di buono e di notevole: ora i Popoli stessi delle regioni missionarie fanno in buona parte da sé: molte energie apostoliche sono anche indigene, e meritano incoraggiamento e fiducia.

Poi il Nostro viaggio ha una intenzione, che dobbiamo dire ardente e dolorosa: quella della pace; anche in Africa essa è sofferente, per i conflitti penosissimi che mietono vittime innocenti, e senza numero, e che ancora non si riesce a comporre; e per le discriminazioni razziali, che la coscienza cristiana e civile non può, così come sono, tollerare. Occorre la pace, nella giustizia e nel progresso di quei Popoli nuovi e aperti alla civiltà cristiana e moderna.

Per questo andremo colà, Seguiteci con le vostre preghiere.

                            



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