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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
ALL'INVIATO STRAORDINARIO E MINISTRO
PLENIPOTENZIARIO DEL SOVRANO
ORDINE MILITARE DI MALTA,
S.E. IL CONTE STANISLAO PECCI*

Domenica, 30 marzo 1941

 

Signor Ministro,

Le parole, con le quali Vostra Eccellenza ha accompagnato la presentazione delle Lettere che L’accreditano come Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario, sono per Noi una nuova e gradita prova degli elevati sentimenti, delle alte idealità, del fervente spirito di fede, che perenni vivono e rifulgono nel Sovrano Militare Ordine di Malta, quale eredità, custodita con venerazione e alterezza di un passato glorioso. Il calore di quelle parole Ci manifesta inoltre che la fiducia di Sua Altezza Eminentissima il Principe Gran Maestro si è posata sopra un personaggio risoluto a compiere il suo onorifico ufficio presso questa Sede Apostolica con piena dedizione e fervida cura.

La sovreminente figura dell’immortale Pontefice Leone XIII, uscito dalla nobile Famiglia Pecci, diede, col ristabilimento del titolo di Gran Maestro, al rinascente fiorire e all’incremento dell’Ordine un decisivo e fortunato impulso, che è venuto poi crescendo grazie alla benevolenza dei suoi Successori.

Noi, la cui giovinezza stette sotto la fulgida stella di quell’incomparabile Pontefice, Noi che oggi per inscrutabile consiglio divino occupiamo il Seggio, che la sapienza e la grandezza di lui illuminarono di un così singolare splendore, vediamo con particolare soddisfazione comparire alla Nostra presenza un discendente di quella illustre Prosapia con la rossa divisa cavalleresca, per coltivare, e proseguire le intime relazioni, che uniscono come vincolo sacro la Croce di Malta al Trono Pontificio.

Ben a ragione Vostra Eccellenza con speciale forza e convinzione ha dato alla missione di carità cristiana dell’Ordine, che degnamente rappresenta, il primo e più importante risalto. Quale conforto per Noi di sapere che tali parole sono la voce degli intimi sentimenti di tutti i Cavalieri! Nella triste tragedia dei popoli, ogni giorno più vasta e fremente di implacabile distruzione e discordia, tanto più ansiosamente bramiamo che lo spirito di questa carità, da nessun impedimento trattenuta e scoraggiata, riempia i loro cuori e li renda pronti a continuare nel servizio della Chiesa, e particolarmente dei suoi membri sofferenti, la loro così bella e feconda opera di Ospedalieri.

Ben sappiamo che oltre agli obblighi comuni dei Religiosi i Professi dell’Ordine hanno il privilegio di dedicarsi all’obsequium pauperurn et tuitio fidei. Quando mai più di oggi è stata opportuna l’unione di questi due scopi, o meglio, la loro fusione in un solo, vale a dire, promuovere un obsequium pauperum pienamente ispirato e diretto dagli insegnamenti e dalla difesa della fede cristiana? Che se per il lento allontanamento da Dio della pubblica opinione, perseguito con guerra subdola o aperta durante più di due secoli, si sono vedute in non poche regioni sostituirsi alle antiche istituzioni della, carità cattolica, tutte penetrate di rispetto e di amore per i membri sofferenti di Cristo, altre forme di assistenza pubblica freddamente amministrative; oggi, sotto la spinta di tendenze ancor più radicali e vuote di ogni principio cristiano, non si opera forse un ritorno alle più aspre durezze di quel paganesimo antico, che S. Paolo potè contrassegnare con la spada della sua parola: sine affectione, sine misericordia, senza amore, senza pietà (Rm. 1, 31)?

Quale differente suono rendono invece e quali più alti affetti suscitano i commoventi consigli che i Cavalieri di Malta hanno ricevuto dalle loro tradizioni più vetuste, eredità ancor più preziosa che il ricordo dei gloriosi fatti d’arme compiuti dall’Ordine in difesa della Cristianità! Già l’antica Regola raccomandava, ai Frati di San Giovanni di contentarsi di un vitto semplice e di vestiti modesti, perchè, aggiungeva, «Domini nostri Pauperes, quorum servos nos esse fatemur, nudi et sordidi incedunt, et non convenit servo, ut sit superbus, et Dominus eius humilis». E l’antica formula di ammissione dei Fratelli nell’Ordine, dopo averli avvertiti che si ingannerebbero se venissero per essere ben vestiti, avere bei cavalli e vivere a loro agio, compendiava tutto in queste parole: «Nos promittimus esse servi Slavi Dominorum Infirmorum» (cfr. Lucae Holstenii Codex Regularum, t.II, pagg.445-448). Servitori schiavi dei poveri e dei malati! Rudi espressioni del tempo delle Crociate, che dovevano poi avere un’eco trasformata, risonante nella magnifica lingua di Bossuet, allorchè avanti ai Grandi e alle Dame della Corte di Luigi XIV prendeva ad esaltare «l’éminente dignité des pauvres dans l’Eglise»; ma il cui senso fondamentale resta immutato, quel medesimo che l’Ordine ha saputo conservare nelle sue opere. A questi poveri, a questi orfani, a questi feriti, a questi lebbrosi, esso riconosce le lettere di nobiltà ricevute a Betlemme da quel Re dei Re che «egenus factus est, cum esset dives, ut illius inopia vos divites essetis» (2 Cor. 8, 9): né voi vi contentate di soccorrerli con le vostre larghezze, ma li amate e lì rispettate, come i primi cortigiani del nostro comune Re.

Solo la fede, una fede piena e profonda, può elevare a tanta altezza e dare quella intelligenza della povertà che desta nei cuori un così divino amore fraterno. Ecco perchè in questi giorni di calamità e di pene indicibili, nelle imprese caritatevoli a cui l’Ordine porge un operoso ed efficace contributo, il suo ufficio non si strania da quello di difensore della fede: in mezzo alle opere internazionali di soccorso, di ispirazioni così diverse, esso porta un titolo speciale e suo proprio a rappresentare e comunicare intorno a sè l’autentico e vivificante spirito dell’antica carità cristiana, di quella carità, che, mercé la grazia divina, sa sollevare, sanare, redimere dal male non meno I corpi feriti o infermi, che le anime sovente ancor più miserabili e bisognose.

Con la fiduciosa speranza che il benemerito Ordine di Malta, nella prova di fuoco di questa guerra e delle incommensurabili sofferenze che ne promanano alla società e alle nazioni, possa aggiungere ai suoi Annali un nuovo luminoso capitolo di carità cavalleresca nei sentimenti e nei fatti, invochiamo di cuore sul Principe Gran Maestro, su tutti i Cavalieri e le Dame dell’Ordine, ed in particolar modo su Vostra Eccellenza all’inizio della sua alta Missione, l’abbondanza delle grazie e delle benedizioni celesti.


*AAS 33 (1941), p.117-120.

L’Osservatore Romano, 30.3-1.4.1941, p.1.

Discorsi e Radiomessaggi, III, p.33-36.

Atti e discorsi di Pio XII, vol. III p.73-77.

 



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