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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
PER LA VI SETTIMANA NAZIONALE ITALIANA
DI AGGIORNAMENTO PASTORALE*

Sala degli Svizzeri, Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo 
Venerdì, 14 settembre 1956

 

Di gran cuore vi diamo il benvenuto, Venerabili Fratelli e diletti figli partecipanti alla « VI Settimana Nazionale di Aggiornamento Pastorale » nella eterna Città. Sappiamo che con la scelta di Roma a sede delle vostre riunioni in quest'anno, il vostro Centro ha voluto rendere filiale omaggio alla Nostra persona, e insieme testimoniare il suo sviluppo ed affermare la volontà di estenderne l'influsso il più largamente possibile. E veramente è proprio di quest'alma Mater, Roma, il comunicare alle opere, anche se sorte in lontane regioni, purchè ad essa congiunte nel medesimo spirito, quasi il crisma della universalità, in contraccambio del pregio, che da quelle le proviene.

Nelle informazioni, che avete avuto la bontà d'inviarCi, si ricorda che il « Centro di Orientamento Pastorale » è sorto in Milano nel settembre 1953, in seno all'Istituto di Studi Superiori « Didascaleion ». Mentre esso era dapprima ristretto alla diocesi Ambrosiana, si sentì ben presto la necessità di diffonderlo in tutta l'Italia con un triplice scopo: 1° - aggiornare il Clero e il Laicato cattolico sui movimenti tendenti a far fiorire la vita cristiana, illuminandone il profondo valore alla luce della teologia dogmatica e morale, della sociologia e della storia; 2° - studiare gl'impegni direttivi, che si devono assumere, e i mezzi pratici, che si devono usare, per una azione luminosa e feconda; 3° - attuare una intesa di coordinamento dell'azione pastorale, che pone in Italia problemi di carattere generale. Il Centro medesimo ha un organo trimestrale « Orientamenti Pastorali », che si propone l'ufficio di « orientare - aggiornare - coordinare », e promuovere soprattutto le « Settimane nazionali di aggiornamento Pastorale », delle quali la presente, che è la sesta, ha per tema fondamentale « La parola di Dio nella comunità cristiana »; tema che si suddivide alla sua volta in molteplici argomenti speciali. È una ricchezza, vorremmo quasi dire sovrabbondante, di questioni e di problemi, che vengono trattati ognuno da insigni relatori; problemi che toccano i punti vitali dell'apostolato e la cui retta soluzione accrescerà il tradizionale vigore a quello strumento primordiale della fede che è la predicazione.

Accogliendo la vostra domanda, Ci proponiamo di aggiungere qualche pensiero a tante vostre dotte e sagge dissertazioni e lezioni sulla Parola di Dio nell'ufficio pastorale e come mezzo per la rinascita cristiana del mondo e per la salvezza dell'anima nell'uomo moderno; l'uomo moderno intimamente assetato della Parola di Dio e della sua verità. Quando questa genuina risuoni, sembra — vogliamo dire — che il sibilo delle macchine, le grida delle folle, i gemiti del dolore, l'urlo delle passioni, sospendano improvvisamente l'assordante frastuono, e nello spirito, circondato da una salutare zona di silenzio, scorra il rivolo ristoratore della speranza.

Noi quindi non intendiamo di esporre dinanzi a voi come l'annunzio della Parola di Dio debba essere in concreto presentato e adattato alle condizioni di luogo, di tempo e di persone, per rispetto ai problemi moderni, alla moderna mentalità, ai moderni sentimenti, al linguaggio moderno. Ma al di sopra di tutto ciò — o meglio, come suo fondamento, — vi è un altro elemento, più profondo, che troviamo anche nelle vostre linee direttrici, sul quale vorremmo richiamare la vostra attenzione. Noi vediamo in esso non soltanto un ultimo orientamento, ma anche, per il sacerdote come per il laico, una intima liberazione, un acquietamento, una sicurezza, una difesa contro la tiepidezza e la esteriorità. Il Signore stesso ha predicato la parola di Dio: a sua imitazione la predica la Chiesa attraverso i secoli. Perciò prendiamo come oggetto del Nostro odierno discorso: la predicazione della Parola di Dio nella comunità ha la sua misura e il suo ultimo orientamento 1°) nella predicazione di Cristo e 2°) in quella della Chiesa.

