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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 11 agosto 1976

 

La famiglia cristiana: un «elemento» della costruzione dell'unica e universale Chiesa

Noi pensiamo ancora a questa formula programmatica che il Signore ha dato a se stesso: Io costruirò la mia Chiesa. Che cosa significhi questo programma, noi abbiamo certamente, in qualche modo, intuito: Cristo vuole formare una società di uomini, chiamati da tutte le parti del mondo, senza distinzione alcuna, con preferenza ai «poveri di spirito», per assumerla ad una forma di vita associata alla sua divino-umana, riscattata dalle sue decadenze di colpa originale e di peccato personale e attuale, e destinata a esprimere nella vita presente un carattere di dignità, mediante una infusione dello Spirito animatore di eccellenti virtù, garantendo così all’uomo oltre la morte una nuova forma di vita che assurgerà un giorno nella risurrezione per godere d’una pienezza e d’una felicità, che solo una visione di Dio stesso potrà conferirgli (Cfr. 1 Io. 3, 2). Si tratta, come sappiamo, della Chiesa, oggi pellegrina nel mondo e nel tempo, che Gesù vuol mettere insieme, coadunare, servendosi di Pietro come fondamento e come ministro insieme con gli altri Apostoli, ma facendo di ogni cittadino di questa Chiesa, di questa Città di Dio, un collaboratore possibile, un operaio della sua costruzione soprannaturale.

Questa vocazione all’opera del mistico edificio ch’è la Chiesa in via di costruzione, di composizione, di lavorazione, è una delle idee più divulgate nel nostro tempo; ed è verissima, è importantissima. Vi è nella Chiesa un sacerdozio ministeriale, dotato di particolari facoltà e incaricato di speciali funzioni; è il sacerdozio di Cristo trasmesso agli apostoli e alla loro ramificazione gerarchica; ma vi è anche un sacerdozio comune conferito ad ogni credente fin dal battesimo. Sarà bene che ciascuno di noi si faccia un concetto più preciso di quello spesso puramente nominale di cui tutti, specialmente dopo il Concilio (Cfr. Lumen Gentium, 10), hanno sentito parlare. È un concetto che tutto il Popolo di Dio solidale nel godimento dei benefici della fede e della grazia, deve condividere ed approfondire; perché tutti, in misura diversa, ma sempre operante, sono responsabili della vitalità spirituale e della diffusione della Chiesa.

Questa dottrina si fa eminentemente pratica, specialmente là dove parla dei Coniugi cristiani, i quali costituiscono una così detta «Chiesa domestica» (Lumen Gentium, 11, in fine). Noi vorremmo fermare l’attenzione su questo titolo dato alla famiglia cristiana. Chiesa domestica essa è. Essa rappresenta nella sua espressione onesta e morale, che ricompone le ineffabili ed inesauribili armonie dell’essere due in una sola vita, nella sua origine sacramentale, che solleva l’amore naturale fragile e volubile al livello di amore soprannaturale inviolabile e sempre nuovo (Cfr. Eph. 5, 21-23), nella sua deontologia, cioè nella legge che la governa e che fa dell’unione, donde trae origine, una società esclusiva e perenne, un’unità stupenda in cui si riflette quella che intercede fra Cristo e la Chiesa, rappresenta, diciamo, e costituisce una piccola Chiesa, un «elemento» della costruzione dell’unica e universale Chiesa qual è l’intero Corpo mistico di Cristo. Questa sacralità della famiglia cristiana nulla toglie all’integrità e alla naturalezza della famiglia ordinaria, anzi la illumina interiormente d’uno Spirito nuovo di amore e di felicità, la fortifica nelle prove e nelle pene della vita, le conferisce la coscienza d’una missione sua propria, le dà il senso, il gusto, la forza, la sapienza della vera arte di vivere insieme la vita mortale in funzione della vita immortale. Questo titolo di Chiesa domestica, «domestica ecclesia», risale ai primi albori del cristianesimo. Basti citare San Paolo a riguardo di due coniugi, Aquila e Priscilla, che seguirono l’Apostolo in varie sue peregrinazioni, e che ebbero l’onore d’averlo ospite con la Chiesa locale (Cfr. 1 Cor. 16, 19; cfr. Rom. 16, 5; cfr. BATIFFOL, La Chiesa nascente e il cattolicesimo, pp. 84-55, ed. 1971) (scriveva allora da Efeso). Cioè l’ospitalità familiare e privata fu il primo nido in cui sorsero le prime Chiese particolari, ma già pervase del carattere sociale, esclusivo, universale della Chiesa di Cristo e di Dio.

Noi siamo ben lieti di vedere che questo sentimento ecclesiale della famiglia cristiana va ridestandosi e trasfondendosi nella comunità domestica, spesso in maniera esemplare ed edificante. Noi vi preghiamo, Figli carissimi, e voi specialmente nuove famiglie cristiane, a dare, con debita forma e discreta misura, ma anche con aperta e collettiva espressione religiosa, l’onore della preghiera collettiva nelle vostre case: la madre ha in questa prima pedagogia della religione un compito altrettanto importante e degno quanto bello e commovente. Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? li preparate, in consonanza con i Sacerdoti, i vostri figli ai Sacramenti della prima età: confessione, comunione, cresima? li abituate, se ammalati, a pensare a Cristo sofferente? a invocare l’aiuto della Madonna e dei Santi? lo dite il Rosario in famiglia? e voi, Papà, sapete pregare con i vostri figlioli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L’esempio vostro, nella rettitudine del pensiero e dell’azione, suffragato da qualche preghierina comune vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; e portate così la pace nelle pareti domestiche: «Pax huic Domui!» (Cfr. il libriccino delle preghiere in famiglia).

Ricordate: così costruite la Chiesa.

Con la nostra Benedizione Apostolica.

A un gruppo di pellegrini polacchi

We extend a cordial welcome to the pilgrims of Polish origin who have just completed in Loreto a course of renewal in the faith. Beloved sons and daughters: we exhort you today to fidelity and to Christian witness-to be faithful for ever in the holy Catholic faith, and to give convincing witness to Christ by living his message of love. In this way you will fulfil the exigencies of your Baptism and render honour to Christian Poland and to the faith of your forefathers.

Ai cattolici giapponesi della Diocesi di Naha

It is with great pleasure that we welcome the various groups from Japan. In you we greet the entire Diocese of Naha, and all the people of Okinawa, as well as the schools and organization that are represented by your presence here today. We renew our prayers for the future of Japan and for her noble people, that you may all worthily fulfil in brotherhood your role of service to humanity.

                                      



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