DISCORSO DI PAOLO VI
ALL'UNIONE CATTOLICA DELLA STAMPA ITALIANA
E PROPOSTA DI UN ARBITRATO DELL’O.N.U.
PER LA PACE NEL VIETNAM
Festa di San Francesco di Sales
Sabato, 29 gennaio 1966
Festeggiamo insieme il Santo protettore della vostra Unione: San Francesco di Sales. Prima di tutto dobbiamo avere un pensiero di memoria e di culto per lui, il Santo; rendiamo pio onore a così grande figura della santità cattolica: predicatore, controversista, missionario, Vescovo, scrittore, dottore, direttore d’anime, fondatore della Visitazione, uno dei Santi più irradianti di esempi, dottrine, gesti, parole, corrispondenza, amicizia; alcuni tratti sembrano definirlo: la fede e la pietà, vero uomo di Dio; la dolcezza, grave, serena, affascinante; lo zelo, infaticabile, per tutti, per le anime singole; campione del cattolicesimo di fronte all’eresia calvinista, al mondo frivolo, gonfio, bellicoso, infatuato di nobiltà esteriore del primo Seicento, egli sembra sollevarsi calmo, buono, sapiente, perfetto: pochi uomini hanno dato come lui l’immagine vivente di Cristo. Conosciamolo, onoriamolo, invochiamolo. Per il fatto che Francesco di Sales è proclamato protettore degli scrittori e dei giornalisti, specialmente cioè della stampa cattolica, sarebbe giusto cercare in lui i titoli di tale sua parentela spirituale con la vostra professione: fu scrittore, dicevamo, fu un pioniere della stampa occasionale, periodica, concepita a dialogo con i lettori, rapida e finalizzata da scopi apologetici; della stampa-veicolo di idee, come la parola che vuol farsi ascoltare, entrare nelle anime; promotore di una predicazione stampata, con questo appunto di particolare: che questa predicazione si fissa nell’impressione tipografica; e perciò rimane e non perde nel pronunciarsi, come la parola, la sua sensibile virtù persuasiva, e nello. stesso tempo può moltiplicarsi indefinitamente, in tanti echi quanti sono i fogli in cui quella parola si riflette, e sempre con la tacita e prepotente pretesa di diffondersi, di universalizzarsi: ecco la stampa giornalistica, la vostra.
Qui si potrebbe approfondire il discorso cercando quali aspetti ascetici di questo rapporto tra il Santo protettore e i suoi protetti fanno da lui scendere esempi e precetti edificanti, tali da costituire qualche tipica lezione morale e spirituale atta a sollevare una professione profana ad esercizio di santificazione personale e di testimonianza cristiana; aspetti ascetici altresì, che in tale rapporto cercano le vie della pietà e della fiducia, che a lui fanno risalire un’invocazione particolare, quella del cliente autorizzato ad aprire il cuore e a chiedere favore. Tutto questo farà ciascuno di voi, per sé; e tutti insieme farete per la vostra Unione, per la vostra professione e per tutta la categoria, sempre più numerosa ed importante, dei pubblicisti. Noi invocheremo con voi e per voi un Santo che sembra tanto disposto a rispondere, anche dal Cielo, con la larga e gentile effusione di bontà e di sapienza che lo caratterizzò nella sua terrena conversazione.
Questo soffio di spiritualità religiosa, che allieta l’incontro presente, è quanto mai propizio alla considerazione delle questioni pratiche che interessano, da un lato, la vostra Unione, dall’altro la stampa cattolica al cui servizio siete tutti impegnati. L’Unione: come va? è viva, è operante? tiene accesa in ciascuno di voi quella fiamma ideale dell’apostolato della stampa cattolica, dalla cui luce, dal cui calore dovrebbe essere accesa la vostra professione? riesce a dare ai suoi iscritti quella coscienza, che la deve qualificare e che deve rimontare continuamente le energie necessarie per dare anima, una grande anima al vostro lavoro? vi tiene la vostra Unione realmente uniti? tra di voi e con quelli di tutta l’Italia, di tutta l’Europa, di tutto il mondo? vi fa crescere di numero, di speranze e di iniziative? A voi rispondere; e rispondere vuol dire riprendere coraggio e proposito per ogni migliore incremento del vostro piccolo, ma valoroso e ben concepito sodalizio.
Poi la stampa cattolica! Grande problema, sempre ricorrente, sempre d’attualità, e sempre gravato da enormi e crescenti difficoltà, come pure da enormi e crescenti doveri. Sappiamo che voi ne avvertite la gravità e l’urgenza; anzi, che voi ne soffrite i disagi, le incertezze, le remore. Un articolo, pubblicato sulla Rivista del Clero Italiano dello scorso dicembre, e scritto da Monsignor Giuseppe Amici, Arcivescovo di Modena, Presidente della Commissione Episcopale Italiana per gli strumenti di comunicazione sociale, espone molto bene il problema del quotidiano cattolico in Italia; e Noi speriamo che da un così chiaro ed autorevole esame delle condizioni della stampa cattolica italiana si rianimi la discussione sul difficile problema; e, auspice l’Episcopato, le forze cattoliche, quelle del Laicato specialmente, sappiano- trovarvi una soddisfacente soluzione. Non sarà senza fatica; e perciò impegniamo voi, pubblicisti cattolici, a collaborare con la vostra esperienza, col vostro consiglio, con la vostra dedizione a tale soluzione. Non vi dispiaccia intanto che Noi vi esortiamo a grande pazienza, a forte perseveranza, a nuova speranza. Siano intanto queste virtù, indispensabili per dare alla vostra stampa cattolica la capacità di superare la presente difficile e insoddisfacente situazione, le grazie che chiediamo al vostro Santo Protettore per la sua e vostra festa di quest’anno.
