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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
ALLA «VIA CRUCIS» AL PALATINO

Venerdì, 8 aprile 1977

 

Fratelli!

Noi siamo turbati! Non si percorre indarno la Via Crucis senza sentire ripercosso nel nostro spirito il dramma doloroso del supplizio straziante ed infamante inflitto al Signore Gesù: la crudeltà della pena e l’ingiustizia della condanna ci commuovono profondamente. «Egli non ha fatto niente di male» (Luc. 23, 41). Perfino il Centurione, che aveva comandato il plotone di esecuzione dovette riconoscerlo: «Costui era un uomo giusto» (Ibid. 47). E così gli altri presenti al crudele spettacolo.

E noi, Fratelli? anche noi, se abbiamo seguito il triste cammino, se abbiamo intuito il carattere sacrificale e perciò universale della morte sofferta da Gesù Cristo, ci sentiamo coinvolti nella sua uccisione; noi siamo complici ! Ma è proprio al momento in cui la nostra compassione si rivolge contro noi stessi come una inevitabile accusa dell’uccisione di questa vittima innocente che il nostro rimorso si trasforma in speranza, si tramuta in riconoscenza e piange di gioia. Egli, Gesù, il Figlio dell’uomo, Egli, il Figlio di Dio, è stato crocifisso dai nostri peccati, piangiamo; è stato crocifisso per i nostri peccati, esultiamo. Noi ora abbiamo rievocata la tragedia redentrice dell’Agnello che ha dato la sua vita per noi, per ciascuno di noi. Si spalanchi il mistero, con le parole di San Paolo: «Egli, Cristo, amò me, e diede se stesso per me» (Gal. 2, 20); e salgano alle nostre labbra le impetuose parole: «Signore, io tutto vi do» (Pascal, Bossuet).

E gli altri? Noi pensiamo alla moltitudine umana ben più sconfinata che quella ora davanti a noi, la moltitudine della società, del mondo.

Giungerà ad essa l’eco almeno di questa grande storia di dolore e di amore, ch’è la via della Croce? Di dolore, ch’è figlio, parente almeno, della violazione dell’ordine, della violazione maggiore, ch’è peccato; di amore, di quello diciamo, che non ha emulo maggiore, se non nel sacrificio di chi dà la propria vita per le persone amate, com’è nel Vangelo della Croce (Io. 15, 13). Ebbene, uditori lontani e al nostro spirito tanto vicini, sappiate che ora voi siete qui presenti, nella nostra affezione, nella nostra stima, nella nostra preghiera per voi!

Per voi uomini di pensiero; dove troverete voi luce maggiore che in questa sapienza della Croce vittoriosa del mistero che avvolge il destino della vita umana? per voi, uomini del potere; dove avrete voi la forza di rendere provvida l’opera vostra, se non nell’economia dell’amore generoso? per voi, per voi, uomini del lavoro e della fatica, che il possesso bramato dell’avere il vostro pane mette spesso in lotta sistematica con la società, chi darà il pane della vita, della libertà e della giustizia, se non Colui che invita senza fallire alle sue promesse : «venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò»? (Matth. 11, 29)

Oh! come vorremmo che in questo istante, nel quale la Croce di Cristo si fa luminosa, si effondesse dal suo sangue divino la sua divina certezza di bontà, di speranza e di beatitudine!

Oh! lo possa in raggio senza confine, con la nostra Benedizione Apostolica!

                                       



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