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RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO XII
IN OCCASIONE DEL SANTO NATALE

Venerdì, 23 dicembre 1949 (1)

 

L'attesa dei popoli

Non mai forse, come in questa vigilia che apre il fausto evento del nuovo anno giubilare, il Nostro cuore di Padre e di Pastore vi ha sentiti così stretti e vicini a sé, diletti figli e figlie dell'universo. Ci par di vedere e di ascoltare - né il nostro cuore C'inganna - il palpito di milioni e milioni di fedeli con Noi concordi quale coro immenso di fervide grazie, di vivi desideri, di umili invocazioni al Padre, datore di ogni bene, al Figlio, espiatore di ogni colpa, allo Spirito Santo, dispensatore di ogni grazia.

Sospinti da un profondo desiderio di liberazione spirituale, attratti dal fascino dei beni celesti, dimentichi per breve ora degli assilli terreni, voi vi rivolgete a Noi e quasi ripetete, ma in buon senso e con retta intenzione, la preghiera che fu già rivolta al Redentore (Mc 8,11-12; Lc 11,16): dacci un segno dal cielo.

Ebbene, «hodie scietis quia veniet Dominus, et mane videbitis gloriam eius»; il segno che attendete vi sarà oggi annunziato; il segno, anzi il mezzo di remissione e di santificazione domani stesso vi sarà dato, nel momento in cui per le Nostre mani la mistica Porta sarà ancora una volta rimossa, aprendo l'adito al massimo tempio della Cristianità, simbolo del Redentore Gesù, a Noi dato per Maria, affinché tutti, incorporati in Lui, troviamo la salvezza: «Ego sum ostium. Per me si quis introierit, salvabitur» (Io 10, 9).

Da tutta la Chiesa di Cristo, che ha distese le sue membra sopra ogni plaga del nostro pianeta, in questi giorni si affisano gli sguardi a Roma, a questa Sede Apostolica, scaturigine perenne di verità, di salvezza, di bene.

Ci è noto quante speranze voi riponete in questo Anno Santo. Ferma è nel Nostro cuore la fiducia che la Provvidenza divina voglia operare in esso e per esso le meraviglie della sua misericordia verso la umana famiglia. E Ci sostiene la speranza che l'Angelo del Signore non incontri ostacoli nel suo cammino, bensì trovi spianate le vie e aperti i cuori da quel buon volere che piega il Cielo verso la terra.

Noi stessi, cui la Provvidenza divina ha riservato il privilegio di annunziarlo e donarlo al mondo intero, sentiamo il presagio della sua importanza per il prossimo mezzo secolo.

Ci sembra che l'Anno Santo 1950 abbia da essere determinante anzitutto per l'auspicata rinnovazione religiosa del mondo moderno, e risolutivo di quella crisi spirituale che stringe le anime del nostro tempo. L'auspicata armonia dei valori celesti e terreni, divini ed umani, ufficio e dovere della nostra generazione, si compirà o almeno si affretterà, se i fedeli di Cristo dureranno saldi nei concepiti propositi, proseguiranno tenaci nelle opere intraprese e non si lasceranno sedurre da vane utopie, né sviare da interessi ed egoismi di parte.

Determinante altresì per l'avvenire della Chiesa, all'interno impegnata nello sforzo di rendere più schietta e più diffusa tra il popolo la santità dei suoi membri, mentre all'esterno si studia di trasfondere e di espandere il suo spirito di giustizia e di amore anche nelle civili istituzioni.  

L'apertura della Porta Santa

Animati da questi sentimenti e da questi voti, penetrati della dignità di una tradizione che risale ai tempi del Nostro Predecessore Bonifacio VIII, Noi domani, nell'aprire con tre colpi di martello la Porta Santa, saremo consapevoli di compire non un atto puramente tradizionale, ma un rito simbolico di alta portata, non soltanto per i cristiani, ma per tutta l'umanità.

Noi vorremmo che quel triplice colpo risuoni nel fondo delle anime di tutti coloro che hanno orecchie per intendere (cf Mt 11, 15). 

Anno Santo, anno di Dio,
di Dio, la cui maestà e grandezza condanna il peccato; 
di Dio, la cui bontà e misericordia offre il perdono e la grazia a chi è disposto ad accoglierlo;
di Dio, che in questo Anno Santo vuole appressarsi ancor più all'uomo e tenersi a lui più che mai vicino.