I. – PREDICAZIONE. DEL SIGNORE E PREDICAZIONE DEL SACERDOTE

Quando noi, rivivendo in pia meditazione il Vangelo, ci poniamo con lo spirito tra la folla assiepata intorno al divino Maestro nell'atto di annunziare la buona Novella, ci colpisce innanzi tutto come Egli sappia trasfondere nella parola la sua anima, insieme con la inesauribile ricchezza della sua sapienza e del suo amore, di modo che la parola stessa diviene specchio fedele della sua Persona. La predicazione dunque di Cristo ha un carattere personale, d'immensa efficacia.

I. - IL CARATTERE PERSONALE DELLA PREDICAZIONE DEL SIGNORE

Questo carattere personale mostra, primieramente, una assoluta chiarezza e sicurezza della mente e una assoluta determinazione e fermezza della volontà. Il Signore si dà tutto e intieramente all'annunzio della Parola di Dio. « Mea doctrina non est mea, sed eius qui misit me... Qui a semetipso loquitur, gloriam propriam quaerit; qui autem quaerit gloriam eius, qui misit eum, hic verax est, et iniustitia in illo non est » (Io. 7, 16, 18).

Un secondo segno caratteristico è la sua dedizione al servizio delle anime. « Misereor super turbam »! (Marc. 8, 2). Significantissima è a tale riguardo la parabola del buon Pastore (Io. 10, 1-21). « Ego sum pastor bonus. Bonus pastor animam suam dat pro ovibus suis ». — Egli si donava agli uomini e alle anime in sempre rinnovata predicazione della Parola di Dio: portandosi di luogo in luogo, di città in città (Luc. 4, 42-43), o rimanendo nello stesso luogo (Marc. 8, 2), nelle sinagoghe (Luc. 4, 15), nel tempio, sulle sponde del lago (Luc. 5, 1) o in una barca sul mare (Marc. 4, 1), sui monti (Matth. 5, 1; 15, 29); egli guariva i malati, risuscitava i morti, accumulava miracoli sopra miracoli, affinché gli uomini credessero alla sua parola, e perché così il seme della parola di Dio mettesse radici nelle loro anime e producesse frutto (cfr. Luc. 8, 11-15). Dalle labbra del Signore sgorgavano le parabole e le similitudini. con le quali egli rivestiva la Parola di Dio, affinché rimanesse scolpita nel cuore degli uomini e li inducesse alla riflessione. In tal guisa l'annunzio della Parola di Dio era mosso nel Signore da un immenso, instancabile, operoso amore verso le anime.

Come terzo elemento caratteristico troviamo una calma di giudizio e una intima indipendenza dal gradimento come dallo scontento, dal favore come dal disfavore degli uomini. — Con la sua aperta riprovazione della vanagloria e dell'ambizione degli Scribi e dei Farisei egli mostrava il suo pieno distacco dal plauso del popolo e delle classi dirigenti (Matth. 23, 1-36). La moltitudine, veduto il prodigio operato da Gesù, voleva farlo re; ma egli fuggì e si ritirò solo sul monte (Io. 6, 15). Egli sperimentò l'Osanna del solenne ingresso e il Crucifige della Passione con piena superiorità di spirito; non si lasciò nè trasportare dall'uno nè spaventare dall'altro (Marc. 9, 11; Luc. 19, 37, 40; Io. 19, 6-15).

