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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Il coraggio della preghiera

Giovedì, 10 ottobre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 233, Ven 09/10/2013)

 

La nostra preghiera deve essere coraggiosa, non tiepida, se vogliamo non solo ottenere le grazie necessarie ma soprattutto, attraverso essa, conoscere il Signore. Se lo chiediamo, sarà lui stesso a portarci la sua grazia. Papa Francesco questa mattina, 10 ottobre, durante la messa celebrata a Santa Marta, è tornato a parlare della forza e del coraggio della preghiera.

Alla necessità di pregare con insistenza se necessario, ma sempre lasciandosi coinvolgere da essa, richiama il brano liturgico del Vangelo di Luca (11, 5-13) «con questa parabola — ha spiegato il Pontefice — dell’amico invadente, l’amico inopportuno», che a notte fonda va a chiedere a un altro amico del pane per sfamare un conoscente appena giunto in casa sua e al quale non aveva nulla da offrire. «Con questa richiesta — ha notato — l’amico deve alzarsi dal letto e dargli il pane. E Gesù in un’altra occasione ci parla di questo: nella parabola della vedova che andava dal giudice corrotto, il quale non la sentiva, non voleva sentirla; ma lei era tanto importuna, infastidiva tanto, che alla fine, per allontanarla in modo che non le desse troppo fastidio, ha fatto giustizia, quello che lei chiedeva. Questo ci fa pensare alla nostra preghiera. Come preghiamo noi? Preghiamo così per abitudine, pietosamente, ma tranquilli, o ci mettiamo con coraggio davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per il quale preghiamo?».

L’atteggiamento è importante perché «una preghiera che non sia coraggiosa — ha affermato il Pontefice — non è una vera preghiera». Quando si prega ci vuole «il coraggio di avere fiducia che il Signore ci ascolta, il coraggio di bussare alla porta. Il Signore lo dice, perché chiunque chiede riceve e a chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto».

Ma, si è chiesto il Santo Padre, la nostra preghiera è così? Oppure ci limitiamo a dire: «Signore ho bisogno, fammi la grazia»? In una parola, «ci lasciamo coinvolgere nella preghiera? Sappiamo bussare al cuore di Dio?». Per rispondere il vescovo di Roma è tornato al brano evangelico, alla fine del quale «Gesù ci dice: quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se voi siete padri darete il bene ai figli. E poi va avanti: se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo... E ci aspettiamo che prosegua dicendo: darà cose buone a voi. Invece no, non dice quello! Darà lo Spirito Santo a quelli che lo chiedono. E questa è una cosa grande».

Perciò «quando noi preghiamo coraggiosamente, il Signore non solo ci dà la grazia, ma ci dà anche se stesso nella grazia». Perché «il Signore — ha spiegato il Papa con un’espressione incisiva — mai dà o invia una grazia per posta: la porta lui, è lui la grazia!».

«Oggi — ha detto in conclusione — nella preghiera, nella colletta, abbiamo detto al Signore di darci quello che anche la preghiera non osa chiedere. E che cosa è quello che noi non osiamo chiedere? Lui stesso! Noi chiediamo una grazia, ma non osiamo dire: vieni tu a portarmela. Sappiamo che una grazia sempre è portata da lui: è lui che viene e ce la dà. Non facciamo la brutta figura di prendere la grazia e non riconoscere che quello che ce la porta, quello che ce la dà, è il Signore».

 



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