Quanti fanno del peccato una semplice «debolezza» e della debolezza perfino una virtù! «Equidem», scriveva già il pagano Sallustio,(2) «nos vera vocabula rerum amisimus, quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur». Trasformando artificiosamente il senso delle parole nelle più importanti questioni della vita pubblica e privata, essi nascondono ciò che la coscienza non vuol chiarire; coonestano ciò che l'intimo della loro anima condanna; negano ciò che dovrebbero lealmente riconoscere.

Quanti pongono al posto del vero Dio i loro idoli, ovvero, pur affermando la loro credenza in Dio e la loro volontà di servirlo, si fanno di Lui una idea, che è il prodotto dei loro propri desideri, delle loro proprie tendenze, delle loro proprie debolezze! Iddio nella sua immensa grandezza, nella sua immacolata santità, Iddio la cui bontà comprende così bene i cuori che Egli stesso ha formati (cf. Ps 32, 15) e la cui benignità è sempre pronta a venire in loro aiuto, non è rettamente conosciuto da molti. Perciò tanti cristiani per pura abitudine, tanti sbadati e incuranti, e d'altra parte tante anime tormentate e senza speranza, come se il Cristianesimo non fosse esso stesso la «buona novella».

False idee di Dio, vane creazioni di spiriti troppo umani, che l'Anno Santo deve dissipare e scacciare dai cuori!

L'anno del gran ritorno e del gran perdono

La spontanea simpatia, con cui i popoli ne hanno accolto l'annunzio, conferma la fiducia che Noi stessi vi abbiamo riposto. Non sarà dunque una festività chiassosa, non un pretesto di pie distrazioni, neppure un vanitoso sfoggio di forze cattoliche nel senso inteso dal mondo, che fa consistere il felice successo nei momentanei consensi delle moltitudini. L'Anno Santo deve operare più seriamente e più a fondo nelle anime, deve stimolare e promuovere più largamente le virtù private e pubbliche, deve essere ed apparire più intimamente e schiettamente cristiano. 

Esso dovrà corrispondere all'arcano volere di Dio, dovrà segnalarsi come anno del gran ritorno, anno del gran perdono, nella misura almeno che l'età nostra è stata, anche nel recente passato, epoca di apostasia e di colpa.

I. ANNO DEL GRAN RITORNO

Invito paterno

Rivolgiamo dunque fin da oggi al mondo intero la Nostra voce, affinché da tutti gli uomini e da ciascuno, da ogni plaga e da ogni lido, con l'urgenza propria dell'ora straordinaria che volge, si compia l'auspicato grande ritorno. Il Nostro vuole essere soprattutto invito di padre che vive, fatica, soffre, prega e spera per il bene e la felicità dei figli. E tutti gli uomini sulla terra sono Nostri figli, saltem iure et destinatione, anche coloro che Ci abbandonarono, che Ci offesero, che Ci fecero e Ci fanno patire.

Figli lontani, smarriti, delusi e amareggiati, particolarmente voi, ai quali ingannevoli voci e forse anche incauta visione delle cose hanno spento nel cuore l'affetto che già nutrivate per la Santa Chiesa, non vogliate respingere l'offerta di riconciliazione che Dio stesso vi offre per Nostro mezzo e in un tempo veramente accettevole. Siate fin da ora persuasi che dolci sono le vie del ritorno alla casa del Padre e pieno di gaudio l'abbraccio che vi aspetta.

Ritorno a Dio degli increduli, degli atei e dei pagani

Segni anzitutto questo Anno Santo il ritorno a Dio di quelle anime che, per cause varie e molteplici, hanno perduto di vista ed estinto nel cuore l'immagine e il ricordo del loro Creatore, da cui è la loro vita, come l'esistenza di tutti gli esseri, e nel quale è riposto il loro sommo bene.