Questi brevi accenni sul carattere personale del Redentore nell'annunzio della Parola di Dio siano al sacerdote di ammaestramento per la sua disposizione interna nella predicazione della stessa Parola!

2. - LA PREDICAZIONE DEL SIGNORE PER RISPETTO AL SUO CONTENUTO

Rivolgete ora un rapido sguardo al contenuto della predicazione del Signore, affine di farne propri in voi i caratteri e l'oggetto, sicchè la vostra parola sia degna di fedeli ambasciatori di Cristo.

a) Agli ascoltatori il Signore anzi tutto inculcava, come disposizione di animo e di cuore per ricevere fruttuosamente il suo insegnamento, la serietà morale, con cui l'uomo deve accostarsi alla rivelazione e alle richieste divine, che non ammettono leggerezza e superficialità (Matth. 11, 16-17; 7, 21); quindi la rettitudine e la sincerità di cuore, che esclude ogni ipocrisia e doppiezza (Matth. 16, 6; Luc. 12, 1); lo zelo per il Regno di Dio, che è inconciliabile con l'oziosa passività (Matth. 7, 13, 25, 21. 23. 30); la costante vigilanza (Matth. 25, 13; Marc. 13, 35-37); la cosciente e ferma adesione alla parola e al volere di Dio (Matth. 7, 21; 19, 17; Luc. 11, 28).

Nei cuori così preparati il Signore riversava l'abbondanza dei più alti insegnamenti.

Egli voleva stringere gli uomini in un vincolo sempre più profondo col Padre che è nei cieli; e perciò infondeva in loro, da una parte, timore dinanzi alla infinita maestà di lui (Matth. 10, 28), dall'altra, incondizionata fiducia e filiale amore sopra ogni altra cosa (Matth. 6, 9; 22, 37). Gli uomini debbono sentirsi al sicuro nel premuroso e previdente amore del Padre celeste, e quindi non debbono affannarsi eccessivamente per la cura dei beni materiali (Matth. 6, 25. 33).

b) Ma inoltre la predicazione del Signore ispirava ai cuori l'unione con Cristo: la fede in Cristo, la fiducia, l'amore di Cristo, la incondizionata dedizione a Cristo e per Cristo (Matth. 10, 32-39), la imitazione di lui. Cristo è il centro della predicazione. Chi legge la predicazione di Cristo nei Vangeli, trova che separare dalla predicazione della Parola di Dio Cristo, sarebbe toccare e falsificare la sua stessa sostanza. Dunque Cristo è inseparabile anche dalla predicazione del Sacerdote nel ministero pastorale, secondo la esortazione dell'Apostolo San Paolo: « Nos autem praedicamus Christum crucifixum » (1 Cor. 1, 23) « Non enim nosmet ipsos praedicamus, sed Iesum Christum » (2 Cor. 4, 5).

Per tutto il restante oggetto della predicazione di Cristo Ci restringeremo a nominare semplicemente - oltre le grandi promesse di Lui (il cielo, l'Eucaristia, la risurrezione, la vita eterna) - i doveri di cui parlava, per conoscere così ciò di cui egli trattava, come lo apprezzava, come lo accentuava, affinchè il Sacerdote in cura pastorale non perda mai di vista i medesimi argomenti, ma a tempo opportuno li esprima nelle sue prediche, memore del pensiero: Il Signore ha fatto così.

