ENCICLICA
SINGULARI QUIDEM
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO IX
Ai Nostri Diletti Figli Cardinali di Santa Romana Chiesa e ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi di tutti gli Stati imperiali e regi d’Austria.
Il Papa Pio IX. Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
Abbiamo appreso con gioia particolare dell’animo Nostro, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, che – solleciti nell’assecondare con grande fervore i desideri espressi quasi contemporaneamente a ciascuno di Voi da Noi stessi e dal Nostro carissimo Figlio in Cristo, l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe – per ispirazione della fede che vi distingue e del vostro zelo pastorale, avete deciso di riunirvi in codesta città imperiale e regia di Vienna per discutere e conferire tra di Voi, in modo che possano essere perfezionate tutte le cose che furono sancite da Noi con lo stesso carissimo in Cristo Figlio Nostro in quella Convenzione che lo stesso preclaro e religiosissimo Principe ha avuto cura di concludere con Noi con somma Nostra consolazione, ad immortale gloria del suo nome, restituendo alla Chiesa i suoi diritti usurpati, recando letizia a tutti gli uomini onesti. Quindi con Voi, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, Ci congratuliamo vivamente per il lodevole zelo che mostrate verso la Chiesa convocando codesta assemblea, né possiamo astenerci in questa circostanza dal parlarvi con grande amore, dal mostrarvi i sentimenti intimi del Nostro cuore e farvi così comprendere quanto è grande l’affetto che nutriamo verso di Voi e verso tutti i popoli fedeli di codesto vastissimo Impero affidato alla vostra cura.
Anzitutto, per ciò che concerne l’esecuzione della convenzione predetta, sappiate bene che essa contiene molti articoli che Voi soprattutto dovrete applicare, perciò desideriamo vivamente che circa il modo di dar loro esecuzione, Voi vogliate seguire una stessa sicura via e lo stesso metodo, avendo cura tuttavia di prendere con prudenza e attenzione tutte le precauzioni che potranno richiedere le usanze delle diverse province aggregate al vastissimo Impero d’Austria. Se alcuni articoli danno adito a dubbi, se sorgono difficoltà (cosa che non crediamo), Vi saremo grati se Ce lo riferirete in modo che, confrontati i pareri tra Noi e sua Maestà Cesarea Apostolica, così come è stato previsto dall’articolo trentacinquesimo della stessa Convenzione, possiamo darvi le opportune delucidazioni.
Ora, l’ardente carità che Ci fa abbracciare in un unico sentimento d’amore tutto il gregge del Signore, divinamente affidatoci da Gesù Cristo medesimo, e il gravoso incarico del Nostro Ministero Apostolico per cui dobbiamo provvedere con ogni Nostra forza alla salvezza di tutte le nazioni e di tutti i popoli, Ci sospingono, Nostri Diletti Figli e Venerabili Fratelli, a sollecitare sempre più, con tutta l’energia di cui siamo capaci, la vostra insigne pietà e la vigile virtù episcopale perché continuiate ad adempiere con zelo sempre più ardente e con la più premurosa diligenza tutte le funzioni del vostro ufficio episcopale, senza risparmiare né affanni, né consigli, né fatiche per conservare intatto e inviolabile nelle vostre Diocesi il patrimonio della nostra santissima fede. Vegliate sulla incolumità del vostro gregge, preservatelo da tutte le frodi e le insidie dei nemici. Infatti Voi conoscete bene gli infami artifici, le numerose macchinazioni e le mostruose invenzioni di ogni genere di opinioni con cui astuti architetti di dogmi perversi tentano di deviare dal sentiero della verità e della giustizia e di trascinare nell’errore e nella perdizione gli improvvidi e soprattutto gli sprovveduti. E neppure ignorate, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, che tra i tanti e mai abbastanza deplorati mali che turbano e sconvolgono la società ecclesiastica e civile, ora ne emergono in particolare due, che si possono considerare a buon diritto come l’origine di tutti gli altri. A Voi infatti sono anzitutto noti gli innumerevoli e funestissimi danni che sulla società cristiana e civile si riversano dal fetido errore dell’indifferentismo. Da qui la grave negligenza in tutti i doveri verso Dio in cui viviamo, ci muoviamo e siamo; da qui trascurata la santissima religione; da qui scosse e quasi sconvolte le fondamenta di ogni diritto, della giustizia e della virtù. Da questa ignobile forma d’indifferentismo non molto si scosta la teoria, eruttata dalle tenebre, dell’indifferenza delle religioni per cui uomini estranei alla verità, avversari del vero credo religioso e immemori della loro salute, docenti di principi contraddittori e sprovvisti di solido convincimento, non ammettono alcuna differenza tra le professioni di fede più divergenti, vivono in pace con tutti, e pretendono che a tutti, a qualunque religione appartengano, sia aperto l’ingresso alla vita eterna. Infatti nulla importa loro, sebbene di diverse tendenze, pur di cospirare alla rovina dell’unica verità [Tertull., De praescript., cap. 41].
