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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 24 maggio 1972

 

La vocazione all'apostolato

La festa di Pentecoste che abbiamo testé celebrata, ci parla ancora nel cuore, e sveglia in noi la legittima curiosità di renderci conto degli effetti prodotti negli animi di coloro che hanno la fortuna di ricevere in sé lo Spirito Santo. Se davvero Dio-Amore, santificante e vivificante, il Paraclito, lo Spirito Santo raffigurato nel vento e nel fuoco, mandato dal Padre, nel nome del Figlio, investe i discepoli fedeli con la sua presenza, con la sua forza, cioè con la sua grazia, che cosa succede nell’anima, nella psicologia, nella moralità, nella mentalità di chi riceve l’ospite ineffabile?

Possiamo ben intuire che da questa infusione soprannaturale possono derivare molte cose, sufficienti a riempire un trattato di teologia nuova, quella di una relazione nuova di Dio con l’uomo e quindi d’un’esperienza nuova di Dio, sia nell’interno dei singoli uomini favoriti da tanta fortuna, sia nella vicenda sociale e storica della umanità, in seno alla quale vivono soggetti ambivalenti, dotati cioè di vita naturale e di vita soprannaturale; la vita soprannaturale, per di più, emana da un principio unico e unificante, lo Spirito Santo, che compagina insieme i suoi «santi» in un corpo solo, la Chiesa, corpo mistico di Cristo.

DUPLICE TESTIMONIANZA

Cristo Signore, preannunciando la missione dello Spirito Santo, ha condensato la somma di questi effetti del Paraclito medesimo in una sola parola, tanto spesso ricorrente nel Vangelo di S. Giovanni, e tanto spesso adoperata nel discorso religioso contemporaneo, e già da noi pure altra volta commentata; la parola «testimonianza». Giova riprenderla in esame, per osservarne la duplice applicazione. Vi è infatti nel pensiero del Signore una testimonianza interiore, che potremmo dire passiva, cioè ricevuta, ascoltata, che è costituita dai doni, dai carismi, di cui l’azione dello Spirito Santo è prodiga verso chi lo riceve. Scegliamo, per comodità di sintesi, una parola di Gesù, dai discorsi dell’ultima cena: «Quando verrà il Paraclito . . . . Egli, lo Spirito di verità, darà testimonianza di me» (Io. 15, 26; cfr. 14, 26; 16, 17). È la testimonianza della verità, relativa a Dio, a Cristo, al Vangelo, resa luminosa interiormente.

E vi è una testimonianza esteriore, nella quale, con il suggerimento intimo dello Spirito (Cfr. Matth. 10, 20), l’uomo stesso si fa testimone, cioè tramite di verità: «Quando verrà il Paraclito, dice Gesù ai suoi discepoli, voi darete testimonianza» (Io. 15, 27). Questo è l’aspetto che ora ferma la nostra attenzione. La Pentecoste trasforma i discepoli in testimoni, cioè in apostoli. Gesù ancora che parla ai suoi, e questa volta nell’imminenza della sua ascensione: «Voi riceverete una forza dello Spirito Santo quando verrà sopra di voi, e voi mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e nella Samaria e fino all’estremità della terra» (Act. 1, 8). Ricordate infatti la scena della Pentecoste. È una metamorfosi, si può dire, che avviene nei discepoli. Una energia nuova li invade. La parola straripa dalle loro anime. Leggiamo negli Atti degli Apostoli. Quando la gente è accorsa, attratta dal fragore del fenomeno inesplicabile e dall’esaltazione del gruppo acclamante «le grandezze di Dio» (Ibid. 1, 11) nelle lingue più diverse, e comincia a interpretare in chiave sarcastica il contegno di quell’assemblea fuori di sé per l’interiore pienezza di spirituale ispirazione, allora narra quel racconto meraviglioso: «si alzò Pietro con gli undici, e a voce alta parlò» (Ibid. 1, 14). È la predicazione cristiana al suo primo discorso inaugurale. L’apostolato comincia con enfasi e sicurezza profetica, nel tumulto esterrefatto e mal disposto della folla, l’annuncio di Cristo Salvatore.

Possiamo chiamare apostolato la testimonianza esteriore suscitata dallo Spirito Santo.

