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BENEDIZIONE URBI ET ORBI
DI SUA SANTITÀ
PAOLO VI
 

Sabato, 25 dicembre 1965

 

Fratelli! Figli! Fedeli! e voi tutti che Ci ascoltate!

Pare a Noi, dirigendo a voi la Nostra parola da questa loggia che offre allo sguardo questo incomparabile foro, quasi simbolo d’un orizzonte che abbraccia tutta la cristianità, anzi tutta l’umanità,
pare a Noi, commentando a voi il mistero del Natale di Cristo, dopo aver celebrato nel cerchio della vostra presenza e della spirituale comunione la santa Messa di questa così cara, così popolare festività, pare a Noi, volgendo lo sguardo sul mondo, e osservando con un solo intuito la scena esteriore della storia presente e la scena interiore degli spiriti umani,
pare a Noi che un invito, quasi un richiamo, un grido, vi dobbiamo rivolgere: venite!

Venite, ché siete attesi! Venite, ché siete conosciuti, voi siete amati! Venite, ché qualche cosa di stupendamente buono è per voi preparato! Venite!

Ripeteremo Noi pure il celeste messaggio dell’Angelo nella notte fatidica di Bethleem: «Ecco ch’io vi reco una buona novella di grande allegrezza per tutto il popolo; perché oggi è nato per voi il Salvatore, che è Cristo Signore!» (Lc. 2, 10-11). Perciò:

Adeste, fideles! Avvicinatevi, o fedeli! Vi diremo col canto pastorale del presepio! Il Nostro invito oggi si rivolge specialmente a voi, fanciulli, a voi, giovani! Perché voi siete avidi di gioia e di vita; Cristo è il vero eroe, che voi sognate; Cristo è il vero amico, che voi cercate. Venite, e conoscetelo; e poi amatelo e seguitelo.

Ma il Nostro invito si allarga, e vuole arrivare a tutti gli uomini, a quelli che pensano e cercano dapprima. Parola del Profeta: «Voi tutti che siete assetati, venite alla sorgente; anche se non avete denaro (meriti e forze, cioè), venite» (Is. 55, 1). E poi a quelli che lavorano e che soffrono. Parola di Cristo stesso: «Venite a me voi tutti, che siete affaticati ed oppressi; ed Io vi consolerò» (Matth. 11, 28). Noi sappiamo bene quante difficoltà incontri l’uomo moderno, dentro e fuori di sé, a compiere un atto di fede vera, a credere in Dio, ad accettare Gesù Cristo, a inserirsi nella Chiesa; ma in questo momento a Noi sembra che il Nostro invito acquisti una speciale virtù persuasiva; per l’affettuosa umiltà, con cui è proferito; per la franca e sincera autorità, che lo qualifica, non Nostra, ma di Lui, il Maestro, Cristo-luce, Cristo-pane della vita; per il collaudo, che voi stessi, uomini d’oggi, gli procurate dimostrando, con le vostre sapienti e le vostre tragiche esperienze, che «non vi è sotto il cielo alcun altro nome (all’infuori di quello di Cristo), dal quale possiamo aspettarci salvezza» (Act. 4, 12); per l’accento umano infine, che questo invito ha assunto nella voce del Concilio ecumenico, che, da qui stesso, lo ha lanciato al mondo; il medesimo invito che Noi ora,. nella ricorrenza umanissima del Natale, vi rivolgiamo : Venite! Cristo è per voi; è soprattutto per voi, uomini del nostro secolo!

Ed ancora più lontano vuole echeggiare il Nostro invito, ai Popoli della terra, facendo proprio il vaticinio dell’antico Isaia: «Venite, saliamo al monte del Signore . . ., Egli ci insegnerà le sue vie . . . E giudicherà le Nazioni, e farà da arbitro tra le moltitudini delle genti; e (allora) trasformeranno le loro spade in aratri, e le loro lance in falci; e non brandirà più spada Nazione contro Nazione, e non si eserciteranno più oltre a fare la guerra» (Is. 2, 2-4).

Venite! è l’invito a Cristo! è l’invito alla pace! Cristo e la pace! Comprenderà un giorno il mondo quale profonda e unica relazione componga questo binomio: Cristo e la pace? Capirà come il binomio si risolva nella equazione dell’apostolo Paolo: Cristo «è la nostra pace» (Eph. 2, 14)? Forse si. Questa è la speranza del mondo, della. civiltà. Forse sì; perché proprio oggi, in omaggio al Natale di Cristo, là dove infierisce una lotta micidiale, nel Vietnam, oggi si distende una tregua; una tregua nobile e generosa, piena di nuove consolanti speranze. Noi ne siamo tanto più lieti, sapendo che questa pausa d’armi è stata concessa in seguito all’invocazione, che Noi ne facevamo, giorni or sono, in nome del Natale, nelle Nostre parole domenicali verso questa stessa Piazza. Diamo lode a chi, accogliendo quella Nostra esortazione, dimostra, a suo onore ed a conforto di tanti cuori ansiosi ed afflitti, d’avere nell’animo alto sentimento di religiosa pietà, e sincero desiderio di giustizia e di pace.

Non ripeteremo Noi perciò, in questo giorno che Cristo ha reso sacro alla vita e alla pace, il Nostro invito? O uomini sapienti e uomini potenti, O uomini giovani e uomini sofferenti, venite, venite al Natale di Cristo; venite e cercate; cercate e trovate nel Vangelo, nella buona novella annunciata per il Natale, ciò che è indispensabile alla prosperità e alla pace dell’umanità. E cioè:

la scienza dell’uomo, la scienza vera della sua natura e dei suoi destini;

la legge per l’uomo, la quale deve sopra tutte le altre leggi governare ogni coscienza e ogni comunità, la legge dell’amore e perciò la fratellanza, la solidarietà, la collaborazione, la pace;

e poi l’energia all’uomo per compiere l’impresa, non mai terminata, di quella civiltà, che non soffoca i suoi cittadini, e non crolla per la mole e per il peso della sua stessa grandezza; l’energia misteriosa, che solo la fede ci può procurare.

Venite, venite tutti; e tutti ricevete in segno di questi voti, ed in pegno della loro efficacia la Nostra Benedizione Apostolica.

Nella Nostra voce, e nel Nostro gesto, è Cristo Signore che ve la concede.

         



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