Voi vedete, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, di quale vigilanza occorre dar prova per impedire che il contagio di una peste tanto funesta infetti e distrugga miseramente le vostre pecore. Pertanto non rinunciate a premunire con zelo da questi esiziali errori i popoli a Voi affidati; a istruirli ogni giorno più intimamente nella dottrina della verità cattolica; a insegnare loro che, come vi è un solo Dio Padre, un solo Cristo Figlio di Lui, un solo Spirito Santo, così vi è una sola verità divinamente rivelata, una sola fede divina, principio d’umana salvezza, fondamento di ogni normativa per la quale il giusto vive, e senza la quale è impossibile piacere a Dio e pervenire alla comunione dei suoi figli (cf. Rm 1,16-17; Eb 11,5) [Conc. Trid., sess. 6, cap. 8]; non vi è che una vera, santa, cattolica, Apostolica, Romana Chiesa e una sola Cattedra fondata dalla voce del Signore su Pietro [S. Cyprian., Epist. 43], e all’infuori di essa non si trova né la vera fede né la salute eterna, in quanto non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre e assurdamente confida di appartenere alla Chiesa colui che abbandona la Cattedra di Pietro sulla quale è fondata la Chiesa [S. Cyprian., De unitat. Eccl.]. Infatti non vi può essere maggior delitto e nessuna macchia più ripugnante che essersi posto contro Cristo; aver operato per la distruzione della Chiesa, generata e assicurata dal Suo sangue divino; aver lottato con il furore di ostile discordia contro l’unanime e concorde popolo di Dio, avendo dimenticato l’amore evangelico [S. Cyprian., Epist. 72]. Invero, il culto divino si compone di questi due elementi: di pie dottrine e di buone azioni; né la dottrina senza opere buone è gradita a Dio, né Dio accoglie le opere distinte dai dogmi religiosi; non nella sola pratica delle virtù o nella sola osservanza dei precetti, ma anche nel cammino della fede si trova l’angusta e ardua via che conduce alla vita [S. Cyrill. Hierosol. Cath. IV. Illuminand. n. 2; S. Leo, Serm. 5, De Nativit. Dom.]. Quindi non desistete di ammonire e incitare continuamente i vostri popoli fedeli, in modo che non solo persistano irremovibili, ogni giorno di più, nella professione della religione cattolica, ma si adoperino anche di rendere salda la loro vocazione e la loro scelta attraverso le buone opere. Mentre poi Vi impegnate ad assicurare la salvezza del vostro gregge, non trascurate di richiamare con tanta bontà, tanta pazienza, tanta dottrina, i poveri erranti all’unico ovile di Cristo e di ricondurli all’unità cattolica soprattutto con queste parole di Agostino: “Venite, Fratelli, se volete essere innestati sulla vite. È doloroso vedervi giacere in terra così recisi; contate soltanto sui sacerdoti provenienti dalla Sede di Pietro e considerate come su quel soglio dei nostri padri l’uno successe all’altro; quella è la pietra che non può esser vinta dalle superbe porte degl’inferi [S. Agos. In psal. contr. part. Donat.]. Chiunque mangerà l’agnello fuori di questa casa, è un empio; se qualcuno non sarà nell’arca di Noè, perirà nel momento del diluvio” [S. Hieronym., Epist. 14, al.; 58 ad Damas.].
