Index   Back Top Print

[ IT ]

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI PARTECIPANTI AL 60° CONGRESSO
NAZIONALE DEL CLUB ALPINO ITALIANO*

 Castel Gandolfo - Domenica, 26 settembre 1948

 

Un sentimento di devota deferenza vi ha ispirato il desiderio di ricevere, in occasione del vostro LX Congresso nazionale, la Nostra Benedizione e il Nostro incoraggiamento. Quale parola potremmo Noi dirvi, più appropriata alla vostra qualità di alpinisti, di questa semplice raccomandazione : siate docili alla lezione della montagna? È una lezione di elevamento spirituale, una lezione di energia più morale che fisica. Il Nostro intrepido Predecessore Pio XI soleva, rievocando il suo passato di alpinista, esprimerlo in questo duplice aspetto: l'attrattiva irresistibile delle altezze, l'attrattiva sanamente esaltante delle difficoltà da superare.

L'uomo comune ama di stare terra terra; voi invece aspirate a salire sempre più in alto; a forza di muscoli, è vero; ma questa brama dell'altezza è, nel fondo del vostro cuore, la risonanza di un bisogno di elevazione della mente, del cuore, dell'anima. Perchè salire sempre? perchè voler sempre salire?

Innanzi tutto, per vedere più ampiamente, guardando da una posizione più alta. Voi non volete essere come coloro, cui « gli alberi impediscono di veder la foresta ». Via via che salite, il vostro sguardo si allarga, il panorama mostra il suo splendore grandioso, i particolari prendono il loro posto nell'insieme del quadro e si profilano più rettamente; l'incrociarsi delle linee, dei colli e delle gole, dei torrenti e dei fiumi si districa nella unità e nell'armonia. Così si spiegano anche, nella unità e nell'armonia, le apparenti incoerenze delle vicende della vita a chi mira con maggior larghezza e da un luogo più elevato l'azione della Provvidenza divina nel mondo.

Excelsior! Più in alto! Se il cielo è chiaro, esso illumina la terra sotto i vostri occhi; se la nebbia copre la pianura e l'avvolge nell'ombra cupa, voi invece siete nella luce e il mare di nubi biancheggia ai vostri piedi, indorato dai riflessi dell'alto. Similmente a chi guarda verso il cielo, verso Dio, le pene e gli affanni di questa terra lasciano vedere al di sopra l'azzurro della inalterabile speranza cristiana, mentre le stesse inquietudini ed angustie sono trasfigurate dai raggi che discendono dal sole eterno.

Più in alto! I rumori confusi, discordanti, delle dispute vane, delle futili ciance di quaggiù, dei conflitti dell'amor proprio e dei meschini interessi, si estinguono sulla montagna nel silenzio maestoso, cui accompagnano, senza turbarlo, i mormorii discreti o i rombi solenni della natura; e quando l'eco ripercuote, di vetta in vetta, la voce del tuono, delle cascate o delle valanghe, il cuore, tutto pieno di ansietà o di commozione, si trova, nondimeno, più a suo agio nelle mani potenti del Padre celeste che in mezzo agli inani o maligni cicalecci degli uomini. Beato colui che, dominando la mondana agitazione che lo circonda, sa gustare nel silenzio e nel raccoglimento la pace di Dio!

Più in alto! Nell'atmosfera fina e leggiera, l'aria penetra nei meandri più profondi degli alveoli polmonari, i quali possono più agevolmente purificarsi dei miasmi dell'aria pesante; il cuore batte più vigorosamente e produce una circolazione del sangue più vivace, portando una vita più intensa in tutto l'organismo. Così, nella calma dello spirito e nel sereno respiro della preghiera, l'anima si eleva, purificata, vivificata, più libera e più forte.

Tuttavia viene un momento in cui la montagna sembra divenire ostile; sembra allora voler guardarsi o vendicarsi dei temerari che si ostinano a violare la sua verginale solitudine, essa non offre loro più nulla; essa si rifiuta loro; ben più, li colpisce talvolta duramente. Chi non conosce il drammatico assalto più volte rinnovato da valorosi ascensionisti contro il formidabile Everest dell'Himàlaya? Nè le grandi sofferenze, nè l'incessante pericolo, nè la stanchezza, nè il ricordo dei caduti hanno potuto fiaccare la loro volontà di ricominciare ancora.

Se è vero che essi sperano, strappando all'altezza i suoi segreti, di giovare alla scienza ed alla umanità, si deve pur riconoscere che un'altra forza li spinge. Essi si sentono mossi da un potente stimolo interiore, da una misteriosa voluttà di lottare ad ogni costo contro le difficoltà, di sormontare gli ostacoli.

Guidata, ma non inceppata dalla ragione (e non da folle temerità), questa tendenza è un aspetto della virtù della fortezza, la quale, come insegna l'Angelico Dottore, mette la ragione stessa al di sopra dell'abbattimento cagionato dal dolore fisico: « facit virtus fortitudinis, ut ratio non absorbeatur a corporalibus doloribus » (S. Th. II II q. 123 art. 8 in corp.).

Innalzando pertanto col Salmista i Nostri sguardi ai monti, donde viene ogni aiuto dal Creatore del cielo e della terra (cfr. Ps. 120, 1), e invocando il vostro celeste Patrono S. Bernardo da Mentone, Noi imploriamo la divina protezione su di voi, sulle vostre valenti guide, su tutti i membri del vostro Club alpino, mentre di gran cuore v'impartiamo la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, X,
 Decimo anno di Pontificato, 2 marzo 1948 - 1° marzo 1949, pp. 219 - 221
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana