EVANGELII GAUDIUM - page 113

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deve avere un carattere quasi sacramentale: « La
fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la pa-
rola di Cristo » (
Rm
10,17). Nell’omelia, la verità
si accompagna alla bellezza e al bene. Non si trat-
ta di verità astratte o di freddi sillogismi, perché
si comunica anche la bellezza delle immagini che
il Signore utilizzava per stimolare la pratica del
bene. La memoria del popolo fedele, come quella
di Maria, deve rimanere traboccante delle mera-
viglie di Dio. Il suo cuore, aperto alla speranza
di una pratica gioiosa e possibile dell’amore che
gli è stato annunciato, sente che ogni parola nella
Scrittura è anzitutto dono, prima che esigenza.
143. La sfida di una predica inculturata consi-
ste nel trasmettere la sintesi del messaggio evan-
gelico, e non idee o valori slegati. Dove sta la tua
sintesi, lì sta il tuo cuore. La differenza tra far
luce sulla sintesi e far luce su idee slegate tra loro
è la stessa che c’è tra la noia e l’ardore del cuore.
Il predicatore ha la bellissima e difficile missione
di unire i cuori che si amano: quello del Signore
e quelli del suo popolo. Il dialogo tra Dio e il
suo popolo rafforza ulteriormente l’alleanza tra
di loro e rinsalda il vincolo della carità. Durante
il tempo dell’omelia, i cuori dei credenti fanno
silenzio e lasciano che parli Lui. Il Signore e il
suo popolo si parlano in mille modi direttamente,
senza intermediari. Tuttavia, nell’omelia, voglio-
no che qualcuno faccia da strumento ed esprima
i sentimenti, in modo tale che in seguito ciascu-
no possa scegliere come continuare la conversa-
zione. La parola è essenzialmente mediatrice e
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