UN DIRITTO-DOVERE

Voi sapete, a questo proposito, due cose ovvie, specialmente dopo il recente Concilio; e cioè sotto il nome di apostolato si comprende tutta l’attività esteriore della Chiesa in ordine al suo fine primario, quello della salvezza mediante Cristo, attività diventata oggi tanto più cosciente ed urgente, quanto più aperte e chiuse, sotto differenti aspetti, sono oggi le vie degli uomini davanti al kerygma, cioè all’annuncio evangelico: «questo è il fine della Chiesa, insegna appunto il Concilio; con la diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, rendere partecipi tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo» (Apostolicam Actuositatem, 2). E poi sapete che la vocazione cristiana stessa è per natura sua anche vocazione all’apostolato (Ibid. 2 e 5). Cioè l’apostolato è stato riconosciuto come attività inerente al fatto stesso di essere cristiano; donde la promozione del concetto di Laico cristiano a collaboratore dell’apostolato gerarchico propriamente detto (Cfr. Lumen Gentium, 33 ss.).

E tutti sappiamo anche come questa coscienza apostolica, missionaria, diffusiva del cristiano, chiamato alla fede e favorito della grazia, non sia ancora debitamente acquisita in molti che pur cristiani si dicono. Segno che la virtù della Pentecoste non è stata ancora compresa e sperimentata, come lo fu all’origine del cristianesimo, per quello che è: un impulso a testimoniare la propria fede, a difenderla, a diffonderla, un diritto-dovere (Cfr. Apostolicam Actuositatem, 3) nascente dal cuore di chi è stato segnato dal dono dello Spirito di Cristo, uno studio amoroso e generoso di edificare, in collaborazione con Cristo, architetto e costruttore, sul fondamento posto da Lui stesso, la sua Chiesa. L’apostolato, nelle sue innumerevoli forme, è questa positiva edificazione: essa diventa il segno visibile, e quindi sociale e storico, dell’autentica mozione dello Spirito negli animi di quanti allo Spirito si appellano per ritenersi cristiani.

FORTEZZA E CORAGGIO

Ora qui s’impone una riflessione molto seria sull’apostolato, diventato tema fecondissimo di pensiero e d’azione nei cattolici contemporanei. Una riflessione generale: a che punto è oggi l’apostolato nel nostro campo? Dobbiamo ringraziare il Signore osservando una ricchissima fioritura di attività d’ogni genere nel Popolo di Dio per l’annuncio e per l’affermazione del nome cristiano. E sia lode a quanti offrono ingegno, azione, nome, mezzi, preghiere, sofferenze, solidarietà, interessamento allo sforzo in atto dell’apostolato cattolico, uomini, donne, giovani che siano; laici, o ministri, o religiosi. Vorremmo che tutti ed ognuno si sapessero apprezzati dalla Chiesa, specialmente da chi nella Chiesa riveste responsabilità particolari. Siano tutti ringraziati, incoraggiati, benedetti. Noi preghiamo lo Spirito Santo che effonda sopra di loro i suoi doni, così che tutti coloro che esercitano l’apostolato, dentro o fuori del recinto ecclesiale, ne sentano l’energia interiore, e siano tutti interiormente sostenuti dalla convinzione e dal gaudio della positiva e militante professione cristiana.

Ma dovremo tutti ricordare che l’atteggiamento coerente, costante e coraggioso della professione cristiana, cioè dell’apostolato, è sempre insidiato nel nostro complesso essere umano da molte forme di rinascente e subdola debolezza. Il cristiano, l’apostolo specialmente, è obbligato ad essere forte e coraggioso, ad essere franco e libero, come si addice a persona seguace di Cristo (Cfr. Act. 4, 20; Luc. 12, 8-12; etc.). Invece esiste sempre, e perfino nei più impegnati (noi pensiamo - ahimé! - a Pietro, che rinnegò fieramente il Maestro nell’ora critica della sua passione), una labilità inguaribile senza grande umiltà e fortezza dal lato soggettivo, e senza l’aiuto dello Spirito Santo da quello oggettivo, la quale labilità fa scivolare spesso insensibilmente la nostra personalità in quel campo magnetico circostante e soverchiante, che si chiama il rispetto umano, il conformismo all’ambiente, la paura paralizzante del giudizio altrui, dell’ironia altrui, della stampa altrui. Ricordavamo in questi giorni l’osservazione di Pascal circa l’opinione pubblica, che logora la forza (PASCAL, Pensées, 303). Ed oggi, mentre questa atmosfera pubblica si fa prevalente sulla autonomia personale, dobbiamo ricordare quanto siamo esposti ad esonerarci dal richiamo esteriore della Chiesa e da quello interiore della coscienza all’osservanza dell’impegno cristiano. Ci proclamiamo liberi, e spesso, vittime del rispetto umano, lo siamo così poco.