O che ne siano lontani per inerte e agnostico atteggiamento verso il massimo problema della vita; o che si dicano soddisfatti di una fittizia visione dell'universo, dove si nega il necessario posto al primo Principio spirituale di quanto è o può essere; o che, intolleranti della sua indistruttibile presenza, stoltamente gelosi del suo supremo dominio, a Lui muovono folle guerra, tentando di soffocare la testimonianza che di Lui danno le creature tutte e il loro stesso cuore; essi soffrono lo spasimo di un esilio, l'isolamento dall'universo, il vuoto di un deserto, a cui da se stessi si sono condannati, accettando l'ateismo. Per loro non vi è che un rimedio, il ritorno: ritorno alla riflessione e al buon senso umano, ritorno alla ricerca profonda e serena della ragione delle cose, risalendo grado per grado la scala del creato dall'effetto alle cause, finché non riposi pienamente appagata la mente investigatrice; ritorno infine alla umiltà e alla docilità della creatura. Apparirà ai loro occhi, e potranno quasi toccarlo nella irrefragabile testimonianza delle sue opere, il Dio dei viventi, il Padre nostro, l'amore che tormenta, finché non sia posseduto.

Il cuore Ci dice che quest'Anno Santo vedrà molti di tali ritorni, come vedrà moltiplicarsi le conversioni alla fede cristiana dei pagani in terra di Missione. Vi tornerà certamente di conforto il conoscere che dal Giubileo del 1925 ad oggi si è più che raddoppiato il numero dei cristiani in quei lontani territori; mentre in alcune regioni dell'Africa la Chiesa visibile è divenuta un caposaldo della vita sociale, mediante l'influsso cristiano profondamente esercitato sui costumi pubblici e privati. Ma col più vivo dolore dell'animo Nostro non possiamo distaccare il pensiero dai gravi pericoli che sovrastano o che hanno già funestato la religione e le sue istituzioni in altri Paesi dell'Europa e dell'Asia, come nella Cina sterminata, ove tragici rivolgimenti hanno ridotto fiorite di vita a cimiteri di morte.

Ritorno a Gesù Cristo dei peccatori

Segni l'Anno Santo il ritorno a Gesù Cristo Redentore per le anime allettate dalle lusinghe del peccato e lontane dalla casa del Padre. Sono credenti e cattolici, cui pur troppo lo spirito, debole quanto la carne, rende transfughi dai propri doveri e dimentichi dei veri tesori, o per lungo volgere di anni, o in un abituale alternarsi di diserzioni e di labili incontri. Si illudono, se ritengono di possedere la vita cristiana e a Dio accetta, senza che la grazia santificante dimori abitualmente nei loro cuori.

Dai facili compromessi fra terra e cielo, tempo ed eternità, senso e spirito, sono tratti nel pericolo di morire di miseria e di fame, lontani da quel Gesù che non riconosce per suoi coloro che vogliono servire due padroni. Per questi piagati nello spirito, lebbrosi, paralitici, tralci staccati senza linfa vitale, l'Anno Santo sia tempo di guarigione e di ravvedimento. L'angelo della piscina Probatica vuol rinnovare per loro tutti il prodigio delle acque risanatrici; chi non vorrà bagnarvisi? 

Il vecchio Padre della parabola evangelica attende ansioso, sulla soglia della Porta Santa, che il figlio traviato ritorni contrito; chi vorrà ostinarsi nel deserto della colpa?

Ritorno alla Chiesa dei dissidenti

Oh, se questo Anno Santo potesse salutare anche il grande e da secoli atteso ritorno all'unica vera Chiesa di molti credenti in Gesù Cristo, per vari motivi da lei separati! Con gemiti inenarrabili lo Spirito, che è nei cuori buoni, leva oggi come un grido d'implorazione la stessa preghiera del Signore: ut unum sint (Io 17,11). Giustamente pensosi dell'audacia, con cui si muove il fronte unico dell'ateismo militante, quel che da lungo tempo si domandava, oggi s'invoca ad alta voce: Perché ancora separazioni, perché ancora scismi? A quando l'unione concorde di tutte le forze dello spirito e dell'amore?

Se altre volte dalla Sede Apostolica è partito l'invito alla unità, in questa occasione Noi lo ripetiamo più caldo e paterno, spinti come Ci sentiamo dalle invocazioni e suppliche di tanti e tanti credenti sparsi su tutta la terra che, dopo i tragici e luttuosi avvenimenti sofferti, volgono gli occhi verso questa stessa Sede, come all'àncora di salvezza del mondo intero. Per tutti gli adoratori di Cristo - non esclusi coloro che in una sincera ma vana attesa l'adorano promesso nelle predizioni dei Profeti e non venuto - Noi apriamo la Porta Santa, e insieme le braccia e il cuore di quella paternità, che per inscrutabile disegno divino Ci è stata comunicata da Gesù Redentore.

