DISCORSO DI PAOLO VI
AI DIRIGENTI DELLA «DOMUS AMBROSIANA»
Sabato, 4 marzo 1967
La vostra visita e le parole testé pronunciate dall’Avv. Davide Grassi sollevano nel Nostro animo moltissimi e carissimi ricordi. Essi rimontano oltre la data del giorno testé menzionata in cui Noi abbiamo avuto la fortuna di benedire e di porre la prima pietra della nuova chiesa, dedicata a S. Ambrogio, nel nuovo quartiere costruito nel territorio di Rovagnasco dalla «Domus Ambrosiana»; risalgono all’origine di questa istituzione, sorta dopo la guerra, in un momento di grande e grave bisogno di abitazioni popolari, per merito dello zelo pastorale del Nostro veneratissimo predecessore nella Sede arcivescovile di Milano, il Cardinale Schuster e per merito altresì della carità milanese, che, anche per questa non piccola e non facile impresa, si mostrò esemplarmente comprensiva e generosa.
Poi ricordiamo le sollecitudini del compianto Mons. Vittore Maini per dare all’istituzione, benemerita di alcune grandi costruzioni, il suo assetto patrimoniale e amministrativo, che le consentì d’intraprendere la nuova grande costruzione, che prese il nome e la figura di Villaggio della «Famiglia Ambrosiana».
Non furono poche le difficoltà, i pericoli ed i problemi: godiamo di sapere che l’opera è finita, e che quanti ne hanno potuto profittare sono soddisfatti e vanno imprimendo alla bella borgata un certo aspetto, un certo spirito di comunità, che accresce assai il valore morale dell’impresa.
A Noi rimane inoltre nel cuore la compiacenza di tale singolare e rischioso tentativo, perché alla sua riuscita era collegata una precisa e, per quanto Ci riguarda, esclusiva intenzione di dimostrare con i fatti, modesti forse, ma significativi, che l’interessamento della Chiesa per i bisogni sociali, quando questi specialmente sono tormentosi e urgenti, non è soltanto teorico, verbale, esortativo, ma all’occorrenza effettivo e concreto altresì, e da parte Nostra del tutto disinteressato. Un’apologia voleva essere un’esperienza, un esempio l’audace progetto, e lo fu; aveva lo stimolo delle costruzioni tentate e riuscite del valoroso Padre Marcolini; e sappiamo che ha avuto subito altri imitatori, certo di Noi più bravi, non forse di Noi più poveri ed amorosi.
L’esperimento sembra riuscito; ringraziamo il Signore; e diamo merito di tale buon esito a quanti vi hanno impegnato tempo, competenza, studio, opera e fatica; oltre i presenti, a cui va il Nostro plauso riconoscente, non possiamo dimenticare la sempre provvida e comprensiva Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, che con sagaci e severe operazioni di credito ha favorito l’origine e lo sviluppo di questa, come di moltissime altre opere di carattere assistenziale e sociale.
Ai ricordi succedono gli auguri. Quello, per primo, che tutto si concluda felicemente, sia dal lato edilizio, che da quello amministrativo; e che il bel quartiere sempre si conservi lindo, ordinato, sereno. Poi i Nostri auguri vanno alle singole famiglie abitanti - e ormai, forse, proprietarie - delle seicento casette: a tutte, a ciascuna il Nostro benedicente saluto. Alle istituzioni nascenti un pensiero particolare; rivediamo con la memoria il nuovo Asilo con le brave Suore; vogliamo credere che non manchino ora le scuole alla moderna borgata, non manchino i campi di giuoco per i ragazzi, non manchino dappertutto, negli orti e nelle case, i fiori. E terminiamo questo Nostro giro mentale fermandoCi alla chiesa, alla nuova chiesa, che Milano degli anni sessanta erige ancora al suo S. Ambrogio - S. Ambrogio ad fontes, s’era detto! - il quale vorrà, mediante il premuroso servizio pastorale dei Padri Claretiani, mostrare ancora ai figli della sua avventurata Città quanto sia valida per ogni civile e spirituale incremento la sua celeste tutela.
Al piacere della vostra visita voi aggiungete la sorpresa d’un vostro magnifico dono: useremo volentieri la bella casula, che voi Ci presentate, e sarà offerta per voi la prima santa Messa, che, di quella rivestiti, Noi celebreremo. Questo vi dica quanto ancora Noi vi siamo vicini, quanto affettuosamente vi portiamo nel cuore e quanto effusamente tutti vi benediciamo.
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