Ora tra quei precetti troviamo innanzi tutto il dovere della preghiera (Luc. 18, ; Matth. 7, 7); il dovere della umiltà interna ed esterna con la riprovazione di ogni orgoglio e arroganza (Luc. 14, n; 18, 14; Matth.11, 29) ; il dovere della abnegazione e del sacrificio; il dovere del dominio sulle passioni (Matth. 5, 30); il dovere di portare la croce al seguito del crocifisso Signore (Luc. 9, 23); il dovere di tendere verso la perfezione (Matth. 5, 48); il grande dovere dell'amore del prossimo, simile a quello del primo e massimo precetto dell'amore di Dio (Matth. 22, 39) ; il dovere della sottomissione alla Chiesa e all'Autorità stabilita da Cristo (Matth. 18, 17; Luc. 10, 16); il dovere della santità e della indissolubilità del matrimonio; la dottrina e il fatto della superiorità e della preminenza della verginità sul matrimonio (Matth. 19, 3. 12); la dottrina sul giudizio e la mercede di Dio per ogni uomo secondo le sue opere (Matth. 6, 4. 6. 18; 16, 27; 25, 34-36. 41-43); la dottrina della inesauribile misericordia di Dio nel perdono dalla colpa e dalla pena, finchè dura per ognuno il tempo della vita di quaggiù (Luc. 15, -7. 8-10; 5, 20-24; Io. 20, 23).

Tutto ciò c'induce a confrontare la predicazione del Sacerdote con quella del Signore, e in tal guisa a trarre dalla predicazione di Cristo la più alta direzione e la suprema misura per l'« Orientamento pastorale » e l'« Aggiornamento pastorale ».

I. - PREDICAZIONE DELLA CHIESA E PREDICAZIONE DEL SACERDOTE

Dobbiamo ora portare la nostra attenzione sulla seconda parte del tema annunziato in principio, e in un triplice aspetto: 1°) La missione della Chiesa nella predicazione della Parola di Dio; 2°) La esecuzione di questa missione nel corso della storia; 3°) La esecuzione della medesima missione nel tempo presente.

I. - LA MISSIONE DELLA CHIESA NELLA PREDICAZIONE DELLA PAROLA DI DIO

La Teologia fondamentale e la Dogmatica offrono, quando parlano della Chiesa, ampie dissertazioni e fonti di argomentazioni intorno al suo Magistero, illustrandone la natura, l'origine, l'oggetto diretto e indiretto, le prerogative, l'attività nelle sue varie forme. Su ciò però è superfluo di trattare dinanzi a voi, ai quali, come teologi, è già tutto questo ben noto. Vorremmo dunque prendere un'altra via e, quasi in continuazione della prima parte del Nostro discorso, mostrare come la missione della Chiesa per la predicazione della Parola di Dio è il proseguimento della predicazione di Cristo, così nel suo contenuto (« veritas Christi »), come nel suo scopo, e nelle richieste di Cristo per la condotta degli uomini.

Dal classico testo sopra la facoltà e l'obbligo della Chiesa d'insegnare « Euntes docete omnes gentes . . . docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis » (Matth. 28, 20), vogliamo rilevare un solo punto : gli Apostoli (e in essi la Chiesa) debbono annunziare quel che il Signore ha annunziato; e debbono insegnare ad osservare tutto ciò che egli aveva loro comandato di credere e di operare. Negli Atti degli Apostoli si legge che il Signore, prima di salire al cielo, istruì nuovamente gli Apostoli sulla missione che li attendeva e sull'armatura che avrebbe loro data per il compimento di essa. « Eritis mihti testes... usque ad ultimum terrae » (Act. 1, 8). Gli Apostoli dovevano essere testimoni di Lui, della sua dottrina, della sua vita, della sua passione, della sua resurrezione. Per renderli atti a tale testimonianza, sarebbero stati battezzati nello Spirito Santo (« baptizabimini Spiritu sancto» Act. 1, 5); essi avrebbero ricevuto la forza dello Spirito santo, che sarebbe venuto sopra di loro (« accipietis virtutem supervenientis Spiritus sancti in vos » Act. 1, 8). Già questi brevi accenni illustrano l'idea della missione della Chiesa nella predicazione della Parola di Dio in un aspetto alquanto diverso e l'approfondiscono più di quel che suole comunemente presentare la Teologia fondamentale, la quale, procedendo teoricamente, non usa porre in prima linea la vivente realtà. Ma il pieno senso di quanto bramiamo ora di dire, Noi cerchiamo di raccoglierlo dalle labbra del Salvatore stesso nel suo discorso di commiato, ove il Redentore palesa in affettuoso colloquio il suo pensiero sulla missione che affidava agli Apostoli e per essi alla Chiesa.

