DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA PRESENTAZIONE DELL'EDIZIONE ITALIANA
DEL «MESSALE ROMANO»
Sabato, 17 marzo 1973
Figli carissimi,
Siamo lieti di accogliere in questa Udienza gli incaricati della versione ufficiale italiana del «Messale Romano», venuti a presentarci in omaggio la prima copia della edizione definitiva. È un incontro che ci offre l’occasione propizia di congratularci con voi per il vostro lavoro paziente e nascosto, ma quanto mai prezioso, felicemente portato a compimento; lavoro che, dopo l’introduzione della lingua parlata nella liturgia, deve annoverarsi tra gli impegni più urgenti imposti dal rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano. Possiamo perciò ben dire che la vostra fatica segna una tappa particolarmente importante e significativa nel cammino della riforma liturgica in corso in Italia, e costituirà senza dubbio uno dei coefficienti più validi per la sua efficacia spirituale e pastorale in seno al Popolo di Dio.
Non ci sfugge la complessità di questa impresa, come pure le sue molteplici e gravi difficoltà di carattere letterario, esegetico, pastorale, editoriale che solo potevano essere affrontate con la collaborazione di uno scelto corpo di esperti. Lo stesso S. Girolamo, che pure nell’arte di tradurre i testi sacri era espertissimo, così si esprimeva circa la gravità di un tale compito: «Se traduco alla lettera, mi suona assurdo: se, per necessità, mi scosto un po’ dalla costruzione e dalle parole, mi pare di mancare al mio dovere di traduttore» (Chron. Eus. Pamph. praef.: PL 27, 35).
Si trattava, infatti, per voi non soltanto di riprodurre con esattezza e fedeltà il senso genuino del testo liturgico originale; ma la vostra versione, essendo destinata a far parte dei riti liturgici stessi, doveva altresì adattarsi alla comprensione di tutti, e nello stesso tempo presentare quei caratteri di ieratica gravità e di venustà di espressione, che si addicono necessariamente alla dignità della lingua liturgica della Chiesa. Un tesoro vi è stato affidato, le cui ricchezze nascoste dovevano essere per opera vostra messe a profitto della comunità ecclesiale italiana. A voi si potevano legittimamente applicare le parole con cui S. Vincenzo di Lerino spiegava la raccomandazione di S. Paolo Depositum custodi: «Hai ricevuto in deposito dell’oro, devi a tua volta dare dell’oro: non voglio che tu mi scambi un metallo con l’altro; non voglio che tu al posto dell’oro sostituisca impudentemente del piombo . . . Se dici le cose in forma nuova, non devi però dire cose nuove» (Comm. 22: PL 50, 667).
Daremo lode di quest’opera e dei suoi risultati innanzitutto alla Conferenza Episcopale Italiana, a cui manifestiamo in questo momento i sentimenti della nostra riconoscenza. Ma dobbiamo insieme tributare un particolare elogio e ringraziamento a voi tutti qui presenti, ben sapendo la dedizione, la competenza e la perizia con cui avete egregiamente compiuto il non facile compito a voi affidato. Conosciamo anche lo spirito con il quale vi siete prodigati in questo servizio; spirito non puramente tecnico e professionale, ma spirituale soprattutto, guidato e sorretto da quell’amore alla Chiesa e da quella squisita sensibilità pastorale, che devono essere propri di chi ha l’onore di dedicare le sue energie al bene delle anime.
Noi siamo fiduciosi che l’uso di questo Messale Romano varrà a rinnovare degnamente il volto delle sacre celebrazioni eucaristiche.
Formuliamo perciò l’augurio che la vostra fatica contribuisca ad aprire sempre più largamente le ricchezze della liturgia al popolo santo di Dio, in modo che i testi sacri, più facilmente compresi e meditati, possano nutrire e promuovere una più intensa vita cristiana. A tal fine vi impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione, che desideriamo estendere a quanti hanno collaborato con voi a questa nobile impresa.
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