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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Il timore della Croce

Sabato, 28 settembre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 223, Dom. 29/09/2013)

 

La croce fa paura. Ma seguire Gesù significa inevitabilmente accettare la croce che si pone davanti a ogni cristiano. E alla Madonna — che sa, per averlo provato, come si sta accanto alla croce — dobbiamo chiedere la grazia di non fuggire davanti a essa, anche se ne abbiamo timore. È la riflessione proposta da Papa Francesco questa mattina, sabato 28 settembre, durante la messa celebrata nella cappella di Santa Marta.

Commentando il brano liturgico di Luca (9, 43-45), il Santo Padre ha ricordato che al tempo del racconto dell’evangelista «Gesù era impegnato in tante attività e tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva. Era il leader di quel momento. Tutta la Giudea, la Galilea la Samaria, parlavano di lui. E Gesù, forse nel momento in cui i discepoli si rallegravano di ciò, disse loro: Mettetevi bene in mente queste parole: il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».

Nel momento del trionfo, ha fatto notare il Papa, Gesù annuncia in qualche modo la sua Passione. I discepoli però erano talmente presi dal clima di festa «che non capirono queste parole; restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso». E, ha proseguito, «non chiesero spiegazioni. Il Vangelo dice: avevano timore di interrogarlo su questo». Meglio non parlarne, dunque. Meglio «non capire la verità». Avevano paura della croce.

In verità, anche Gesù ne aveva paura; ma «lui — ha spiegato il Pontefice — non poteva ingannarsi. Lui sapeva. E tanta era la sua paura che quella sera del giovedì ha sudato sangue». Ha persino chiesto a Dio: «Padre allontana da me questo calice»; ma, ha aggiunto, «sia fatta la tua volontà. E questa è la differenza. La croce ci fa paura».

Questo è anche ciò che capita quando ci si impegna nella testimonianza del Vangelo, nella sequela di Gesù. «Siamo tutti contenti» ha notato il Papa, ma non ci chiediamo altro, non parliamo della croce. Eppure, ha proseguito, come esiste la «regola che il discepolo non è più grande del maestro» — una regola, ha precisato, che si rispetta — così esiste la regola per cui «non c’è redenzione senza l’effusione del sangue». E «non c’è lavoro apostolico fecondo senza la croce». Ognuno di noi, ha spiegato, «può forse pensare: e a me cosa accadrà? Come sarà la mia croce? Non lo sappiamo, ma ci sarà e dobbiamo chiedere la grazia di non fuggire dalla croce quando arriverà. Certo ci fa paura, ma la sequela di Gesù finisce proprio là. Mi tornano alla mente le parole di Gesù a Pietro in quella incoronazione pontificia: «Mi ami? Pasci.... Mi ami? Pasci... Mi ami? Pasci». (cfr. Giovanni 21, 15-19). E «le ultime parole erano le stesse: ti porteranno là dove tu non vuoi andare. Era l’annuncio della croce».

È proprio per questo — ha detto in conclusione il Santo Padre tornando al brano evangelico della liturgia — che «i discepoli avevano timore di interrogarlo. Vicinissima a Gesù in croce era la sua madre. Forse oggi, giorno in cui noi la preghiamo, sarà bene chiederle la grazia non di togliere il timore, perché quello deve esserci. Chiediamole la grazia di non fuggire dalla croce. Lei era lì e sa come si deve stare vicino alla croce».

 



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