Invero un’altra malattia non meno perniciosa ora infierisce, e ad essa, dalla tracotanza e da un certo orgoglio della ragione, è stato dato il nome di razionalismo. La Chiesa non disapprova certamente gli sforzi di coloro che perseguono la verità [Lactant., Divin. Institut., lib. 3, cap. 1] poiché Dio stesso attribuì all’uomo una ardente inclinazione alla conquista del vero, né biasima un retto e sano metodo di studi che coltivino la mente, investighino la natura, e portino in piena luce ogni suo più riposto arcano. La Chiesa, madre piissima, sa e ritiene con certezza che fra i doni celesti [Clemens Alex., Stromat., lib. 1, cap. 3, lib. 2, cap. 2, et Gregor. Thaumaturg. Orat. panegyr., cap. 7, 13] è soprattutto ragguardevole quello che consiste nella ragione per la quale, innalzandoci al di sopra di ciò che è soggetto ai nostri sensi, rechiamo in noi stessi una certa luminosa immagine di Dio. Essa ben sa che bisogna cercare fin quando troverai, e credere in ciò che hai trovato, in modo che tu ti persuada che non vi è nulla in cui credere, nulla da ricercare, una volta che tu abbia trovato e creduto in ciò che Cristo ha istituito, poiché Cristo ti ordina di cercare soltanto ciò che ha stabilito [Tertull., De praescript., cap. 9].
Che cosa dunque la Chiesa non tollera, non permette; che cosa essa biasima e condanna senza remissione, in linea con lo stretto dovere di tutelare il deposito divino? La Chiesa respinge con veemenza, sempre condannò e condanna il comportamento di coloro che, abusando della ragione, non arrossiscono né temono di opporla e di anteporla, con empia stoltezza, all’autorità della parola di Dio e mentre con arroganza si esaltano, accecati dalla propria superba presunzione, perdono il lume della verità, disprezzano con supremo orgoglio la fede in cui sta scritto che chi non crede sarà condannato (Mc 16,16) e confidando in sé stessi [S. Hilar., De Trinit., lib. 4], negano di dover credere allo stesso Dio e di dover rispettare ciò ch’Egli di sé offerse alla nostra intelligenza. È a costoro che la Chiesa, con fermezza, obietta che è giusto [Cassian., De Incarnat., lib. 4, cap. 2], avendo cognizione del divino, credere in Dio stesso, a cui appartiene tutto quanto di Lui crediamo, poiché, come è logico, Dio non poteva essere conosciuto dall’uomo se Dio non lo avesse dotato della salvifica cognizione di sé. Sono costoro che la Chiesa cerca di richiamare alla sanità della mente con queste parole: che cosa vi è di più contrario alla ragione che cercare di elevarsi con la ragione al di sopra della ragione? E che cosa vi è di più contrario alla fede che rifiutare di credere in ciò che la ragione non può disvelare [S. Bernardo, Epist. 190]? La Chiesa non desiste dall’insegnare ad essi che la fede non è fondata sulla ragione, ma sull’autorità [S. Bernardi, De Considerat., lib. 5, cap. 3]; infatti non conveniva che Dio, parlando all’uomo, confermasse le sue parole con argomenti, come se non avesse fede in lui, ma, come era logico, Dio ha parlato come supremo arbitro di tutte le cose: a Lui non si addice l’argomentare ma l’affermare [Lactant., Divin. institut., lib. 3, cap. 1]. Ad essi esplicitamente dichiara che la sola speranza dell’uomo e la sua sola salvezza sono poste nella fede cristiana (che, insegnando la verità, e con la divina sua luce dissipando le tenebre dell’umana ignoranza, opera per amore) e nella Chiesa cattolica, depositaria del vero culto, stabile dimora della stessa fede e tempio di Dio, fuori del quale, fatta salva la scusa di una invincibile ignoranza, chiunque resta escluso dalla speranza di vita e di salvezza.
Essa li ammonisce severamente e insegna che la scienza umana, se talora affronta i sacri testi, non deve avocare a sé, con arroganza, il diritto d’interpretarli ma, come un’ancella alla padrona, servirli con devoto ossequio, in modo che non erri spingendosi innanzi e, nel seguire i significati superficiali delle parole, non perda il lume della virtù e il retto sentiero della verità [S. Pier. Dam., Opuscul. 36, cap. 5]. Né si deve pensare che nella Chiesa di Cristo la religione non abbia fatto alcun progresso; infatti ha progredito assai, purché il vero progresso stia nella fede e non nell’alterarla. Occorre dunque che crescano e progrediscano sensibilmente, nel corso delle età e dei secoli, l’intelligenza, la scienza, la saggezza sia dei singoli che di tutti, dell’uomo singolo e di tutta la Chiesa, in modo che sia compreso chiaramente ciò che prima era creduto oscuramente; in modo che la posterità si compiaccia di capire ciò che gli antichi veneravano senza averne conoscenza; in modo che siano estratte le preziose gemme della divina dottrina, che siano incastonate e adornate con perizia, splendano di luce, di grazia e di bellezza senza tradire tuttavia il dogma, il senso, il pensiero, in modo che siano esposte in modo nuovo ma senza introdurre novità alcuna [Vinc. Lirin., Commonitor.].
