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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

La Chiesa non è una baby-sitter

Mercoledì, 17 aprile 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 90, Giov. 18/04/2013)

 

La Chiesa non deve essere come «una babysitter che cura il bambino per farlo addormentare». Se così fosse sarebbe una «Chiesa sopita». Chi ha conosciuto Gesù ha la forza e il coraggio di annunciarlo. Allo stesso modo, chi ha ricevuto il battesimo ha la forza di camminare, di andare avanti, di evangelizzare. E «quando facciamo questo la Chiesa diventa una madre che genera figli» capaci di portare Cristo nel mondo. È questa in sintesi la riflessione proposta da Papa Francesco questa mattina, mercoledì 17 aprile, durante la celebrazione della messa nella cappella della Domus Sanctae Marthae, alla quale hanno assistito numerosi dipendenti dell’Istituto per le Opere di Religione. Tra i concelebranti i monsignori Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria, e Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario del patriarca di Gerusalemme dei latini per Israele.

Durante l’omelia il Pontefice — commentando la prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli (8, 1-8) — ha ricordato che «dopo il martirio di Stefano, scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme. Abbiamo letto nel libro degli Atti che la Chiesa era tutta tranquilla, tutta in pace, la carità tra loro, le vedove erano curate. Ma poi arriva la persecuzione. Questo è un po’ lo stile della vita della Chiesa: fra la pace della carità e la persecuzione». E ciò accade perché questo, ha spiegato, è stata la vita di Gesù. In seguito alla persecuzione, ha proseguito il Pontefice, tutti fuggirono tranne gli apostoli. I cristiani invece «sono andati. Soli. Senza prete. Senza vescovi: soli. I vescovi, gli apostoli, erano a Gerusalemme a fare un po’ di resistenza a queste persecuzioni». Tuttavia quelli che erano fuggiti «andarono di luogo in luogo, annunziando la Parola». Proprio su costoro il Papa ha voluto focalizzare l’attenzione dei partecipanti. Essi «hanno lasciato la casa, hanno portato con sé forse poche cose; non avevano sicurezza, ma andarono di luogo in luogo annunciando la Parola. Portavano con sé la ricchezza che avevano: la fede. Quella ricchezza che il Signore aveva dato loro. Erano semplici fedeli, appena battezzati da un anno o poco più, forse. Ma avevano quel coraggio di andare ad annunziare. Ed erano creduti! E facevano anche miracoli! “Molti indemoniati espellevano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti”». E alla fine: «“Vi fu grande gioia in quella città!”. Era andato anche Filippo. Questi cristiani — cristiani da poco tempo — hanno avuto la forza, il coraggio di annunciare Gesù. Lo annunziavano con le parole, ma anche con la loro vita. Suscitavano curiosità: “Ma… chi sono questi?”. E loro lo dicevano: “Abbiamo conosciuto Gesù, abbiamo trovato Gesù, e lo portiamo”. Avevano soltanto la forza del battesimo. E il battesimo dava loro questo coraggio apostolico, la forza dello Spirito».

La riflessione del Papa si è quindi spostata sull’uomo di oggi: «Io penso a noi, battezzati, se abbiamo questa forza. E penso: “Ma noi, crediamo in questo? Che il battesimo sia sufficiente per evangelizzare? O speriamo che il prete dica, che il vescovo dica… E noi?”». Troppo spesso, ha notato il Pontefice, la grazia del battesimo è lasciata un po’ in disparte e noi ci rinchiudiamo nei nostri pensieri, nelle nostre cose. «A volte pensiamo: “No, noi siamo cristiani: abbiamo ricevuto il battesimo, abbiamo fatto la cresima, la prima comunione… e così la carta d’identità è a posto. E adesso, dormiamo tranquilli: siamo cristiani”. Ma dov’è questa forza dello Spirito che ti porta avanti?» si è domandato il Papa. «Siamo fedeli allo Spirito per annunciare Gesù con la nostra vita, con la nostra testimonianza e con le nostre parole? Quando facciamo questo, la Chiesa diventa una Chiesa Madre che genera figli» figli della Chiesa che testimoniano Gesù e la forza dello Spirito. «Ma — è stato il monito del Papa — quando non lo facciamo, la Chiesa diventa non madre, ma Chiesa babysitter, che cura il bambino per farlo addormentare. È una Chiesa sopita. Pensiamo al nostro battesimo, alla responsabilità del nostro battesimo».

E per rafforzare il concetto espresso Papa Francesco ha ricordato un episodio accaduto in Giappone nei primi decenni del Seicento, quando i missionari cattolici furono cacciati dal Paese e le comunità rimasero oltre due secoli senza preti. Senza. Quando poi tornarono i missionari trovarono una comunità viva nella quale tutti erano battezzati, catechizzati, sposati in chiesa! E persino quanti erano morti avevano ricevuto una sepoltura cristiana. «Ma — ha proseguito il Papa — non c’è prete! Chi aveva fatto questo? I battezzati!». Ecco la grande responsabilità dei battezzati: «Annunciare Cristo, portare avanti la Chiesa, questa maternità feconda della Chiesa. Essere cristiano non è fare una carriera in uno studio per diventare un avvocato o un medico cristiano; no. Essere cristiano è un dono che ci fa andare avanti con la forza dello Spirito nell’annuncio di Gesù Cristo». Infine il Papa ha rivolto il suo pensiero alla Madonna la quale ha sempre accompagnato i cristiani con la preghiera quando erano perseguitati o dispersi. «Pregava tanto. Ma anche li animava: “Andate, fate…!”».

«Chiediamo al Signore — ha concluso — la grazia di diventare battezzati coraggiosi e sicuri che lo Spirito che abbiamo in noi, ricevuto dal battesimo, ci spinge sempre ad annunciare Gesù Cristo con la nostra vita, con la nostra testimonianza e anche con le nostre parole».

 


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