RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI RELIGIOSI E FEDELI UNGHERESI
Domenica, 30 maggio 1948
Al Cardinale Giuseppe Mindszenty,
Arcivescovo di Strigonia,
e agli altri Presuli, sacerdoti,
religiosi e fedeli d’Ungheria.
Si compie un decennio dal Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest, che Noi presiedemmo in qualità di Cardinale Legato a latere, inviato a quella celebrazione dal Nostro Predecessore di venerata memoria Pio XI.
Sempre dolce e grato si affaccia al Nostro animo il ricordo di quelle solenni giornate, in cui in codesta rinomatissima Città, sita sulle rive del Danubio, da immensa moltitudine, accorsa anche da lontane regioni, si rese al Divino Redentore, nascosto sotto le specie eucaristiche, un omaggio di adorazione, che non era certo inferiore e impari a quelli dello stesso genere tributati in altri tempi e in altri luoghi della terra, in analoghe circostanze, al nostro Salvatore: lo distinguevano la grandiosità delle sacre cerimonie, la fiorita varietà dei discorsi, delle preghiere, dei canti e la vivezza della pietà e della fede.
Questa fede e pietà non si manifestavano soltanto in passeggere manifestazioni esterne, ma erano sorgente di quella forza spirituale, che vi sostenne nei dolorosissimi anni di guerra e in quelli del dopoguerra e vi preparò e vi condusse alla celebrazione dell’anno mariano.
Allora più che mai ammirammo le qualità etiche, di cui vanno adorni gli Ungheresi: fervido senso religioso e distinta educazione civile, congiunti a tendenze di coraggio e di concordia e a costanza di propositi.
Non senza diletto, che a lungo Ci durò nel cuore, vedemmo allora che nulla vi è di più caro che camminare dietro le orme, segnate dagli insegnamenti ed esempi del vostro Re e Patrono S. Stefano.
Non molto dopo il Congresso eucaristico, radioso di gioia e di pace, avvennero congiunture e casi sinistri, che tutti conoscono e che Noi lamentiamo con voi con tanta maggiore amarezza quanto è maggiore la carità che Ci unisce a voi dopo la Nostra visita.
Di quante sciagure e stragi fu funestata la diletta Ungheria! Quanti suoi figli uccisi, feriti, prigionieri! Quale cumulo di rovine nelle sue contrade! Persino una non piccola parte di codesta bellissima città, e la stessa reggia, in cui fummo ospitati, miseramente sono crollate, colpite dalla furia della guerra.
Ma la vostra nobile Nazione, che nei secoli passati ebbe a sostenere molte avverse vicende, non si lasciò travolgere da questi flutti impetuosi. Come quercia vecchia e vigorosa può sostenere scuotimenti, ma non può essere sradicata. È proprio vostra caratteristica agire e soffrire con uguale fortezza. Questa fortezza, tollerante del dolore e animata da fiduciosa speranza nasce dal fatto che voi, confidando in Dio, nel profondo della vostra anima alimentate la fiamma dello Spirito Santo e cercate di permearvi della linfa e dell’insegnamento del Vangelo. I valori spirituali, per i quali soprattutto viviamo, se vogliamo mantenere la dignità della nostra condizione umana, aspettano una vittoria che non può fallire: ciò infatti che per natura sua non può essere sommerso finisce per affiorare con impeto irresistibile.
La religione cristiana che avete ricevuto in preziosa eredità da S. Stefano e dai gloriosi vostri maggiori e conservate con gelosa cura, suscitatrice com’è di tutte le virtù, vi mette in un singolare piano di nobiltà, e di eccellenza, che specialmente allora ha tutto il suo risalto luminoso, allorché i negatori del Nome e della Maestà di Dio con infingimenti ed inganni vi tendono insidie. «Nessuno è sapiente, nessuno è leale, nessuno veramente grande, se non il cristiano; nessuno poi si può dire cristiano se non persevera sino alla fine » [1].
Il Mistero eucaristico, che è vincolo di carità, che voi venerate e venererete con la pietà più ardente, vi procuri sempre forza e letizia, perché, congiunti con la Chiesa cattolica, obbedienti ai sacri pastori, saldi nella fede, ricchi di buone opere, fra le avverse fortune possiate rifiorire e preparare a voi e ai vostri figli un’era ricca dei doni della pace e della felicità, quale risponde alla Nostra e vostra aspettazione.
Con questo augurio, leviamo gli occhi e le mani al Cielo, e impartiamo con effusa benevolenza la Benedizione Apostolica al diletto Figlio Nostro Cardinale Giuseppe Mindszenty, Arcivescovo di Strigonia, agli altri Presuli dell’Ungheria, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, a tutti i fedeli. Questi Nostri fervidi voti, poi, suggeriti da profonda benevolenza, Noi affidiamo alla intercessione della Madre di Dio, Maria, grande vostra Signora e Regina: che Ella ottenga ad essi un felice e non tardo compimento.
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[Il Radiomessaggio Decimus impletus, letto in latino, è stato preceduto in lingua magiara dalle parole « Sia lodato il Signore Gesù Cristo! Cari buoni Nostri figli ungheresi! », ed è stato concluso, sempre in lingua magiara, dal seguente saluto: « Cari Nostri figli ungheresi! Rimanete incrollabili nell’amore a Gesù Cristo e alla Signora degli ungheresi! Laudate Gesù Cristo! Viva il paese di Maria! »].
[1] Tertullianus, De praescript. haeret., III.
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