Profittiamo intanto di questa propizia occasione per ringraziarvi dell’opera vostra. Se davvero la stampa cattolica attende al grande servizio d’informazione, di formazione, di apologia della verità, di scuola dell’opinione pubblica, d’innervazione della coscienza cattolica, di eco e d’interprete della voce della Chiesa, se davvero insomma essa adempie la sua missione spirituale e sociale, essa merita questa Nostra riconoscenza; e Noi ve la esprimiamo volentieri a conforto della vostra ardua e delicata attività, ed in pegno di quelle ricompense divine che non devono mancare ad opera di tanto merito.
Profittiamo anche di questo incontro, per un accenno confidenziale ad un fatto d’attualità (i giornalisti vivono d’attualità!), che Ci riguarda direttamente e che ha fatto molto parlare la stampa, e non solo la vostra, in questi giorni. Vogliamo dire la Nostra azione per la pace.
E Ci piace con voi far notare che questa azione non è mossa da alcuna pretesa d’entrare nell’esame e nel giudizio di questioni politiche e di interessi temporali, che sono estranei alla Nostra competenza; né tanto meno Ci è suggerita dall’ambizione della pubblicità; ma Ci è parsa doverosa per la gravità della situazione e per l’esigenza del Nostro ministero, oggi tanto sensibilizzato dalle circostanze e stimolato dal recente Concilio ecumenico.
Abbiamo parlato col cuore di chi non ha alcun vantaggio proprio da conseguire, ma ha la carità di Cristo che lo spinge ad osare interventi e forme di contatti, piuttosto insolite alle procedure comuni e tanto più a quelle protocollari delle Nostre relazioni col mondo esterno alla Chiesa. Abbiamo parlato col cuore di chi non attende tanto l’esito dei suoi passi, quanto la testimonianza della propria coscienza per un dovere compiuto; col cuore di chi non ha preferenze preconcette da seguire, ma solo amore per tutti. Non abbiamo con ciò perduto il senso della giustizia, col quale devono essere giudicati gli avvenimenti; ma non abbiamo voluto erigerci a giudici di situazioni concrete; abbiamo però auspicato fortemente che la giustizia non sia mai dimenticata o tradita. Il Nostro servizio alla causa della pace non vuol essere pacifismo, che ignora diritti e doveri relativi al conflitto in questione, e che trascura di vedere le conseguenze negative, e che una sua soluzione non giusta, non equa potrebbe produrre. Opus iustitiae pax.
Ma Noi con l’invito alla tregua dapprima e poi alle trattative abbiamo voluto fare ricorso anche ad altre virtù generatrici di pace: la pazienza, lo spirito di perdono e di umanità, la magnanimità, che sa trascendere la visione delle vertenze immediate per fissarsi in quella della fratellanza dei popoli e dei destini dell’umanità. Il messaggio evangelico Ci fornisce molti argomenti in proposito; e la storia sembra volerne accogliere la segreta sapienza e darvi eloquente testimonianza.
Voi sapete qual è stato l’esito dei Nostri modesti ma audaci tentativi. Essi intanto fanno parte di quella pedagogia alla pace internazionale, alla quale C’impegna il Nostro ministero, e qualunque ne sia l’esito politico, conservano sempre il loro valore morale; e sotto questo aspetto Noi dobbiamo essere molto riconoscenti a tutti coloro che hanno risposto al Nostro invito alla pace. Molti uomini di Stato hanno fatto eco alla Nostra umile voce: Dio li benedica. Una «offensiva di pace» si è diffusa nel mondo: ecco almeno una buona conseguenza non forse disgiunta dai Nostro intervento; anche questa «offensiva di pace» merita d’essere scritta nella storia.
Noi abbiamo avuto testimonianze attendibili e autorevoli per pensare che essa mirava realmente a risolvere il conflitto per via di ragionevoli e onorevoli trattative.
È da rammaricarsi che finora essa non abbia avuto positiva accoglienza; è una grave, gravissima responsabilità rifiutare la trattativa, unica via ormai per porre fine al conflitto, senza lasciarne alle armi, alle sempre più terribili armi, la decisione. I popoli stanno a guardare! e Dio ci dovrà giudicare!
Dobbiamo ancora augurare e sperare che gli inviti alla pace negoziata non siano delusi, e che la soluzione della vertenza non sia cercata per via della forza e della distruzione, le cui conseguenze sono sempre imprevedibili e perciò tali da giustificare il timore che invade ogni animo retto al pensiero della possibilità di un conflitto armato. Chi sa che finalmente un arbitrato dell’O.N.U., affidato a nazioni neutrali, possa domani, vorremmo auspicare ancor oggi, risolvere la terribile questione. Pregheremo Iddio per questo.
Con questo voto di cuore vi salutiamo e vi benediciamo.
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