L'ATTEGGIAMENTO CONTESTATARIO SNATURA L'APOSTOLATO

Per di più, una forma, oggi diventata di moda anche nella professione cristiana, la contestazione abituale, e spesso deleteria e talora spregiudicata, fa deviare fuori dell’alveo della carità ed anche qualche volta della verità tante belle energie, che dovrebbero servire all’apostolato costruttivo. L’atteggiamento della consuetudine contestataria, che caratterizza oggi pur troppo non poche iniziative, è una contraffazione dell’apostolato (Cfr. 1 Tim. 6, 20; 2 Tim. 2, 14 ss.). Vorremmo che davvero lo Spirito, dal quale esse si dicono guidate, forse per sottrarsi dall’armonia della comunione ecclesiale e dall’ossequio dovuto a chi è ministro dell’autorità, le restituisse all’onore della loro funzione stimolante ad autentico rinnovamento ecclesiale e sociale, e alla vera carità della comunione propria del genio cristiano.

Invocheremo pertanto lo Spirito Santo che ci faccia degni e forti e attivi per la testimonianza di Pentecoste, nella Chiesa e nel mondo. Con la nostra Apostolica Benedizione.


L’Istituto romano «Sedes Sapientiae»

Ed ora un cordialissimo saluto alle Religiose alunne dell’Istituto «Sedes Sapientiae» venute a porgerci l’omaggio della loro devozione a conclusione del corrente anno scolastico.

È ben naturale che un incontro come questo susciti in noi una folla di sentimenti a cui possiamo appena accennare, ma che voi, figlie carissime, potrete facilmente intuire. Vi diremo grazie anzitutto del vostro delicato pensiero, e insieme esprimiamo l’affetto e la stima che nutriamo verso il vostro Istituto, verso il corpo insegnante, e in particolar modo verso le tanto benemerite Missionarie della Scuola. Auguriamo che l’Istituto da esse sapientemente diretto abbia a mantenere alto il prestigio che lo circonda, offrendo a religiose di qualsiasi Congregazione - come egregiamente fa ormai da un trentennio - la possibilità di acquistare una solida preparazione culturale in un clima spirituale conforme alle esigenze della loro consacrazione a Dio.

Carissime figlie, che il Signore vi aiuti a corrispondere a queste nostre ardenti speranze, per la gioia della Chiesa, per la fecondità del vostro apostolato e per l’incremento delle vostre rispettive famiglie. Vi accompagni la nostra paterna Apostolica Benedizione.

Visitatori giapponesi ed americani

We are happy to welcome the Sisters who this year have been participating in the ARC Program. You have wisely turned to the study of Sacred Scripture and theology in your search for a deeper under standing of religious life. But if such study is to be effettive and complete, it needs the power and spirit of prayer. For prayer places us in a communion with Christ that binds together into a living unity all that we have learned. You are thus to be praised for undertaking your study in an atmosphere of prayer. We hope that the experience of this members of the diocese of Kagoshima, where the great missionary past year will be a source of strength, not only for yourselves but also for your communities at home and all those whom you serve in Christ.

It is a pleasure for us to greet a group of visitors from Japan, Saint Francis Xavier landed four hundred and twentyfive years ago. As we extend to you our warm welcome we express the hope that your visit here will ever remain an indelible memory, not only because of the treasures of art and architecture that Rome has to offer, but also because of the spiritual values that she represents.

We extend a special welcome to the members of the American Legion and their wives. We know that it is not the first time that a delegation of your esteemed association has visited the Vatican. On this occasion we express the hope that the American Legion may indeed be a legion of service and peace in a world that is still beset by war and still tormented by want. We are confident that you will continue your laudable charitable and educational activities on behalf of men everywhere.

Il Movimento di Schönstatt

Ein wort herzlicher Begrüssung richten Wir nach an die drei Pilgergruppen der Schönstatt-Bewegung: das Säkularinstitut der Frauen von Schönstatt; den Mütterbund der internationalen Schönstatt-Bewegung und die übrigen Mitglieder des genannten Werkes. Liebe Söhne und Töchter! Das Leben Ihres verewigten Stifters P. Joseph Kentenich lässt sich in das bedeutungsvolle Wort zusammenfassen, das auf seinem Grabstein steht: «Dilexit Ecclesiam», er liebte die Kirche. Dieses Wort möchten Wir Ihnen heute mitgeben als Ihr Programm. Leben Sie für die Kirche, arbeiten Sie für die Kirche, bringen Sie Opfer für die Kirche, stehen Sie trots aller Stürme von draussen und von innen stets treu zur Kirche. Dann lieben such Sie in Wahrheit die Kirche und Ihr apostolisches Arbeiten wird fruchtbar für das Reich Christi auf Erden. Dazu erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden aus der Fülle des Herzens den Apostolischen Segen.

                                  



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