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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AI MISSIONARI PER GLI EMIGRATI ITALIANI
IN EUROPA E AI CAPPELLANI DI BORDO*

 Sala degli Svizzeri, Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo
Domenica, 6 agosto 1952

 

Vi diamo di gran cuore il benvenuto, diletti figli, e siamo lieti di rivolgervi una parola di elogio e di gratitudine per il vostro lavoro pastorale, incoraggiandovi a perseverare in esso con quella pazienza e generosità, che ogni apostolato, ma specialmente il vostro, richiede.

L'opera vostra abbraccia gli emigranti italiani in Europa, la cui assistenza spirituale è forse spesso più ardua che quella per gli emigranti di oltremare. Con ciò Noi non intendiamo in alcun modo di negare o rimpiccolire le difficoltà di questa ultima. Tuttavia accade sovente che gli emigranti di oltremare si stabiliscano nella loro nuova dimora come gruppi uniti. Allora il sacerdote ha l'attraente ufficio di rimettere in valore e forse anche di meglio consolidare la forma e gli usi di vita cristiana, i doveri del matrimonio, la educazione cristiana dei figli, la preghiera in famiglia, il rispetto della legge di Dio, la santificazione delle feste, tutto ciò, in una parola, che essi osservavano nell'antico paese nativo. Quanto bene è stato fatto in questo senso negli ultimi cinquant'anni, specialmente nelle colonie dell'Africa e dal nord al sud del continente americano!

A voi, diletti figli, più raramente — crediamo — è dalla la gioia della fondazione di compatte collettività cattoliche nelle missioni a voi affidate. Ordinariamente dovete assistere fedeli, che soli o in piccoli gruppi sono stati tolti dalle condizioni di vita e di costumi, in cui erano cresciuti, e vengono dispersi in terra straniera: dalla dolce lingua materna, in un idioma estero; dalle campagne, nelle grandi città o in distretti industriali con un tenore di vita del tutto diverso e non di rado corruttore; da un paese cattolico, forse là ove i cattolici non sono che una minoranza e ove la civiltà dominante non lascia facilmente venire alla pubblica luce l'intimo sentimento cattolico.

Ora l'esperienza insegna che l'uomo, sradicato dalla sua terra e trapiantato in suolo straniero, perde non poco della sicurezza di sè e, si direbbe quasi, della sua dignità di uomo. Questo tramutamento colpisce e snerva, almeno dal lato affettivo, anche i più interni sentimenti spirituali, la stessa vita religiosa. Occorre tempo e perseverante sforzo, affinchè l'uomo possa fissare e quasi radicare la sua fede cattolica nelle nuove e così differenti condizioni e portarla ad un normale respiro. Questo stadio intermedio diviene per molti occasione di pericolose crisi. Si ripete nelle più varie forme non tanto la storia del figliuolo perduto, quanto quella della pecorella smarrita, che non sa più ritrovare il retto cammino. E allora ha tanto maggiormente bisogno del sostegno, dell'aiuto, della parola illuminatrice e ammonitrice, dell'assistenza spirituale del sacerdote.

Tutto ciò voi sapete benissimo per propria esperienza, Anche in questi giorni avete scambiato le vostre conoscenze intorno alle vie più efficaci per poter sempre meglio essere alle anime a voi affidate padri e soccorritori. Ci restringeremo quindi a richiamare la vostra attenzione su tre brevi punti:

1°) Non vi infastidite, anzi piuttosto accettate con ilare pazienza, che una notevole parte della vostra attività debba consumarsi in opere di misericordia corporali, in interventi, in raccomandazioni, forse anche in assistenze giuridiche. Pensate con quale premura, tatto e delicatezza S. Paolo nella Lettera a Filemone trattò il caso dello schiavo Onesimo. È tutto un lavoro di carità, sempre prezioso dinanzi a Dio e agli uomini. Ognuna di quelle assistenze conducono coloro, a cui sono destinate, dolcemente più vicini a Dio e li confermano nella fede. In tal guisa essi divengono meglio disposti e più aperti ad accogliere in sè la vostra cura spirituale propriamente detta.

2°) Fate comprendere agli immigrati italiani che la vostra è un'assistenza spirituale straordinaria, la quale deve offrir loro, tra l'altro, la opportunità di confessarsi nella lingua materna, quando ciò non è possibile presso i sacerdoti indigeni, ma che frattanto essi debbono studiarsi nei giorni festivi di frequentare gli uffici divini insieme coi fedeli del Paese. Incoraggiateli ad accostumarsi alla vita religiosa del luogo, e soprattutto a prendere contatto con le organizzazioni cattoliche, specialmente dei lavoratori e della gioventù.

3°) Voi vi siete dedicati nei giorni scorsi allo studio anche dei problemi sociali. Dite ai vostri fedeli che la Chiesa ha sempre avuto e avrà sempre viscere materne per i lavoratori. La questione operaia, almeno nelle Nazioni in cui si svolge il vostro ministero, ha già da tempo oltrepassato i suoi primi stadi. Quel che, sessanta o settanta anni or sono, era ancora mèta da conseguirsi per l'operaio, è divenuto nel frattempo naturale diritto e sicuro possesso, — non senza la più valida cooperazione della Chiesa.

Lo scopo della questione operaia non può tuttavia essere per la Chiesa la lotta di classe, ma il superamento e la composizione dei contrasti sociali. L'azione di lei si estende a tutti i ceti e a tutte le condizioni del popolo.

Mentre pertanto raccomandiamo la vostra operosità sacerdotale alla intercessione e al presidio della Beatissima Madre di Dio, impartiamo di gran cuore a voi, diletti figli, e a tutti i fedeli affidati al vostro zelo, la Nostra Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIV,
 Quattordicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1952 - 1° marzo 1953, pp. 265-267
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 A.A.S., vol. XXXXIV (1952), n. 14 - 15, pp. 773 - 775.

 



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