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DISCORSO DI PAOLO VI
A GRUPPI DI CONIUGI PER IL 25° DI MATRIMONIO

Sabato, 5 ottobre 1968

 

Diletti Figli e Figlie!

La vostra presenza

Ci riempie di gioia e di commozione insieme, per il significato che riveste l’odierno incontro con voi: un significato che ha il valore di un bilancio, per il passato, di una testimonianza, per il presente, di un programma, per l’avvenire.

Un bilancio, anzitutto. Venticinque anni or sono, le vostre vite si univano per sempre davanti all’altare, pronunciando quel «Sì» che annodava le vostre vite nell’amore più provato, nella fedeltà più totale, nel dono più irrevocabile, facendovi ministri davanti alla Chiesa del «Sacramento grande» del Matrimonio. Erano tempi dolorosi, pieni di lutti e di incertezze: 1943! Basta dirlo, quell’anno, nella sua cifra scarna per risentire ancora il brivido di esperienze terribili, per tutti. Eppure voi, proprio allora, ponevate le basi di un domani più sereno, da conquistare a duro prezzo, sì, ma che oggi potete valutare in tutta la sua ricchezza, umana e spirituale. Il vostro fu un atto di fiducia nella Provvidenza, sviluppatosi tra le prove, certamente, ma appunto per questo più prezioso e più meritorio: ed ora che vi guardate indietro riandando agli eventi quotidiani di questi venticinque anni, attorniati da quei figliuoli che furono e sono i pegni dolcissimi del vostro amore e dell’assistenza divina, voi potete meglio comprendere come la vita sia guidata da un filo impalpabile, ma forte e diritto, che ciascuno ci riannoda a Dio. Il bilancio si fa dunque inno di riconoscenza a Colui che vi ha dato giocondità pur nelle sofferenze di quegli armi, protezione e benedizione in tutte le traversie, forza d’animo per formare e difendere la vostra famiglia.

Significato di una testimonianza, poi: quella che, come sposi cristiani, siete chiamati a dare in mezzo alla comunità cristiana e in mezzo al mondo stesso. Come sposi credenti, voi certo avrete avuto difficoltà di vario genere: tanto intime quanto familiari, quanto sociali, nell’elemento imponderabile che la vita presenta continuamente a ogni uomo, pur che abbia un minimo di spina dorsale, e soprattutto non risparmia alle coppie cristiane, ai focolari cristiani. Siete vissuti in un’epoca di profonde trasformazioni civili, etiche, spirituali; il vostro matrimonio è fiorito in un mondo che, più sfacciatamente che in altre epoche, ha difeso e celebrato con tutti i mezzi il naturalismo, l’edonismo, i «diritti dell’amore» come ardiscono chiamarli, fino all’esaltazione antievangelica, dichiarata e programmata, di ciò che uccide la famiglia nella sua stessa essenza. Nonostante questo, voi avete provato con mano come Dio non abbandoni mai chi in Lui crede: voi avete sperimentato come la grazia copiosa del Sacramento sia stata sempre pronta a discendere su di voi, nei momenti lieti come in quelli tristi, nelle crisi e nei dubbi, nelle fatiche stremanti dell’educazione dei figli, nelle risorgenti apprensioni per la loro riuscita, nelle fascinose insinuazioni del male, dei cattivi esempi.

Quest’esperienza unica vi rende ora testimoni della bellezza, della grandezza, della santità del vincolo matrimoniale davanti ai vostri figli, che devono affrontare la vita sull’esempio dei loro genitori; e davanti alle coppie più giovani, compiendo per esse quell’apostolato a cui abbiamo chiamato le coppie più sensibili nella Nostra recente Enciclica «Humanae Vitae»: consigliando, guidando, richiamando principi che sono stati luce e forza per voi, e che soli garantiscono agli sposi la vera, duratura felicità terrena, preparazione e simbolo di quella celeste. La stessa Udienza di oggi, a cui avete desiderato di partecipare, e a cui siete venuti tanto fervorosamente, Ci dice che volete assumervi quest’onorifica e volonterosa testimonianza, in un momento tanto delicato e urgente com’è quello presente.

Significato di un programma, infine: perché la vita di due sposi non si può mai dire conclusa, avendo sempre nuovi programmi di attività a cui dedicarsi, fino all’ultimo respiro: e c’è forse mai riposo per una mamma, che, diventando nonna, ricomincia a rivivere le sue esperienze piene di saggezza; o per un papà che voglia veramente vivere a fondo la sua magnifica vocazione? Il Concilio Ecumenico ha tracciato questo programma alle famiglie cristiane quando le ha definite ciascuna come una «Chiesa domestica» (Lumen Gentium, 11), come un «tirocinio di apostolato» (Apostolicum actuositatem, 30), e il «primo seminario», nel cui seno sbocciano le vocazioni (Optatam totius, 2): esse sono chiamate a sviluppare pienamente i germi della grazia, affinché, rendendosi terreno fertile per l’esercizio di tutte le virtù, possano costituire come il tessuto connettivo della società civile, e soprattutto della Chiesa, a cui generano i figli destinati ad entrarvi a pieno diritto di cittadinanza, fino al Regno dei Cieli.

Sia questo il vostro programma, da perseguire oggi come venticinque anni fa, per dare alla vostra famiglia quella piena fecondità spirituale, a cui essa è stata chiamata dal comando primigenio di Dio, e consacrata con la benedizione nuziale. Noi ve lo auguriamo di cuore: e a tanto vi incoraggiamo con la propiziatrice Apostolica Benedizione, che attiri su di voi, sui vostri figli «e sui figli dei vostri figli, fino alla terza e alla quarta generazione» la costante pienezza delle grazie e delle consolazioni del Signore. Amen, Amen.



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