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PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 27 giugno 1971

 

Noi celebreremo questa settimana le feste dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, martiri in Roma, forse lo stesso giorno, 29 giugno, III Kalendas Iulii, ma non forse lo stesso anno, al tempo di Nerone imperatore, pare nell’anno 67 dell’era cristiana.

Si è conservata memoria, com’è noto, della loro «passione», cioè del loro martirio, unita poi a quella della loro tomba, in Vaticano per San Pietro, sulla via Ostiense per San Paolo, e per entrambi, si discute per quale motivo, sulla via Appia «ad catacumbas», dove sorge la basilica di San Sebastiano.

Roma deve mantenere viva ed onorata questa memoria, non solo per il vanto incomparabile, archeologico, storico ed artistico delle loro locali e monumentali basiliche, ma per non meritare ancor oggi il rimprovero di Sant’Agostino, che nei primi anni del quinto secolo rivolgeva all’Urbe devastata e delusa di non sperimentare nella incolumità la protezione delle tombe apostoliche, quando ammoniva: esse sono costi, ma non sono nel tuo cuore: «ibi sunt, sed in te non sunt» (Sermo 296, PL 38, 1355).

La «memoria degli Apostoli Pietro e Paolo deve essere nella nostra coscienza, nella nostra conoscenza, nel nostro culto liturgico, e anche nella nostra pietà personale».

Forse alla vostra attenzione è sfuggita la notizia, data dalla stampa senza alcun rilievo, che proprio in questi giorni, presente il Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione per le Chiese Orientali, è stato inaugurato il rinnovato «memoriale» di San Paolo alle porte di Damasco, là dove la tradizione dice che avvenne la prodigiosa conversione dell’Apostolo delle Genti, la quale doveva essere determinante per la storia del cristianesimo e del mondo.

Bisogna poi ricordare, specialmente da noi, come questa «memoria» in Roma sia d’importanza capitale per la storia dell’Urbe e della Chiesa cattolica. È per questa «memoria» che qui «la Chiesa del Dio vivo» ha fissato il suo centro visibile, storico e spirituale, attestandosi mediante questi due supremi testimoni del Vangelo, nella parola, nel ministero, nel sangue «colonna e fondamento di verità» (Cfr. 1 Tim. 3, 15).

Ed è importante per il fatto, ricordatoci da Sant’Ambrogio, che noi dobbiamo credere in Cristo come Pietro ha creduto (Cfr. in Luc. VI, 94). Può essere perciò di grande conforto spirituale venerare qui la tomba, qui anche le ritrovate reliquie dell’Apostolo, sul quale Cristo ha detto di voler costruire la sua Chiesa, l’edificio sociale e spirituale, segno e strumento della salvezza.

Ripensiamo queste cose grandi e vive, che ci riguardano tutti personalmente, e rinnoviamo a Pietro, a Paolo il nostro amore per corroborare quello a Cristo Signore e alla sua Chiesa.

                                                                  



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