Noi crediamo, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, che nessuno tra Voi si meravigli se, in ragione del Nostro primato e della Nostra autorità in materia di fede [S. Ambros., De Incarnat., cap. 4, n. 32; Cassian., De Incarnat., lib. 3, cap. 12], abbiamo insistito su questi esiziali e funesti errori che riguardano la religione e la società, e se abbiamo deliberato di sollecitare la vostra straordinaria vigilanza al fine di sconfiggerli. Poiché il nemico non desiste dal seminare zizzania in mezzo al grano e poiché Noi, per disposto della Divina Provvidenza, presiediamo alla coltivazione del campo del Signore, e come servi fedeli e prudenti siamo stati posti a capo della famiglia del Signore [S. Ambros., De fide ad Gratian. Imperator., lib. 5, in prolog.], dobbiamo adempiere quei doveri inseparabili dal Nostro ufficio Apostolico.
Ora Noi chiediamo alla vostra pietà e alla vostra saggezza che in codesto congresso possiate raggiungere tra di Voi quelle provvide e sapienti decisioni che avrete giudicato atte a promuovere la maggior gloria di Dio nelle regioni di codesto vastissimo Impero e l’eterna salute degli uomini. È pur vero che Noi ci allietiamo ardentemente nel Signore quando sappiamo che vi sono molti ecclesiastici, molti laici che, egregiamente animati dallo spirito della fede e della carità cristiana, diffondono il soave profumo di Cristo; tuttavia siamo afflitti da non lieve pena quando veniamo a sapere che in certi luoghi alcuni sacerdoti, dimentichi della dignità del loro magistero, non procedono affatto conformemente a quella vocazione cui sono stati chiamati, e che il popolo cristiano, poco istruito nei santissimi precetti della nostra divina religione ed esposto ai più gravi pericoli, si astiene per sua disgrazia dalle opere di pietà e dalla frequentazione dei Sacramenti e deflette dalla onestà dei costumi, dalle regole di vita cristiana e corre verso la perdizione. Siamo intimamente persuasi che Voi, con la vostra ammirevole premura episcopale, consacrerete ogni cura e pensiero per eliminare del tutto i mali che abbiamo ricordato. E poiché Voi sapete benissimo, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, quanto potere abbiano i Concili Provinciali (sapientemente prescritti dalle regole canoniche e sempre frequentati dai santi Prelati per il supremo bene della Chiesa) al fine di restaurare la disciplina dell’Ordine ecclesiastico, di correggere i costumi dei popoli e di stornare i mali che ne derivano, desideriamo ardentemente che Voi celebriate i Sinodi Provinciali secondo le regole dei sacri canoni, in modo da applicare opportuni ed efficaci rimedi ai mali comuni di ogni provincia ecclesiastica di codesto Impero. E siccome Voi dovrete trattare in codesti Sinodi Provinciali questioni numerose e gravi, facciamo voto che grazie alla Vostra saggezza, in codesta assemblea Viennese, con animi concordi adottiate quelle risoluzioni in cui possiate raggiungere l’unanimità, sia soprattutto sulle questioni principali che nei Sinodi Provinciali dovrete trattare e decidere, sia su quelle che vorrete affrontare con lo stesso impegno unitario, affinché in tutte le province di codesto Impero la divina nostra religione e la sua dottrina salvifica ogni giorno di più si affermino, fioriscano, prevalgano e i popoli fedeli, allontanandosi dal male e operando il bene, procedano come figli della luce nella bontà, nella giustizia e nella verità.
