APPELLO DI PAOLO VI
PER GENEROSI AIUTI AL PAKISTAN ORIENTALE
Mercoledì, 2 giugno 1971
Lasciate ora che Noi aggiungiamo una parola su altro tema.
Fra le pene che affliggono il Nostro animo in questo tempo vi è quella delle tristi condizioni delle popolazioni del Pakistan orientale. Sono note le cause, del cui valore politico non tocca a Noi giudicare. Guardiamo lo stato della regione, già terribilmente provata, lo scorso anno, dall’inondazione devastatrice del Gange, per la quale Noi pure abbiamo cercato di recare soccorso e d’invocare quello della Chiesa nel mondo. Fu allora che la carità dei Fratelli e delle istituzioni cattoliche di assistenza diede prova pronta e generosa della propria solidarietà verso il Pakistan colpito dalla grave calamità. Noi stessi, in viaggio verso le Filippine, nel novembre passato, volemmo fare una breve sosta notturna a Dacca, per testimoniare alle Autorità e alla popolazione il Nostro particolare interesse. A distanza di pochi mesi un’altra e ancora più grave perturbazione ha sconvolto la regione orientale del Paese, suscitando un conflitto civile di non piccole proporzioni. Due fenomeni dolorosi reclamano ancora la sollecitudine dei buoni: il fenomeno dell’evasione di grande parte di abitanti - si parla di due, tre milioni di povera gente - che si trova ora in pietosissime condizioni. L’altro fenomeno riguarda la popolazione rimasta nel proprio territorio, e della cui difficile e grave situazione l’opinione pubblica nelle passate settimane è stata ampiamente informata e dolorosamente colpita. Sappiamo che già da varie parti si cerca di far giungere soccorsi, sia alla moltitudine dei profughi, sia alla popolazione restata in patria. La solidarietà umana, ancora una volta, sta dimostrandosi provvida e generosa; e Noi la incoraggiamo, anche con i Nostri mezzi, sebbene impari a tanto bisogno, e ancor più con la Nostra esortazione.
Ma ciò che più occorre è la pace. E Noi facciamo voti che essa sia prontamente ristabilita e difesa dai pericoli di più ampi conflitti, nelle forme migliori, che tengano conto delle particolari condizioni delle popolazioni e della comune necessità di impedire che l’Asia sia turbata da nuovi e pericolosi conflitti, e sia piuttosto sostenuta nella libera concorde e originale evoluzione verso la sua moderna civiltà.
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