Ritorno del mondo ai disegni di Dio ...

Sia finalmente questo Giubileo l'anno del gran ritorno dell'intera umanità ai disegni di Dio.

Il mondo moderno, nello stesso modo che ha tentato di scuotere il soave giogo di Dio, ha insieme rigettato l'ordine da Lui stabilito, e con la medesima superbia dell'angelo ribelle, all'inizio della creazione, ha preteso di istituirne un altro a suo arbitrio.

Dopo quasi due secoli di tristi esperienze e di traviamenti, quanti hanno ancora mente e cuore retti confessano che simili disposizioni e imposizioni, le quali hanno nome ma non sostanza di ordine, non han dato i risultati promessi, né rispondono alle naturali aspirazioni dell'uomo. Questo fallimento si è manifestato in un duplice terreno: quello dei rapporti sociali e quello dei rapporti fra le nazioni. 

... sul terreno sociale

Nel campo sociale il travisamento dei disegni di Dio si è operato alla radice stessa, deformando la divina immagine dell'uomo. Alla sua reale fisionomia di creatura, avente origine e destino in Dio, è stato sostituito il falso ritratto di un uomo autonomo nella coscienza, legislatore insindacabile di se stesso, irresponsabile verso i suoi simili e verso la compagine sociale, senz'altro destino fuori della terra, senz'altro scopo che il godimento dei beni finiti, senz'altra norma se non quella del fatto compiuto e dell'appagamento indisciplinato delle sue cupidigie.

Di qui è sorto e si è consolidato per interi lustri nelle più svariate applicazioni della vita pubblica e privata quell'ordine soverchiamente individualistico, che è oggi quasi dappertutto in grave crisi. Ma nulla di meglio vi hanno apportato i successivi innovatori, i quali, movendo dalle stesse errate premesse e per altra via declinando, hanno condotto a conseguenze non meno funeste, fino al totale sovvertimento dell'ordine divino, al disprezzo della dignità della persona umana, alla negazione delle più sacre e fondamentali libertà, al predominio di una sola classe sulle altre, all'asservimento di ogni persona e cosa allo Stato totalitario, alla legittimazione della violenza e all'ateismo militante.

Ai sostenitori dell'uno e dell'altro sistema sociale, ambedue lontani e contrari ai disegni di Dio, suoni persuasivo l'invito a tornare ai princìpi naturali e cristiani, che fondano la effettiva giustizia nel rispetto delle legittime libertà; di guisa che con la riconosciuta eguaglianza di tutti nella inviolabilità dei propri diritti si spenga l'inutile lotta che esaspera gli animi nell'odio fraterno.

Ma oltre a questi voti, che formano la costante sollecitudine del Nostro ufficio apostolico, Noi rivolgiamo una paterna esortazione a coloro che ripongono tutta la loro speranza nelle promesse di una dottrina e di capi, che si professano esplicitamente materialisti ed atei.

Umili ed oppressi, per quanto triste sia la vostra condizione, fermi restando in voi il diritto di rivendicare il giusto, e negli altri il dovere di riconoscervelo, ricordate che possedete un'anima immortale e un destino trascendente.

Non vogliate cambiare i beni celesti ed eterni coi caduchi e temporanei, specialmente in questa età in cui dappertutto uomini onesti e provvide istituzioni hanno più validamente raccolto il vostro grido e compreso il vostro dramma, risoluti a guidarvi per le vie della giustizia.

Quella fede e quella speranza, che riponete non di rado in uomini altrettanto asseveranti nel promettere, quanto certi di non poter ottenere quella rapida soluzione di tutti i vostri problemi, che fanno brillare dinanzi ai vostri occhi - problemi di cui qualcuno è difficilmente solubile per la limitatezza stessa della natura umana -, riservatele in primo luogo alle promesse di Dio che non inganna.

