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DISCORSO DI PAOLO VI
AI MEMBRI DELL'OPERA NAZIONALE CIECHI CIVILI

Giovedì, 13 luglio 1967

 

IL PATERNO SALUTO

Salutiamo il Signor Presidente dell’Opera Nazionale Ciechi Civili, l’avvocato Vincenzo Caracciolo di Sarno, e lo ringraziamo per le parole piene di fede che egli Ci ha scritte, quando si è reso efficacissimo interprete del vostro desiderio di incontrarvi con Noi.

Salutiamo con lui i suoi collaboratori, i Dirigenti e il Personale della benemerita Opera, che cura gli interessi spirituali, morali e materiali della categoria.

E salutiamo con vivissimo affetto voi, diletti Figli e Figlie, che rappresentate ai Nostri occhi gli oltre sessantamila assistiti dall’Opera, e Ce ne portate qui l’espressione della fede e della speranza invitta; vi diamo il Nostro benvenuto, come in un solo abbraccio, vi diciamo i Nostri sentimenti di benevolenza, di simpatia, di commozione; e vorremmo che l’accento della Nostra voce dicesse a voi che, pur non potendo vedere, sapete cogliere con un senso arcano le più tenui sfumature dell’espressione; dicesse a voi, ripetiamo, tutto ciò che in questo momento si muove nel Nostro cuore: amore smisurato per voi e per quanti sono stati come voi provati, come per coloro che condividono con umile e serena rassegnazione la vostra vita; sgomento, anche, per la gravità amarissima della prova che vi è stata riservata per misteriosa permissione di Dio, prova che non si comprende se non alla luce della Croce Redentrice di Cristo; ma soprattutto ammirazione - viva, sincera, fraterna - per voi che, come ben sappiamo, avete appunto compreso la funzione misticamente purificatrice di codesta vostra prova, ne portate a fronte alta il suggello, e, senza lasciarvi piegare dalle difficoltà, sapete impiegare con onore i talenti dativi da Dio, rendendovi utili alla società con impareggiabile forza d’animo e con diligenza esemplare.

UN'ALTA LEZIONE CON SILENZIOSA DIGNITÀ

Vi esprimiamo pertanto tutto il Nostro compiacimento. Voi, con silenziosa dignità, date una grande lezione, un salutare insegnamento agli uomini in mezzo ai quali vivete, a questi uomini del nostro tempo, spesso febbrili e scontenti, angosciati e impietosi di sé e degli altri, per i quali talora sembra nuovamente avverarsi la grave parola di rimprovero e di castigo del Signore: ut videntes videant, et non videant (Marc. 4, 12; cf. Is. 6, 9-10); guardano a occhi aperti e non vedono. Il gran libro dell’universo, che si dispiega sotto i loro occhi, rimane chiuso per alcuni di essi, che non riescono a leggervi dentro la traccia lasciata dalla mano di Dio. E, come commentava Sant’Ambrogio, restano in balia della più grave sventura, poiché, dice il santo Dottore, «se è una grave perdita per un cieco non vedere l’incantevole spettacolo del sole, che grave perdita non sarà mai per il peccatore, dover sopportare le tenebre di una notte senza fine, senza poter godere del vero Sole!» (Exameron, IV, 1, 2).

Diletti Figli e Figlie. Dovremo dire allora che, a differenza di tanti infelici che non sanno più vedere, voi siete nella luce, e avete la luce, e diffondete la luce, col vostro mirabile esempio. Il mondo, perciò, ha bisogno di voi: non solo per l’opera che, nonostante l’infermità, sapete svolgere con tanta competenza e passione nella vita civile - come liberi professionisti, come insegnanti nelle scuole pubbliche, e nelle scuole speciali per ciechi, come centralinisti telefonici, come massaggiatori e come operai - ma proprio per questa missione illuminatrice, di cui il mondo, oggi, ha vero bisogno.

«GESÙ SALVATORE È PARTICOLARMENTE VICINO A VOI»

Non vi sia dunque troppo duro il cammino! Esso è privo, sì, di un grande conforto, ma sovrabbonda di consolazioni segrete e ad altri sconosciute. La fede, che vi sostiene, e che dà tanta composta bellezza ai vostri volti, ve ne ricanta ogni giorno il perché, come una fonte che silenziosamente gorgoglia senza mai finire. La presenza di Gesù Salvatore, particolarmente vicino a voi, le materne premure della Vergine Santa, Madre tenera e buona, l’appoggio vicendevole, che vi prestate nella carità fraterna, sono là a dirvi che una grande missione vi è affidata. Ed è quanto Noi stessi, unitamente ai Vescovi del Concilio Ecumenico Vaticano II, abbiamo ricordato ai sofferenti al termine del Concilio, in quel Messaggio che, come sappiamo, tanta eco ha suscitato anche nel vostro cuore: «Oh, voi tutti che sentite più gravemente il peso della croce, . . . voi che siete gli sconosciuti del dolore, riprendete coraggio: voi siete i preferiti del regno di Dio, il regno della speranza, della bontà e della vita; voi siete i fratelli del Cristo sofferente; e con Lui, se voi lo volete, salvate il mondo . . . Sappiate che voi non siete soli, né separati né abbandonati né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua vivente e trasparente immagine» (Messaggio ai Poveri, ai Malati, ai Sofferenti).

ARDENTE ADESIONE A STORICO MESSAGGIO

È quanto oggi vi ripetiamo, certi che queste parole sollevano in voi un fremito di ardente adesione e di preziosa collaborazione.

Noi vi accompagniamo con la Nostra preghiera, che vi invoca da Dio ogni consolazione e pace, serenità e forza d’animo, pazienza e perseveranza, fiducia e abbandono in Lui: e nei momenti di maggior solitudine sappiate che Noi vi siamo accanto, e preghiamo per voi. E ora, nel Nome del Signore, e in pegno della Nostra benevolenza, a tutti voi, qui presenti, impartiamo l’Apostolica Nostra Benedizione che estendiamo alle vostre dilette famiglie, a quanti come voi sono provati, e alla provvida Opera Nazionale Ciechi Civili, con un paterno, vivissimo incoraggiamento per la sua nobile e disinteressata attività assistenziale.

                                              



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