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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
ALLE FAMIGLIE DEI CADUTI
E DEI DISPERSI IN GUERRA*

Basilica Vaticana - Domenica, 30 marzo 1958

 

Abbiamo volentieri accolto il vostro desiderio di essere benedetti da Noi, diletti figli reduci e famiglie dei dispersi in guerra. Purtroppo non possiamo intrattenerCi a lungo con voi, a causa dei limiti impostiCi dalla scarsa disponibilità di tempo, e d'altronde già ripetutamente abbiamo trattato il triste argomento della guerra, giudicando la sua liceità, indagando sulle sue cause, sottolineando le sue conseguenze, suggerendo i suoi rimedi. Tuttavia non potevamo rinunciare ad un incontro con voi, che portate sulle vostre carni e nel vostro cuore i segni di una sofferenza difficile, se non addirittura impossibile a lenirsi; eccoCi dunque a riandare, sia pure per pochi istanti, agli innumerevoli campi di battaglia, dove per volere dei capi si scontrarono e perdettero la vita giovani forti e generosi.

Siccome prevedevamo allora quello che poi tristemente accadde, Noi non mancammo di ammonire solennemente i reggitori di popoli, affinché nulla fosse omesso di ciò che poteva arrestare gli uomini sull'orlo del baratro orrendo; in quel giorno ormai lontano Noi proclamammo che nulla era perduto con la pace, mentre tutto poteva essere perduto con la guerra (Discorsi e Radiomessaggi, vol. I p. 306). Purtroppo la Nostra voce di Padre accorato non fu ascoltata. Si scatenò la guerra: e furono spaventosi scontri di popoli, distruzioni di città; fu lo scompaginamento di tante famiglie, la scomparsa di tanto benessere; furono gli odii, le violenze più atroci, la noncuranza e il disprezzo di ogni diritto.

Da quella guerra non pochi, per grazia di Dio, tornarono e poterono riabbracciare i loro cari, riprendere il loro lavoro. Noi salutiamo i reduci qui presenti con tutta l'effusione del Nostro affetto paterno, mentre preghiamo il Signore affinché provveda a voi, alle vostre famiglie il necessario sostentamento, e ricordiamo, d'altra parte, a chi di dovere l'obbligo di non dimenticare il sacrificio che faceste ubbidendo alla chiamata della Patria, lasciando i vostri cari e affrontando generosamente, spesso eroicamente, gli inenarrabili disagi della guerra.

Ma insieme con voi sono qui presenti alcune famiglie di caduti e dispersi in guerra; ad esse vorremmo dire una particolare, breve, ma affettuosa parola di conforto.

I° – Per chi non ha la fede, per coloro che non hanno speranza, « qui spem non habent » (I Thess. 4, 13), i morti sono finiti per sempre: ridotti in polvere, confusi, ormai, con la terra che li raccolse, quando caddero sui campi di battaglia. Anche i « dispersi » non hanno per essi una sorte molto migliore: non si sa infatti se vivono, non si sa dove e come vivono; sono pressoché perdute le speranze di poterli riabbracciare; forse — così essi immaginano — moriranno presto e la morte sarà anche per loro la fine di tutto, per sempre. Davanti ai caduti, pensando ai « dispersi », chi non ha fede può solo dare sfogo al dolore, può solo esser ripieno di desolazione, forse persino di disperazione. Accade in tal modo che, le madri specialmente, non vogliono essere con solate e piangono perchè i loro figliuoli non sono più.