Il Signore era alla fine della sua vita terrena; a coloro, che dovevano continuare la sua missione, egli avrebbe avuto ancora molte cose da dire; ma così come essi erano allora, non si trovavano in grado di sostenerle (Io. 16, 12); perciò egli avrebbe pregato il Padre, che mandasse un altro παράκλητον affinchè rimanesse per sempre con loro, lo Spirito di verità, che il mondo non può ricevere, perchè non lo vede nè lo conosce (Io. 14, 16-17). Questo Adiutore, questo Spirito Santo, avrebbe agli Apostoli insegnato tutto e ricordato quanto egli aveva detto, cioè tutta la veritas Christi (Io. 14, 26). Così sarebbero stati atti a continuare l'annunzio della parola di Cristo nello spirito di Cristo. Essi ebbero tutto ciò che avrebbero dovuto insegnare dalla forza e dall'autorità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. — E in tal guisa voi avete, dilettissimi figli, una chiave per la comprensione e l'apprezzamento della predicazione della Chiesa; predicazione della dottrina di Cristo mediante i maestri della Chiesa, il Papa, e i Vescovi in comunione con lui. È il Dio uno e trino, che attraverso il magistero ecclesiastico comunica verità, luce e vita.

Queste considerazioni, lungi dal rendere superflua la sistematica esposizione e i chiari limiti della Teologia scientifica intorno all'origine e alle qualità del Magisterium ecclesiasticum, la inducono invece ad evitare quelle false interpretazioni e arbitrarie illazioni, che anche recentemente sono state da alcuni proposte. Ma esse sono al tempo stesso un aiuto per stimare più altamente la predicazione della Chiesa e prestarle maggiore attenzione, per accoglierla più prontamente, mentre fanno meglio comprendere ciò che da essa s'irraggia: verità, luce e vita dalle profondità di Dio.

2. - L'ESECUZIONE DI TALE MISSIONE NEL CORSO DELLA STORIA

Non si tratta qui di esporre un compendio della storia della Chiesa. Da parte Nostra, non intendiamo in questo punto che di esaminare la questione.

È stata la predicazione della Chiesa, fondata sulle verità, che il Signore le ha dato la missione d'insegnare, e sostenuta dallo Spirito di Dio, in ogni tempo, successivamente, adattata all'uomo moderno e al suo tempo? Per rispondere a questa domanda, occorre volgere uno sguardo al passato.

Ciò che il Salmista dice dello Spirito Creatore e che la Chiesa applica nella sua preghiera allo Spirito Santo, lo vediamo attuato dalla sua predicazione nel corso dei secoli: Emitte Spiritum tuum et creabuntur, et renovabis faciem terrae. La Chiesa, che ha diffuso nel mondo la verità di Cristo con la forza dello Spirito Santo, ha rinnovato il volto della terra, non una sola volta, ma in sempre ripetuta guisa. Nella sua opera di magistero ha, durante quasi due millenni, superato la prova della realtà e della vita. Lo dimostrano i primi tempi del cristianesimo in mezzo al mondo pagano e al culto dei falsi dei; i tempi della caduta dell'Impero romano e della sua civiltà; i tempi delle invasioni di nuovi popoli e di nuove stirpi; il Medio Evo con la sua fioritura cristiana; il tempo di un nuovo paganesimo; il tempo della infelice scissione nella fede in Occidente; il tempo dell'illuminismo, e così di seguito. Dappertutto e sempre lo scopo e l'esito della predicazione della Chiesa sono stati: fare dell'uomo il cristiano, infondere nell'uomo la verità, la vita e la ricchezza della grazia del Signore. In questo senso la predicazione della Chiesa si è dimostrata adattabile e adattata a tutti gli uomini, i tempi e le civiltà.

