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LETTERA

LA CERIMONIA*

DEL PAPA PAOLO VI
AL CARDINAL AMLETO GIOVANNI CICOGNANI, IN OCCASIONE DEL VII CENTENARIO DELLA NASCITA DI DANTE ALIGHIERI.

 

Al Nostro Venerabile Fratello il Signor Cardinale Amleto Giovanni Cicognani, Segretario di Stato.

La cerimonia, che il degno Cardinale Arcivescovo di Firenze ha indetta in quella storica città, in occasione del VII Centenario della nascita di Dante Alighieri, vuole da Noi un segno di distinzione, per l'importanza religiosa che essa riveste nel quadro delle celebrazioni dantesche di quest'anno giubilare.

Desiderando pertanto essere spiritualmente presenti al sacro rito, vogliamo che Ella, Signor Cardinale, vi prenda parte in qualità di Nostro Inviato particolare, per portare a quella nobile accolta di personalità della vita ecclesiastica, civile e culturale italiana l'espressione del Nostro compiacimento, della Nostra benevolenza, del Nostro augurio. Le affidiamo altresì un dono simbolico, che ricordi nel tempo avvenire la significativa ricorrenza, e nel « bel San Giovanni », ove Dante ricevette il Battesimo e fu cristiano, sia pegno del plauso che l'intera Chiesa, nella Nostra umile persona, rivolge con commossa fierezza al sommo poeta della Divina Commedia.

E ben a ragione. Di fatto, Dante Alighieri, con l'incomparabile testimonianza della sua opera, ha fatto onore al suo Battesimo, in modo tutto speciale. Egli, nel progressivo dilatarsi di orizzonti della sua visione poetica, che via via l'ha portato ad abbracciare in una sintesi possente e sicura l'intero campo della creazione e della vita umana, vista sotto lo sguardo di Dio, ha vissuto del Battesimo le solenni consegne, per uno sforzo di coerenza tra il pensiero e la vita, nella luce delle virtù teologali, degnamente celebrate al sommo delle tre Cantiche; con la sua ardua fatica, sorretta da un altissimo afflato di poesia, egli ha voluto affidare all'umanità il messaggio di un profondo rinnovamento interiore, che dal pericolo di un'esperienza negativa giunga al definitivo possesso del Dio Uno e Trino, secondo l'itinerario del suo poetico viaggio ultraterreno.

In Dante il magistero artistico diventa severa, ma incoraggiante, lezione di vita. In Dante la cultura, posseduta integralmente nella vastità e nell'unità di tutte le scienze del tempo, supera gli apparenti dissidi in una superiore visione di fede, che gli fa vedere nella creazione un eterno pensiero d'amore: « Nel suo profondo vidi che s'interna / legato con amore in un volume / ciò che per l'universo si squaderna » (1). In Dante la potenza visiva della fantasia, l'esperienza vissuta dell'umano nella sua concreta spontaneità — onde il nome di Commedia da lui imposto alla sua maggiore opera —, il senso trasfigurante e luminoso della bellezza, la ricchezza stessa dell'espressione lessicale e sintattica, ond'egli è chiamato il padre della lingua italiana, tutto è fuso in un possente anelito di fede, di speranza e di carità, tutto è finalizzato in una ferma direzione soprannaturale, per cui il poeta, nella luce di Dio, « crede nei valori supremi dello spirito come noi nel sole » (2), e giudica l'agire umano secondo le immutabili regole morali, dettate dalla dottrina cattolica; e l'intera compagine della Chiesa, con i suoi Santi, i suoi riti, i suoi Sacramenti, palpita e vive nelle pagine del poema, cui impreziosisce una tenerissima e virile nota di devozione mariana.

Ognun vede il valore spirituale di questa testimonianza, che ancor oggi ci viene dal sommo Alighieri. Formiamo pertanto voti che la celebrazione religiosa, a cui Ella, Signor Cardinale, porterà questi Nostri sentimenti di ammirazione, contribuisca a rinvigorire la fede nell'animo degli uomini del nostro tempo, e sia di stimolo e di invito, particolarmente agli uomini della cultura e dell'arte, ad approfondire questa fede, a conoscerne sempre meglio le fonti rivelate, ed a viverla coscientemente nelle sue alte consegne, che non umiliano la libera spirituale dignità dell'uomo, bensì la garantiscono ed esaltano, dandole ali per le sublimi e imperiture espressioni del genio.

A tutti i presenti esprimiamo il Nostro vivo compiacimento, particolarmente al Signor Cardinale Ermnegildo Florit, ai Nostri venerabili Fratelli nell'Episcopato, unitamente alle autorità civili, agli studiosi e artisti, al clero e al popolo fiorentino, mentre di cuore impartiamo l'Apostolica Nostra Benedizione, pegno di eletti favori celesti sull'intera arcidiocesi di Firenze.

Dal Palazzo Apostolico Vaticano, il 5 novembre dell'anno 1965, terzo del Nostro Pontificato.

PAULUS PP. VI

 


*A.A.S., vol. LVII (1965), n. 14, pp. 964-966

(1) Par., XXXIII, 85-87.

(2) L. Pietrobono, Enc. Catt. IV, 1209.

 

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