Di tutti i mezzi che possono efficacemente condurre gli altri alla virtù, alla pietà e all’amore di Dio, nessuno è più valido della vita e dell’esempio di coloro che si dedicarono al divino ministero; perciò non tralasciate di adottare tra Voi, con tutto il vostro zelo, quei provvedimenti che restaurino la disciplina del Clero, ove si sia rilassata, e che la promuovano con cura dove sarà necessario. Di conseguenza, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, messi in comune e congiunti i vostri pareri e i vostri impegni, fate in modo, con tutto il vostro zelo, che gli ecclesiastici, sempre memori della dignità del loro ufficio, evitino tutto ciò che è vietato al Clero e che non gli si addice; ornati di tutte le più fulgide virtù, siano di esempio ai fedeli nelle parole, nei rapporti sociali, nella carità, nella fede, nella castità; recitino le ore canoniche quotidiane con l’attenzione che si conviene e con sentimento di devozione; si esercitino nella santa preghiera e insistano nella meditazione sui beni celesti; amino il decoro della casa del Signore; adempiano alle sante funzioni e alle cerimonie secondo il Pontificale e il Rituale Romano e svolgano con impegno, con sapienza e con santità l’incarico del proprio ministero; non interrompano mai lo studio delle sacre discipline e operino assiduamente per l’eterna salvezza degli uomini.
Con uguale cura provvedete che tutti i Metropolitani, i Canonici della Cattedrale e della Chiesa collegiale e gli altri Beneficiari addetti al coro, per severità di costumi, per integrità di vita e per pratica di pietà cerchino di splendere ovunque, come ardenti lucerne di un candelabro posto nel tempio del Signore, e adempiano con zelo a tutti i doveri del loro ministero, osservino l’obbligo di residenza, curino la magnificenza del culto divino, innalzino nelle veglie assidue le divine lodi del Signore con zelo, secondo il rito, con religiosa devozione e non, invece, con animo distratto, con occhi vaganti, con indecoroso atteggiamento della persona; non dimentichino mai che accedono al coro non solo per tributare a Dio un rito di adorazione, ma anche per invocare da Dio ogni bene per sé e per gli altri. Ognuno di Voi sa perfettamente quanto servano a proteggere e ad alimentare lo spirito ecclesiastico, e a preservare una salutare coerenza, gli esercizi spirituali che i Pontefici Romani Nostri Predecessori hanno arricchito di innumerevoli indulgenze. Perciò non cessate di raccomandare e di convincere tutti i vostri ecclesiastici a ritirarsi spesso in qualche luogo opportuno, in certi giorni determinati, dove – deposta ogni mondana cura – riflettano severamente su ogni loro azione, parola, pensiero al cospetto di Dio, abbiano in mente con assidua meditazione gli anni eterni, ricordino i sommi benefici ottenuti da Dio; cerchino di detergere la lordura tratta dalla polvere mondana, di risuscitare la grazia che su di essi è scesa per l’imposizione delle mani; si spoglino del vecchio uomo e delle sue azioni e si vestano del nuovo che è stato creato nella giustizia e nella santità.
Poiché le labbra dei sacerdoti debbono custodire il sapere che li mette in grado di rispondere a coloro che dalla loro bocca vogliono conoscere la legge, e di confutare i contraddittori, ne consegue, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, la necessità di rivolgere ogni vostra cura alla retta e accurata formazione del Clero. Con sommo impegno compite dunque ogni sforzo affinché, soprattutto nei vostri Seminari, s’imponga un ottimo e cattolico ordine di studi per cui i Chierici adolescenti, o fin dalla prima fanciullezza, siano plasmati alla pietà, ad ogni virtù e allo spirito ecclesiastico da apprezzati maestri, e siano educati alla conoscenza della lingua latina, alle lettere umane e alle discipline filosofiche, sottratte tuttavia ad ogni pericolo di errore. In primo luogo vigilate assiduamente affinché apprendano la teologia dogmatica e morale dai libri divini, dalla tradizione dei santi Padri, dall’infallibile autorità della Chiesa, e contemporaneamente acquisiscano una solida preparazione sulla letteratura sacra, sui sacri canoni, sulla storia della Chiesa, sulla liturgia. Dovete soprattutto evitare che nella scelta dei libri, in mezzo a tanta alluvione di perniciosi errori, gli adolescenti seminaristi abbandonino temerariamente la retta via della sana dottrina; in particolare Voi sapete che uomini dotti, ma in disaccordo con Noi in materia di religione e staccati dalla Chiesa, hanno pubblicato sia i libri divini che le opere dei santi Padri in traduzione elegante, ma spesso (e ce ne duole assai) viziata e distorta dalla verità nei commenti arbitrari. Nessuno di Voi ignora quanto la Chiesa abbia bisogno, soprattutto in questi tempi, di ministri capaci, prestigiosi per santità di vita e per fama di salutare dottrina, influenti negli atti e nei discorsi, che siano in grado di difendere strenuamente la causa di Dio e della sua Santa Chiesa, e di edificare una casa fedele al Signore. Nulla dunque si può lasciare d’intentato nell’educare alla santità e alla dottrina i giovani Chierici fin dalla tenera età, dato che non pochi di essi, debitamente istruiti, possono diventare utili ministri della Chiesa. Ora, allo scopo di giungere più facilmente e ogni giorno di più (grazie alla vostra insigne religiosità e alla vostra sollecitudine pastorale) ad un’accurata educazione del Clero, da cui in tanta parte dipendono il bene della Chiesa e la salute dei popoli, non Vi dispiaccia esortare, pregare gli insigni ecclesiastici delle vostre Diocesi, i laici più dotati di ricchezze e ben disposti verso il cattolicesimo, di seguire il vostro esempio e di offrire di buon cuore una qualche somma di danaro perché possiate costruire nuovi seminari e fornire una congrua dote con la quale educare i Chierici adolescenti o fin dalla prima età.