È ben noto fra quali lotte e persecuzioni questa predicazione della Chiesa è avanzata nel corso dei secoli; come si sono avvicendate vittoria e sconfitta, ascesa e discesa, eroica confessione con sacrificio dei beni e della vita, ma anche in alcuni suoi membri caduta, tradimento, scissura. Una testimonianza della storia è univocamente chiara: Portae inferi non praevalebunt (Matth. 16, 18); ma non manca anche l'altra testimonianza; anche le porte dell'inferno hanno avuto i loro parziali successi. Certo, quando si pensa alla ricchezza di verità e di grazia, di cui il Signore ha dotato la Chiesa per l'adempimento del suo magistero, si supporrebbe che il suo cammino attraverso i secoli non sia stato che una continua salutare e pacifica vittoria. Ma gli avvenimenti si sono svolti ben altrimenti, cioè come il Redentore stesso aveva predetto agli Apostoli: « Il servo non è da più del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi » « Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me » (Io. 15, 18-20). Quindi sforzi e lotte, persecuzioni e oppressioni; piuttosto una Via Crucis che un solenne incedere tra giubilanti Osanna; ma a lungo andare, mediante la verità e la forza dello Spirito Santo, la Chiesa ha conquistato la mente e il cuore d'innumerevoli uomini.

3. - LA ESECUZIONE DELLA MISSIONE NEL PRESENTE

Quanto abbiamo detto nel passato, vorremmo estendere anche al presente. Un « Centro di Orientamento pastorale » con lo scopo di « aggiornamento pastorale » è giusto e in molti casi necessario. Il « sacerdote in cura di anime » può e deve sapere quel che affermano la scienza moderna, l'arte e la tecnica moderne, in quanto riguardano il fine e la vita religiosa e morale dell'uomo; quel che è religiosamente e moralmente ammissibile, quel che è inammissibile, quel che è indifferente. Ora dobbiamo anche per il presente ripetere quanto abbiamo detto per il passato: vi è una simile (e oggi anche maggiore) necessità di un « aggiornamento pastorale » — vogliamo dire: adattamento — alla predicazione della Chiesa (il vivum Magisterium ecclesiasticum), come altresì un « aggiornamento pastorale » alle scienze moderne; anzi dobbiamo dire che vi è al momento presente una più grande necessità dell'« orientamento » delle stesse scienze moderne (in quanto esse toccano i campi religiosi e morali al magistero della Chiesa, come, d'altra parte, di un orientamento del magistero della Chiesa alle scienze moderne (senza pregiudizio dell'autonomia delle scienze medesime, in quanto esse non toccano, nè direttamente nè indirettamente, il campo religioso-morale, e in quanto non ne venga a soffrire l'ordinamento della vita umana al fine ultimo soprannaturale). Ora a Noi importa di rendere più consapevole e di rafforzare il personale convincimento della necessità di prendere e mantenere questo contatto col magistero della Chiesa, per renderlo così adatto al tempo e all'uomo contemporaneo. La Chiesa ha in sè l'armamento che Cristo le ha dato: la verità di Cristo e lo Spirito Santo. Essa così armata ha la sua mano al polso del tempo, e i fedeli debbono avere la loro al polso della Chiesa, per essere rettamente orientati e poter trovare e dare una retta diagnosi e prognosi sul tempo rispetto alla eternità.

