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DISCORSO DI PAOLO VI
AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ECCLESIASTICA

Giovedì, 6 giugno 1968

 

Il Santo Padre si dice lieto e grato per la visita, poiché l’incontro desta, tra l’altro, nel suo animo una lunga serie di dolcissimi ricordi di episodi vissuti durante i suoi cinque anni di permanenza nell’Accademia, allora come sempre in piena fecondità di vita e di attività per la formazione dei giovani sacerdoti destinati alla diplomazia ecclesiastica. Sua Santità ricorda con particolare commozione la veneranda figura dell’Arcivescovo Mons. Zonghi, allora vigile operoso Presidente dell’Accademia, sottolineando lo slancio con cui il Presule metteva a disposizione di tante anime sacerdotali i molteplici tesori della sua esperienza.

Sua Santità ama ricordare che, nel tempo della sua permanenza all’Accademia, era decano degli alunni don Mariano Rampolla del Tindaro, - nipote del celebre Cardinale - che era stato ordinato Sacerdote da Benedetto XV. Con il dotto ed esemplare giovane Egli strinse una cordialissima amicizia e ne trasse vivo esempio nell’impegno di servizio alla Chiesa. Fu in quegli anni e anche dopo che Mons. Rampolla del Tindaro collaborò infaticabilmente con Lui nell’assistenza agli universitari cattolici, prima nell’ambito diocesano a Roma, poi nella FUCI nazionale.

Ricordando la vita dell’Accademia di allora e confrontandola con quella di oggi, Paolo VI ama rilevare che tante cose prima auspicate ora sono realtà, a cominciare dal recente totale rifacimento dello stabile, all’ordinamento dei servizi che fanno dell’Accademia una istituzione particolarmente viva e funzionale, come i tempi moderni richiedono.

Rivolgendosi, poi, in particolar modo ai giovani, il Santo Padre li esorta a prepararsi coscienziosamente all’attività sacerdotale che andranno a svolgere e ai particolari compiti cui potranno essere in seguito chiamati al servizio della Chiesa e delle anime. Tale vita sacerdotale e queste opere di servizio alla Chiesa possono essere sintetizzate nelle semplici parole scolpite sulla tomba del grande Cardinale Mermillod a Ginevra: «Dilexit Ecclesiam». Un modo precipuo di amare la Chiesa per questi giovani, ora che sono alunni dell’Accademia, e domani nell’esercizio dei vari uffici che saranno loro assegnati, è proprio quello di vederla e capirla al centro nella sua vera natura; e considerarla nella grande missione che essa esercita nel mondo. Bisogna, dunque, amare la Chiesa in questa ampia prospettiva, capirla, adoperarsi a diffonderla come centro di verità e di dottrina, specialmente oggi nella sua più ampia vastità e nelle moltiplicate possibilità che si offrono al suo santo ministero. Bisogna amarla e servirla con cuore forte e magnanimo sì da divenire, nei luoghi dove i giovani saranno inviati, lo specchio di quello che Roma è: il vero centro propulsore della vita ecclesiastica.



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