Né con minore impegno, Diletti Figli e Venerabili Fratelli, cercate di adottare tutte le misure atte ad educare in senso cattolico, ogni giorno di più, la gioventù delle vostre Diocesi, di entrambi i sessi e di qualunque condizione. Perciò tendete l’arco della vostra vigilanza episcopale, così che la gioventù, anzitutto penetrata a fondo dal timore di Dio e nutrita del latte della pietà, sia educata non solo negli articoli di fede, ma anche nella più completa conoscenza della nostra santissima religione; si conformi alla virtù, all’onestà dei costumi e al concetto di vita cristiana; sia infine tenuta lontano da tutte le seduzioni e dagli scogli della perversione e della corruzione. Con uguale sollecitudine, non desistete mai dal sospingere – nei modi più opportuni – i popoli fedeli a Voi affidati verso la religione e la pietà. Pertanto fate del vostro meglio per ottenere che i popoli fedeli, ogni giorno di più nutriti di salutare e verace dottrina cattolica, amino Dio con tutto il cuore, osservino anzitutto i suoi precetti, frequentino spesso e devotamente il suo Santuario, santifichino le sue feste, assistano con il rispetto e la pietà dovuta alla celebrazione del divino sacrificio, si accostino ai Sacramenti della Penitenza e della Eucarestia, e con particolare devozione seguano e adorino la Santissima Madre di Dio Immacolata Vergine Maria e, perseverando nella preghiera e in uno spirito di reciproca e costante carità, procedano degnamente in Dio, piacendo a Lui sotto ogni aspetto e fruttificando in ogni opera buona. E poiché le sacre Missioni officiate da persone capaci sono quanto mai idonee a risvegliare lo spirito religioso nei popoli e a richiamarli sul sentiero della virtù e della salvezza, vivamente desideriamo che esse siano organizzate spesso nelle vostre Diocesi. E concediamo meritate e somme lodi a tutti coloro che per vostro ordine hanno già introdotto nelle loro Diocesi questa opera, tanto salutare, delle sacre Missioni, dalle quali siamo lieti che siano stati raccolti copiosi frutti, sotto l’influsso della grazia divina.