La Enciclica Humani generis del 12 Agosto 1950, De non nullis falsis opinionibus, quae catholicae doctrinae fundamente subruere minantur, (Acta Ap. Sedis, a 42, 1950, pag. 561 e segg.), è in non piccola parte la confutazione di un falso « Orientamento » e « Aggiornamento » della teologia, filosofia ed esegesi a moderne e non abbastanza fondate correnti e tendenze scientifiche. Vi si parla di ingiustificata inclinazione verso erronei sistemi filosofici, di concessioni che taluni si mostravano disposti a fare (evoluzionismo, idealismo, immanentismo, pragmatismo, esistenzialismo, storicismo), come anche nel campo della teologia e della esegesi. La « nuova teologia » pretendeva di assimilarsi al tempo moderno e di rendere allo scienziato cattolico più naturale e facile l'essere cattolico. In realtà si cominciò arbitrariamente a correggere ciò che esisteva, a sopprimerlo, a mutarlo, a ricostruirlo, a mitigare la rigidezza e la immutabilità di principi metafisici, a rendere più pieghevoli le precise definizioni dogmatiche, a sottoporre a revisione il senso e il contenuto del soprannaturale e la sua intima struttura, a spiritualizzare e rammodernare la teologia della Eucaristia, a rinnovare e ad avvicinare al pensiero e al sentimento moderno la dottrina sulla redenzione, sulla natura e gli effetti del peccato ed altri non pochi punti. Un simile movimento si era mostrato anche nel campo della esegesi. Qui si volevano assumere i pensieri e le conclusioni delle scienze profane, ma spesso senza serio esame e ponderazione. Alcuni altri esempi del tempo presente vorremmo ora menzionare, affinché voi vediate sempre meglio quanto sia oggi necessario il contatto dell'« Orientamento » e « Aggiornamento » col vivo Magistero ecclesiastico.

L'« Orientamento moderno » è in rapporto di vigilanza e di critica non solo con la « Nuova Teologia », ma anche con la « Nuova Morale ». Il pensiero della Chiesa su tale argomento è stato da Noi esposto in due discorsi del 23 Marzo e del 18 Aprile 1952 (Discorsi e Radiomessaggi, vol. XIV, pag. 19-27 e 71-78). In una materia,, affine la S. Sede si è pronunziata recentemente mediante la Istruzione della Suprema S. Congregazione del S. Offizio sulla « Ethica situationis », del 2 Febbraio u. s. (Acta Ap. Sedis. a. 48, 1956, pag. 144-145), sistema che domina la mente di non pochi, perchè ha qualche cosa di affascinante e di cui non è da essi chiaramente veduto il carattere pericoloso. Il « Centro di Orientamento » si trova qui dinanzi a un grave officio, se vuol dare un aggiornamento fondato su base scientifica. — La competenza e i pronunziamenti della Chiesa in questioni riguardanti la legge e l'ordine naturale, i problemi sociali, il laicismo nei suoi più svariati campi, come l'educazione e la scuola, la vita dello Stato, i rapporti e il diritto internazionali; le questioni del diritto bellico e della guerra moderna; su tutto ciò la S. Sede ha parlato, e l'Orientamento pastorale moderno farà bene a tener presenti anche questi insegnamenti. Un altro punto non potremmo nemmeno lasciare sotto silenzio. Particolari circostanze nel più recente periodo della vita ecclesiastica C'indussero a dire, nelle Nostre due Allocuzioni al Sacro Collegio e all'Episcopato del 31 Maggio e del 2 Novembre 1954 (Discorsi e Radiomessaggi, vol. XVI, pag. 41-46 e 245-256), una parola sul fondamento del Magistero iure divino del Papa e dei Vescovi e sull'insegnamento dei Teologi, i quali non per diritto divino, ma per delegazione della Chiesa, esercitano il loro ufficio, e quindi rimangono sottoposti alla autorità e alla vigilanza del legittimo Magistero. Se essi come Teologi sono attivamente interessati nell'« Orientamento » e adducono argomenti scientifici, avrebbe potuto presentarsi il quesito, se la parola dei Teologi o quella del Magistero della Chiesa offre maggiore peso a garanzia di verità. Al quale proposito nella Enciclica Humani generis si legge : Quod quidem depositum (fidei) ... nec ipsis theologis divinus Redemptor concredidit authentice interpretandum, sed soli Ecclesiae Magisterio... Quare Decessor Noster imm. mem. Pius IX, docens nobilissimum theologiae munus illud esse, quod ostendat quomodo ab Ecclesia definita doctrina contineatur in fontibus, non absque gravi causa illa addidit verba: eo ipso sensu, quod ab Ecclesia definita est » (l. c. pag. 569). Decisiva dunque per la conoscenza della verità è non già la « opinio theologorum », ma il « sensus Ecclesiae ». Altrimenti sarebbe un fare i Teologi quasi « magistri Magisterii »; il che è un evidente errore.

