MESSAGGIO DI PAOLO VI IN OCCASIONE
DELL'OSTENSIONE TELEVISIVA DELLA SACRA SINDONE
Venerdì, 23 novembre 1973
Al venerabile Fratello nostro il Cardinale Michele Pellegrino, Arcivescovo di Torino, e a tutta la Santa e diletta Chiesa affidata al suo ministero pastorale ed in piena comunione con noi! Ed a quanti, mediante la radio e la televisione, seguono questa cerimonia.
Noi pure, come fossimo presenti, fissiamo lo sguardo del nostro spirito con la più attenta e devota ammirazione sulla sacra Sindone, di cui a Torino, custode di così singolare cimelio, è ora predisposta una pia e straordinaria ostensione.
Sappiamo quanti studi si concentrano intorno a codesta celebre reliquia, e non ignoriamo quanta pietà fervida e commossa la circondi. Noi personalmente ancora ricordiamo la viva impressione, che si stampò nel nostro animo quando, nel maggio 1931, noi avemmo la fortuna di assistere, in occasione d’un culto speciale tributato allora alla sacra Sindone, ad una sua proiezione sopra uno schermo grande e luminoso, ed il volto di Cristo, ivi raffigurato, ci apparve così vero, così profondo, così umano e divino, quale in nessuna altra immagine avevamo potuto ammirare e venerare; fu quello per noi un momento d’incanto singolare.
Qualunque sia il giudizio storico e scientifico che valenti studiosi vorranno esprimere circa codesta sorprendente e misteriosa reliquia, noi non possiamo esimerci dal fare voti che essa valga a condurre i visitatori non solo ad un’assorta osservazione sensibile dei lineamenti esteriori e mortali della meravigliosa figura del Salvatore, ma possa altresì introdurli in una più penetrante visione del suo recondito e affascinante mistero.
Noi pensiamo all’ansioso desiderio che la presenza di Gesù nel Vangelo suscitava di vederlo; più che curiosità attrazione. Così Zaccheo, che, come ricorda l’evangelista Luca, «cercava di vedere Gesù» (Luc. 19, 3); così i Greci arrivati a Gerusalemme proprio al momento della manifestazione messianica così detta delle Palme, i quali si rivolgono all’apostolo Filippo chiedendo: «Noi vogliamo vedere Gesù» (Io. 12, 21).
Vedere Gesù! Noi pensiamo alla faccia straziata e sfigurata di Cristo paziente, quale ce la descrive il profeta Isaia: «Non ha alcuna bellezza, né splendore: noi l’abbiamo visto e non aveva alcuna apparenza, . . . l’ultimo degli uomini, l’uomo dei dolori, . . . e noi l’abbiamo considerato come un lebbroso . . . » (Is. 53); lui,
Sì, noi ripensiamo a quel volto benedetto, che nella notte della trasfigurazione sul monte, abbaglia gli occhi esterrefatti dei tre discepoli in un’apparizione indimenticabile (Matth. 17, 2-6; 2 Petr. 1, 16-18), quasi esoterica, teologica, che Gesù apre davanti a loro, ma che poi, all’ultima cena, quando uno con ingenuo trasporto gli chiede di fargli vedere il Padre invisibile e ineffabile, dichiara: «Chi vede me, vede il Padre» (Io. 14, 9).
Allora: quale fortuna, quale mistero vedere Gesù (Cfr. Matth. 13, 16), Lui, proprio Lui! Ma per noi, lontani nel tempo e nello spazio, questa beatitudine è sottratta? come anche noi potremmo fissare lo sguardo in quel viso umano, che in Lui rifulge quale Figlio di Dio e Figlio dell’uomo? siamo forse anche noi, come i viandanti sul cammino di Emmaus con gli occhi annebbiati, che non riconobbero Gesù risorto nel pellegrino che li accompagnava? (Luc. 24, 16) Ovvero dovremo rassegnarci, con la tradizione, attestata, ad esempio, da S. Ireneo e da S. Agostino, a confessare del tutto ignote a noi le sembianze umane di Gesù? Fortuna grande dunque la nostra, se questa asserita superstite effigie della sacra Sindone ci consente di contemplare qualche autentico lineamento dell’adorabile figura fisica di nostro Signore Gesù Cristo, e se davvero soccorre alla nostra avidità, oggi tanto accesa, di poterlo anche visibilmente conoscere! Raccolti d’intorno a così prezioso e pio cimelio, crescerà in noi tutti, credenti o profani, il fascino misterioso di Lui, e risuonerà nei nostri cuori il monito evangelico della sua voce, la quale ci invita a cercarlo poi là, dove Egli ancora si nasconde e si lascia scoprire, amare e servire in umana figura: «Tutte le volte che voi avrete fatto qualche cosa per uno dei minimi miei fratelli, l’avrete fatto a me» (Matth. 25, 40).
Torino, gloriosa e devota della sua sacra Sindone, ben ha saputo e sa cogliere questa voce rivelatrice.
Sia a Torino tutta, ed a quanti ci ascoltano, simolo e premio la nostra Apostolica Benedizione.
PAULUS PP. VI
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