Occorre che in codesto vostro convegno abbiate davanti agli occhi, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, l’impegno comune di risanare i mali comuni. Infatti per riparare i guasti più gravi subiti da ogni vostra Diocesi e per promuovere la loro prosperità, Voi ben capite che non vi è nulla di più efficace delle frequenti visite nelle Diocesi e della celebrazione del Sinodo Diocesano. Nessuno di Voi ignora che il Concilio di Trento ha raccomandato e prescritto queste due pratiche pie. Perciò, data la vostra ammirevole sollecitudine e carità verso il gregge a Voi affidato, non abbiate nulla di più caro che visitare le vostre Diocesi con il più grande zelo, in conformità alle leggi canoniche, e compiere con cura tutto ciò che può conseguire l’esito fruttuoso della visita pastorale. Nell’adempiere tale dovere Vi stia soprattutto a cuore svellere dalle radici, con somma cura e specialmente con paterni consigli, con discorsi convincenti e con altri idonei mezzi, gli errori, la corruzione e i vizi che si annidano nel gregge; porgere a tutti gli insegnamenti della salvezza; vigilare che la disciplina del clero sia conservata integra; aiutare e fortificare i fedeli con tutti i soccorsi spirituali e guadagnarli a Cristo. Dedicate la stessa diligenza nel celebrare i Sinodi Diocesani, fissando quelle regole che nella vostra saggezza riterrete più adatte a conseguire il bene maggiore di ciascuna vostra Diocesi. Perché non accada che tra i sacerdoti (che devono applicarsi allo studio e all’insegnamento e che sono gravati dall’incarico d’istruire il popolo in ciò che tutti debbono sapere per la propria salvezza e di somministrare i Sacramenti) [Conc. Trid., sess. 23, cap. 14, De Reform.] si estinguano o languiscano lo zelo e lo studio delle sacre discipline, è per Noi sommamente desiderabile che, dove è possibile, Voi promuoviate con le opportune regole i congressi in tutte le regioni delle vostre Diocesi, per trattare soprattutto di Teologia morale e dei sacri Riti, con l’auspicata partecipazione di tutti i preti che al congresso dovranno presentare una risposta scritta alle domande da Voi poste e, nel tempo che Voi vorrete determinare, dovranno discutere soprattutto di Teologia morale e sulle regole liturgiche, dopo che uno dei preti avrà pronunciato un discorso sui doveri sacerdotali. E, invero, i Parroci prima di tutti Vi presteranno aiuto e soccorso nella cura del vostro gregge in quanto Voi li avete messi al corrente della vostra sollecitudine e li avrete collaboratori nell’affrontare un’attività tra tutte le più degna; non tralasciate dunque, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, d’infiammare con ogni impegno il loro zelo perché adempiano al loro dovere con diligenza pari alla devozione. Dite loro che non cessino mai di pascere il popolo cristiano loro affidato con la predicazione del verbo divino, con la somministrazione dei Sacramenti e della multiforme grazia di Dio; di istruire con amore e pazienza gli ignoranti e soprattutto i fanciulli nei misteri della fede e nelle testimonianze della nostra religione; di ricondurre gli erranti sul cammino della salvezza; di impegnarsi con ogni sforzo a sradicare odi, rivalità, inimicizie, discordie e scandali; di incoraggiare i pusillanimi; di visitare gli infermi, procurando ad essi soprattutto ogni spirituale soccorso; di consolare i miseri, gli afflitti e i tribolati; di incitare tutti a una sana dottrina; di ammonirli a rendere devotamente a Dio ciò che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare; di insegnare che tutti, non solo per il timore del castigo ma per coscienza, devono essere sudditi e obbedire ai Principi e alle autorità in tutto ciò che non è contrario alle leggi di Dio e della Chiesa.
Inoltre continuate, come fate sempre, con somma lode del vostro nome, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, ad inviare alla Nostra Congregazione del Concilio la relazione sulle vostre Diocesi nei tempi stabiliti, e a tenerci al corrente, con zelo, delle questioni che riguardano le stesse Diocesi, in modo che sia possibile da parte Nostra procurare il maggior vantaggio vostro e delle stesse Diocesi. Siamo poi informati che in talune Diocesi del territorio germanico sono invalse alcune consuetudini, circa la sistemazione delle parrocchie e che alcuni di Voi desiderano che tali consuetudini siano conservate. Noi invero siamo disposti a usare indulgenza al riguardo, ma soltanto dopo aver sottoposto a un attento esame le stesse consuetudini esposte da ciascuno di Voi con particolare diligenza, in modo che da Noi siano autorizzate entro quei limiti che la necessità e le principali caratteristiche delle province avranno suggerito; infatti, per obbligo del Nostro Apostolico ministero dobbiamo fare osservare scrupolosamente le prescrizioni canoniche.
Prima di concludere questa Nostra Lettera, con cui siamo assai lieti di intrattenere Voi tutti, Prelati dell’Impero Austriaco, rivolgiamo il nostro discorso soprattutto a Voi, Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi che dimorate nello stesso nobilissimo Impero e siete solidali con Noi nella vera fede e nella unità cattolica, e aderite a questa Cattedra di Pietro e praticate i riti e le lodevoli consuetudini della Chiesa Orientale, approvate e consentite da questa Santa Sede. Voi avete appreso, voi sapete in quale pregio questa Apostolica Sede abbia sempre tenuto i vostri riti: ne ha inculcato assiduamente il rispetto, come dimostrano splendidamente i decreti e le Costituzioni di tanti Romani Pontefici Nostri Predecessori; fra queste è sufficiente ricordare la Lettera di Benedetto XIV, Predecessore Nostro, del 26 luglio 1755, che comincia con “Allatae” e la Nostra Lettera del 6 gennaio 1848, inviata a tutti gli Orientali, che comincia con “In suprema Petri Apostoli Sede”. Pertanto esortiamo cordialmente anche Voi affinché adempiate al vostro ministero secondo la vostra segnalata religiosità e sollecitudine episcopale; abbiate davanti agli occhi tutte le questioni che abbiamo trattato; dedichiate ogni vostra cura, attività e vigilanza in modo che il vostro Clero, ornato di ogni virtù e specialmente di ottime, sacre discipline, si applichi con tutte le forze a procurare l’eterna salute dei fedeli; in modo che i popoli fedeli seguano la strada che conduce alla vita, che ogni giorno di più si accresca e si estenda l’unità della religione cattolica, e che siano amministrati i Sacramenti e celebrate le funzioni divine secondo le vostre regole, tuttavia adottando i libri liturgici che furono approvati dalla Santa Sede. E poiché non vi è nulla per Noi di più desiderabile che venire in aiuto vostro e dei vostri fedeli indigenti, non trascurate di ricorrere a Noi, e a Noi esporre i problemi delle vostre Diocesi e di inviarne relazione ogni quattro anni alla Nostra Congregazione di Propaganda Fide.
Infine, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, Vi supplichiamo di impegnarvi, col massimo zelo e ogni giorno di più, a conservare, favorire e accrescere la pace e la concordia tra tutto il Clero di tutte codeste Diocesi, sia di rito latino, sia di rito greco-cattolico, così che tutti coloro che militano negli accampamenti del Signore, per mutuo sentimento di fraterna carità, si adoperino nel vicendevole rispetto e con unanime ardore siano al servizio della gloria di Dio e della salvezza delle anime.
Ecco a Voi quanto, nel Nostro grande amore per Voi e per i popoli fedeli di codesto vastissimo Impero, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, Noi giudicammo fosse doveroso annunciarvi; abbiamo per certo che Voi, ispirati dalla vostra eminente virtù, dalla religione, dalla pietà, dalla provata fede e dall’ossequio verso di Noi e verso questa Cattedra di Pietro, rispetterete con trasporto questi Nostri paterni desideri. E non dubitiamo affatto che Voi tutti, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, contemplando sempre Cristo Gesù, Principe dei pastori, che si è mostrato umile e mite di cuore e che ha donato la sua anima per le sue pecore, lasciando a noi un esempio che ci invita a seguire le Sue vestigia, vi sforzerete con ogni energia di prenderlo a modello, di obbedire ai Suoi insegnamenti, di vegliare assiduamente sul gregge affidato alle vostre cure, di occuparvi di ogni cosa, di adempiere al vostro ministero, e di cercare non ciò che piace a Voi ma ciò che piace a Gesù Cristo; non vi mostrerete come dominatori tra il Clero, ma come Pastori, anzi come Padri amorosi e, fatti nell’animo a immagine del gregge, non troverete nulla di così penoso, di così difficile, di così arduo che Voi non possiate affrontare e risolvere con pazienza, con mansuetudine, con dolcezza, con prudenza, per la salvezza delle vostre pecore. Noi intanto, in umiltà di cuore, non omettiamo di elevare assidue fervide preghiere al clementissimo Padre di luce e di misericordia, al Dio di ogni consolazione, affinché effonda sempre propizio i copiosi doni della Sua bontà su di Voi e anche sulle dilette pecore a Voi affidate. Come auspicio di questo divino soccorso e come testimonianza della Nostra affettuosa e zelante disposizione d’animo verso di Voi, Noi impartiamo con amore l’Apostolica Benedizione, che viene dal profondo del cuore, a ciascuno di Voi, Diletti Figli Nostri e Venerabili Fratelli, e a tutti i Chierici e ai fedeli Laici di codeste Chiese.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 17 marzo 1856, nel decimo anno del Nostro Pontificato.
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