Le legittime sollecitudini, che vi assillano per il pane quotidiano e per una conveniente dimora - indispensabili alla vita vostra e delle vostre famiglie - fate che non contrastino coi vostri destini celesti, che non vi facciano dimentichi o noncuranti dell'anima vostra e dei tesori imperituri che Dio vi ha affidati nelle anime dei vostri figli, che non vi oscurino la visione né v'impediscano il conseguimento di quei beni eterni, che saranno la vostra felicità perpetua e si concretano nel supremo valore per cui siamo creati: Dio nostra beatitudine. Soltanto una società illuminata dai dettami della fede, rispettosa dei diritti di Dio, certa del conto che i suoi capi responsabili dovranno rendere al Giudice supremo nell'intimo della loro coscienza e al cospetto dei vivi e dei morti, soltanto una tale società saprà riconoscere e interpretare rettamente i vostri bisogni e le vostre giuste aspirazioni, difendere e propugnare i vostri diritti, saggiamente guidarvi nell'adempimento dei vostri doveri, secondo la gerarchia dei valori e l'armonia della convivenza domestica e civile stabilite dalla natura.

Non dimenticate che senza Dio la prosperità materiale è per chi non la possiede una tormentosa ferita, ma per chi l'ha, un adescamento mortale. Senza Dio la coltura intellettuale ed estetica è un fiume tagliato dalla sua sorgente e dalla sua foce: esso si riduce a un pantano, si riempie di sabbia e di fango.  

... sul terreno internazionale

Attendiamo infine per questo Anno Santo il ritorno della società internazionale ai disegni di Dio, secondo i quali tutti i popoli nella pace e non nella guerra, nella collaborazione e non nell'isolamento, nella giustizia e non nell'egoismo nazionale, sono destinati a formare la grande famiglia umana, avviata alla comune perfezione, nel reciproco aiuto e nella equa distribuzione dei beni, che sono tesoro di Dio affidato agli uomini.

Diletti figli, se mai occasione ci parve propizia per esortare i reggitori di popoli a pensieri di pace, questa dell'Anno Santo Ci sembra quanto mai opportuna. Essa è e vuole significare anche un potente richiamo e insieme un contributo alla fraternità delle genti.

In questa Madre dei popoli, che è Roma, converranno innumerevoli gruppi di pellegrini, diversi per stirpe, per nazione, per lingua, per costumi, per sentimenti. E fra queste stesse mura convivranno, s'incontreranno per le medesime vie, riposeranno nei medesimi alberghi, parteciperanno ai medesimi riti, si disseteranno alle medesime fonti dello spirito, godranno dei medesimi conforti, coloro cui fu comandato di seminare la morte e coloro che ne soffrirono gli spaventosi effetti, colui che invase e colui che vi soggiacque, chi recinse i campi di ferro spinato e chi vi patì dura prigionia. Non abbiamo Noi dunque ragione di credere che queste migliaia e migliaia di Nostri devoti figli e figlie diverranno l'avanguardia fedele nella crociata per la pace e che con la Nostra benedizione porteranno seco nella loro patria il pensiero e la forza della pace di Cristo, affine di guadagnare colà nuove reclute per una così santa causa?

Dio non voglia che questa «tregua di Dio», ispiratrice augurale di pacifici consigli, venga turbata o violata da insani propositi non solo tra le nazioni, ma tra i diversi ceti di un medesimo paese. Quella mano sacrilega si condannerebbe da sé alla giusta ira di Dio e si attirerebbe l'immancabile esecrazione di tutta l'umanità.

Grande ritorno dunque Noi Ci attendiamo in questo Anno di grazie straordinarie, grande per il numero dei figli, cui riserviamo il più affettuoso amplesso, grande per la lontananza da cui proverranno alcuni di loro, grande per le vaste e benefiche ripercussioni, che non mancheranno di derivarne. Ai Nostri figli, a tutti gli uomini di buona volontà sia caro l'impegno di non deludere le speranze del Padre comune, che tiene le braccia alzate al cielo, perché la nuova effusione della misericordia divina sul mondo superi ogni misura.  

II. ANNO DEL GRAN PERDONO

Dio amore misericordioso

Per questo incontro di amore compassionevole e benigno, che da Roma divamperà su tutta la terra, ogni ritorno a Dio, a Gesù Cristo, alla Chiesa e ai divini disegni si suggellerà con l'amorevole abbraccio del Padre delle misericordie, che ogni colpa e ogni pena condona a chi ama. Gesù ci ha svelato il vero volto di Dio, raffigurandolo nel padre che accoglie, abbraccia, perdona il figliuol prodigo al suo accorato e fiducioso ritorno nella casa, da cui si era stoltamente allontanato.