Ciò non toglie certamente che i Teologi e gli scienziati si adoperino per dare un fondamento scientifico a tutta una serie di acute questioni della vita. Certamente la S. Sede ama, loda e promuove le erudite ricerche e le alte speculazioni dei Teologi, che approfondiscono le verità rivelate e che non esitano di considerare, spiegare e sostenere le dichiarazioni del Magistero ecclesiastico con serietà scientifica, al lume della ragione illustrata dalla fede (Conc. Vatic. Sess. III cap. 4), vale a dire, come affermava Pio IX, « in sensu Ecclesiae ».

Sulle molte questioni particolari, che ricadrebbero altresì nel presente argomento, concernenti la medicina, la psicologia, la psicoterapia e la psicologia clinica, il diritto, la colpa e la pena, la sociologia, le questioni nazionali e internazionali ed altre simili, non possiamo ora che rimandare ai non pochi discorsi da Noi pronunziati.

La recentissima Enciclica De sacra Virginitate del 25 Marzo 1954, vi ha manifestato, tra l'altro, la mente della Chiesa sugli interminabili dibattiti degli uomini moderni, specialmente dei giovani, intorno alla importanza, anzi, come alcuni vogliono, indispensabile necessità del matrimonio per la persona umana (che senza di esso rimarrebbe, a loro avviso, quasi uno storpio spirituale), come anche alla pretesa superiorità del matrimonio cristiano e dell'atto coniugale sulla verginità (che non è un sacramento efficace ex opere operato) (Acta Ap. Sedis, a. 46, 1954, pag. 174-176).

Nè vorremmo omettere di menzionare egualmente un passo della Enciclica sulla « Musica sacra », del 25 dicembre 1955, ove è espressamente esposto il pensiero della Chiesa circa la tanto dibattuta e spesso erroneamente risoluta questione sulla indi pendenza dell'arte da tutto ciò che non è arte. Voi ben sapete quanto spesso, anche in ceti cattolici, questo argomento è discusso senza chiara conoscenza dei veri principi fondamentali (Acta Ap. Sedis, a. 48, 1956, pag. 10-11).

Siamo così al termine di questa Nostra esortazione, che Ci auguriamo possa essere per il vostro Centro simile al « fermento, quod acceptum mulier abscondit in farinae satis .tribus, donec fermentatum est totum » (Matth. 13, 33). In verità voi sarete lievito di salute per tutto il mondo moderno, nella misura che attingerete sotto la guida della Santa Madre Chiesa il vigore inesauribile dell'eterno Verbo, il quale si fece carne per rendere gli uomini partecipi della sua divina natura. Similmente ogni Pastore di anime si accosta al mondo con la intelligenza, la scienza e il cuore, non già per essere dal mondo ridotto allo stesso suo piano, ma per comunicargli con parola umana la verità liberatrice di Dio, la perfezione trasumanante del Redentore Gesù. E affinchè possiate adempiere questo vostro ufficio con frutto, vi conceda il Signore un abbondante incremento dello « Spirito di Cristo » e dello « spirito della Chiesa » di Cristo.

Intanto, in pegno di così insigne grazia, v'impartiamo di cuore la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XVIII,
 Diciottesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1956  1° marzo 1957, pp. 443 - 455
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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