2° – Ma voi, diletti figli, voi avete fede. Per voi, quindi, la scena, pur rimanendo oltremodo dolorosa, è nondimeno illuminata da una gran luce. Poiché i fedeli del Signore, tristi per la certezza della morte, sono consolati dalla promessa di una vita immortale: « ut quos contristat certa moriendi conditio, eosdem consoletur futurae immortalitatis promissio » (Praef. Defunct.). Dunque la loro morte non è distruzione della vita, ma trasformazione; perchè mentre va in dissoluzione il corpo, l'anima di chi muore nel Signore si libra a volo e raggiunge Dio e Lo possiede, e ne è posseduta: e gode con Lui fino al giorno, in cui anche il corpo risorgerà e, riunito all'anima, sarà anch'esso beato per sempre. Dunque tu, o madre, non hai più il figliuolo sulla terra, ma sai che egli sta ad attenderti in cielo; e tu puoi parlargli; puoi, in un certo senso, anche ascoltarlo. Credi che il tuo figliuolo può aiutarti presso Dio più di quanto poteva fare, quando era ancora sulla terra. Che se poi l'anima di lui fosse ancora nel luogo della purificazione, tu sai che puoi, o madre, darle refrigerio: puoi affrettarne la liberazione, e al tempo stesso riceverne aiuto.

Anche i « dispersi » non sono completamente tali per chi ha fede; lo sguardo di Dio li segue dovunque: Dio, Padre amoroso e onnipotente, sa dov'essi sono, sa che cosa essi fanno, sa di che cosa hanno bisogno. Dio, che vede, provvede anche; vale infatti anche per essi la parola di Gesù: « tutti i capelli del loro capo sono contati » (Matth. 10, 30) e « nessuno di essi andrà perduto » (cfr. Luc. 2I, 18), senza il permesso o il volere del Padre celeste. Voi, diletti figli e figlie, avete ferma fede in questa universale paterna provvidenza di Dio; avete anche la certezza che i rapporti tra voi e i vostri cari « dispersi » non sono del tutto interrotti; voi potete in qualche modo raggiungerli, potete aiutarli con le vostre preghiere. Essi, alla lor volta, — ce lo auguriamo — stanno innalzando preghiere a Dio per voi, per la vostra serenità, per la vostra pace.

Anche Noi preghiamo, affinché, dopo il sangue sparso in tanti campi, dopo le sofferenze di tanti soldati combattenti e di tante famiglie rimaste nella desolazione e nell'abbandono, il Signore voglia scongiurare il pericolo di una nuova guerra. Guerra « mondiale », come nessun'altra, e quindi, come nessun'altra, orrida e disastrosa per le sorti della intera umanità.

Ecco, diletti figli, quanto Ci è nato in cuore e salito alle labbra in questo breve, ma affettuoso incontro. Noi speriamo di avervi ridato la certezza che tra voi e i vostri cari vi è, indistruttibile, l'unione vera. Perchè Noi e voi crediamo fermamente nel dogma consolante della comunione dei santi: comunione di cose sante fra i santi, cioè tra tutti i fedeli.

Ed ora, prima di chiudere questo Nostro messaggio, non potremmo omettere di aggiungere una parola e una implorazione per coloro che sono ancora trattenuti in prigionia, affinchè siano finalmente restituiti alle loro famiglie e alla loro patria; parola che intendiamo di rivolgere in modo particolare ai Rappresentanti delle Associazioni estere presenti in questa Udienza, e che qui cordialmente salutiamo.

Puisque Nous parlons à ceux qui sont revenus de la guerre, Nous ne pouvons omettre d'évoquer aussi tous ceux qui, treize ans après la fin des hostilités, sont encore retenus loin de chez eux comme prisonniers. Nous invitons instamment les autorités, dont dépend leur sort, à dégager cette question de toutes les implications et visées politiques et à la considérer comme elle est en réalité: une question d'humanité et de responsabilité morale devant Dieu. A tous les prisonniers, rendez enfin leur famille, leur patrie, la liberté.

Nous invoquons les faveurs divines sur vous-mémes, chers fils, et sur ceux qui vous sont chers, sur les familles encore désolées par l'absence d'un étre aimé, sur ceux qui, retenus loin de leur foyer, confient à Dieu leur espoir de retour; dans l'effusion de Notre coeur paternel, à tous Nous en accordons comme gage Notre Bénédiction Apostolique.

 


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XX,
Ventesimo anno di Pontificato, 2 marzo - 9 ottobre 1958, pp. 45-48
Tipografia Poliglotta Vaticana;
A.A.S., vol. L (1958), n. 6-7, pp. 265-267

   



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