Se il Giubileo per gli uomini è tempo di straordinario ritorno, per Dio sarà occasione di più largo e amorevole perdono.  

Pentimento ed espiazione

E chi non ha bisogno del perdono di Dio? Tuttavia il Signore, se è pronto a perdonare, non dispensa il peccatore dal sincero pentimento e dalla giusta espiazione.

L'Anno Santo sia dunque principalmente anno di pentimento e di espiazione. Il pentimento e la espiazione interiori e volontari sono l'indispensabile presupposto di ogni umano rinnovamento, significano l'arresto nella china, esprimono il riconoscimento dei propri peccati, manifestano la serietà del buon volere.

E maggiori valori acquista l'espiazione volontaria, quando sia collettiva e venga prestata in unione col primo Espiatore delle umane colpe, Gesù Cristo nostro Redentore.

Espiate, diletti figli, in questo Anno Santo che ricorda la grande espiazione del Calvario, le vostre e le altrui colpe; seppellite con un sincero pentimento tutto il passato, persuasi che se la presente generazione è stata colpita così duramente dai castighi, fabbricati con le sue stesse mani, è perché ha più coscientemente e protervamente peccato.

Sfilano, come in lugubre rassegna dinanzi ai Nostri occhi, i volti addolorati degli orfani, delle vedove, delle madri in attesa di un ritorno che forse non verrà, dei perseguitati per la giustizia e per la religione, dei prigionieri, dei profughi, degli esuli forzati, dei detenuti; dei disoccupati, degli oppressi, dei sofferenti nello spirito e nella carne, delle vittime di ogni ingiustizia. Tante e tante lacrime che irrorano la faccia della terra, tanto e tanto sangue che la imporpora, mentre sono in sé espiazione e in molti casi non per proprie colpe, esigono alla lor volta altra espiazione, perché sia distrutta la colpa e sorrida di nuovo la gioia.

Chi vorrà straniarsi da questo mondo di espiazione, che ha per capo il medesimo divino Crocifisso e abbraccia la intiera Chiesa militante?  

Perdono fra gli uomini

Con sì larghe promesse da parte di Dio, forse non mai Anno Santo venne più opportunamente a consigliare mitezza, indulgenza e perdono tra uomo ed uomo.

Quando in tempi recenti, prendendo a motivo una guerra sfortunata o colpe politiche, si scatenarono ondate di rappresaglie, sconosciute finora nella storia almeno per il numero delle vittime, il Nostro cuore fu invaso da acerbo dolore, non solo per la sventura che moltiplicava le sventure e gettava nel lutto migliaia di famiglie spesso innocenti, ma perché con sommo rammarico vi vedevamo la tragica testimonianza dell'apostasia dallo spirito cristiano.

Chi vuol essere sinceramente cristiano deve saper perdonare. «Servo iniquo ... - ammonisce la parabola evangelica (Mt 18, 33) -, non dovevi anche tu aver pietà di un tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?».

La carità e la misericordia, allorché soccorrono equi motivi, non contrastano col dovere della retta amministrazione della giustizia, bensì l'imprudente intolleranza e lo spirito di rappresaglia, soprattutto quando la vendetta sia esercitata dal pubblico potere contro chi ha piuttosto errato che peccato, o quando la stessa pena meritamente inflitta si prolunghi oltre ogni limite ragionevole.

Ispiri il Signore consigli di riconciliazione e di concordia a quanti sono investiti di pubbliche responsabilità, e, senza pregiudizio del bene comune, si ponga fine a quei residui di leggi straordinarie, che non riguardano i delitti comuni meritevoli di giusta punizione, e che, dopo lunghi anni dalla cessazione del conflitto armato, provocano in tante famiglie e in tanti individui sensi di esasperazione contro la società in cui sono costretti a soffrire.

Larga condonazione

Noi torniamo perciò a supplicare le supreme Autorità degli Stati, specialmente cristiani, in nome di Gesù Cristo medesimo che precedette con l'esempio immolandosi per i suoi stessi uccisori, affinché vogliano esercitare generosamente il loro diritto di grazia, mandando ad effetto, nell'occasione così solenne e propizia dell'Anno Santo, quei temperamenti della giustizia punitiva, che dalle leggi di ogni Paese civile sono previsti.

La religione e la pietà, che, come Ci auguriamo, ispireranno quegli atti di benevolenza, non che svigorire la forza delle leggi o scemare il rispetto nei cittadini, saranno anzi di valido motivo ai beneficati col ritorno alla libertà agognata o con l'accorciamento della pena, per risorgere moralmente e riparare, ove sia il caso, al passato con un sincero e duraturo ravvedimento nel segno della fede.

Noi, e insieme con Noi tanti cuori di congiunti afflitti, domandiamo questo conforto, perché la letizia dei figli è gaudio del Padre. E fin da ora esprimiamo un pubblico e fervido ringraziamento a quei Governanti, che già hanno, in varia misura, favorevolmente accolto il Nostro voto o Ci hanno lasciato qualche speranza di ottenerne l'adempimento.   

Invito a Roma

«Securus iam carpe viam»

Diletti figli, eccovi aperto il Nostro cuore alla vigilia dell'apertura della Porta Santa; leggetevi le Nostre intenzioni le Nostre speranze, i Nostri voti.

Raccogliete il Nostro invito alla casa paterna; da vicino e da lontano, da ogni regione e continente, da tutte le frontiere e per ogni strada, valicando gli oceani e solcando i cieli, venite a questa Roma, che a voi apre le sue braccia sempre materne: «Securus iam carpe viam, peregrinus ab oris - occiduis quisquis venerandi culmina Petri - ... petis».(3)

Voi, che già per lunghi anni lasciaste il focolare domestico e vi tempraste alle asperità dei lunghi viaggi con gli eserciti in guerra, con le torme dei profughi, degli emigranti, degli sfollati, riprendete la via, ma questa volta in letizia, quasi legioni pacifiche di oranti e di penitenti verso la patria comune dei cristiani.  

«Roma mihi patria»

Poiché, senza privilegi di stirpe o di casta, Roma è la patria di tutti; ogni cristiano può e deve dire «Roma mihi patria». Qui si manifesta più particolarmente la soprannaturale provvidenza di Dio per le anime; qui attinsero i santi le norme e le ispirazioni dei loro eroismi; questa terra benedetta conobbe i trionfi dei primi martiri e fu la palestra d'invitti confessori. Qui è la rupe immota, dove ancorerete i vostri aneliti: il luogo e l'antico tropaeum del sepolcro glorioso del Principe degli Apostoli, che sorregge la Cattedra viva del Vicario di Cristo.

Nello splendore delle basiliche, nel decoro delle solenni liturgie, nelle penombre degli antichi cimiteri cristiani, accanto alle insigni reliquie dei Santi, respirerete un'aura di santità, di pace e di universalità, che varrà a dare alla vostra vita un profondo e cristiano rinnovamento.

E voi, diletti figli di Roma, a Noi più vicini e legati da più immediato ministero pastorale, che più volte in questo passato decennio Ci avete dato indubbie prove di attaccamento filiale, non sarete secondi a nessuno nell'adeguarvi coi vostri propositi e con la vostra condotta agli alti fini dell'Anno Santo. A voi si addice una carità particolare nell'accogliere i fratelli giunti di lontano, una esemplare morigeratezza dei costumi, una fervorosa pratica dei doveri religiosi. 

Accolga l'onnipotente e misericordioso Dio questi Nostri voti, e su voi che Ci ascoltate, su tutti gli uomini di buona volontà, su coloro di cui attendiamo il ritorno, scenda, come pegno delle più larghe misericordie del cielo, la Nostra Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XI,
 Undecimo anno di Pontificato, 2 marzo 1949 - 1° marzo 1950, pp. 327 - 340
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 A.A.S., vol. XXXXII (1950), n. 2, pp. 121 - 133.

(1) PIO PP. XII, Radiomessaggio Non mai forse sull'Anno Santo di Dio alla vigilia del Santo Natale, [A tutto il mondo], 24 dicembre 1949: AAS 42(1950). pp. 121-133.

(2) Catil. 52.

(3) PAULUS DIACONUS, Carmina, VIII,19-21: MGH Poetae lat. aevi carol., t I, p. 46.

                 



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