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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Come un granello di sabbia

Giovedì, 6 aprile 2017

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.81, 07/04/2017)

Ogni cristiano dovrebbe dedicare un giorno alla «memoria» per rileggere la propria storia personale inserendola nella storia di un popolo: «Io non sono solo, sono un popolo», un «popolo sognato da Dio». È l’invito fatto da Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta giovedì 6 aprile.

Partendo dalla liturgia della parola, che presenta la figura di Abramo, padre nella fede, il Pontefice ha fatto notare come nel tempo di quaresima il credente sia spesso incoraggiato «a fermarsi un po’ e a pensare». Non a caso i due passi della Scrittura della liturgia del giorno (Genesi, 17, 3-9 e Giovanni, 8, 51-59) dicono: «Fermati. Fermati un po’. Pensa a tuo padre». E al centro dell’attenzione c’è Abramo.

Nella prima lettura, infatti, «si parla di quel dialogo di Dio con Abramo, quando Dio fa l’alleanza con lui». E nel vangelo Gesù e i farisei lo chiamano «padre» perché egli «è colui che incominciò a generare questo popolo che oggi è la Chiesa, siamo noi: uomo leale». Raccogliendo dunque l’invito delle Scritture, ha aggiunto il Pontefice, «ci farà bene pensare a nostro padre Abramo».

Quali sono allora gli aspetti fondamentali della vicenda di Abramo di cui è importante fare memoria? Innanzitutto, egli «obbedì quando fu chiamato ad andare, e ad andarsene in un’altra terra che avrebbe ricevuto in eredità». Abramo, cioè, «si fidò. Obbedì. E se ne andò senza sapere dove andava». Egli quindi fu «uomo di fede, uomo di speranza». A cento anni e con la moglie sterile, «credette quando gli fu detto che avrebbe avuto un figlio». Credette «contro ogni speranza. Questo è nostro padre» ha sottolineato Francesco, aggiungendo: «Se qualcuno cercasse di fare la descrizione della vita di Abramo, potrebbe dire: “Questo è un sognatore”». Ma attenzione: Abramo «non era un pazzo», il suo era il «sogno della speranza».

Un’identità confermata anche in seguito: «Messo alla prova, dopo avere avuto il figlio», quando poi il ragazzo divenne adolescente, «gli viene chiesto di offrirlo in sacrificio: obbedì e andò avanti contro ogni speranza». Ecco chi è il «nostro padre Abramo»: uno «che va avanti, avanti, avanti». Nel Vangelo, Gesù dice: Abramo «esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Ha spiegato il Pontefice: egli ebbe la gioia «di vedere la pienezza della promessa dell’alleanza, la gioia di vedere che Dio non lo aveva ingannato, che Dio è sempre fedele alla sua alleanza». E anche i credenti, oggi, sono chiamati a fare quanto è indicato nel salmo responsoriale (104): «Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi dalla sua bocca». Perché tutti i cristiani sono «stirpe di Abramo». E come «quando — ha detto Francesco — noi pensiamo a nostro padre che se n’è andato: ricordare papà, le cose buone di papà». Così possiamo anche ricordare quanto era «grande» il «nostro padre Abramo».

La grandezza del patriarca è stata fondata su un «patto» con Dio. «Da parte di Abramo», ha evidenziato il Pontefice, c’è stata «l’obbedienza: obbedì sempre». Da parte di Dio una promessa: «Quanto a me, ecco la mia alleanza con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram ma Abraham, perché padre di una moltitudine di nazioni». E Abramo ha creduto.

Il Papa si è soffermato sulla bellezza e la grandezza della promessa di Dio che ad Abramo, il quale «aveva cento anni senza figli, con la moglie sterile», disse: «Ti renderò molto, molto fecondo. Ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re». E poi, in un altro dialogo: «Senti, guarda, guarda in cielo: sei capace di contare le stelle?” — “Oh no, impossibile...” — “Così sarà la tua discendenza. Guarda la spiaggia del mare: sei capace di contare ognuno dei granelli di quella sabbia?” — “Ma è impossibile!” — “Così sarà la tua discendenza”».

Quindi, passando dalla memoria alla vita quotidiana, Francesco ha sottolineato: «Oggi noi in obbedienza all’invito della Chiesa, ci fermiamo e possiamo dire, con verità: “Io sono una di quelle stelle. Io sono un granello della sabbia”».

Ma il legame con Abramo, ha continuato il Papa, non esaurisce l’identità cristiana: «Noi siamo figli di Abramo, ma prima di Abramo c’è un altro Padre. E prima di noi c’è un altro Figlio. E nella storia nostra, fra nostro padre Abramo e noi, c’è l’altra storia, la grande, la storia del Padre dei cieli e di Gesù». È questo il motivo, ha spiegato il Pontefice, per cui Gesù nel brano evangelico «rispose ai farisei e ai dottori della legge: “Abramo esultò nella speranza di vedere il mio giorno. Lo vide e fu pieno di gioia”». Proprio questo è «il grande messaggio. Oggi la Chiesa ci invita a fermarci, a guardare le nostre radici, a guardare nostro padre che ci ha fatto popolo, cielo pieno di stelle, spiagge piene di granelli di sabbia». Ogni cristiano, quindi, è invitato a «guardare la storia» e a rendersi conto: «Io non sono solo, sono un popolo. Andiamo insieme. La Chiesa è un popolo. Ma un popolo sognato da Dio, un popolo che ha dato un padre sulla terra che obbedì, e abbiamo un fratello che ha dato la sua vita per noi, per farci popolo». Partendo da questa consapevolezza, «possiamo guardare il Padre, ringraziare; guardare Gesù, ringraziare; e guardare Abramo e noi, che siamo parte del cammino».

Al termine della sua meditazione, il Papa ha suggerito un impegno pratico: «Facciamo di oggi un giorno di memoria» per comprendere come «in questa grande storia, nella cornice di Dio e Gesù, c’è la piccola storia di ognuno di noi». Perciò, ha aggiunto, «vi invito a prendere, oggi, cinque minuti, dieci minuti, seduti, senza radio, senza tv; seduti, e pensare alla propria storia: le benedizioni e i guai, tutto. Le grazie e i peccati: tutto». Ognuno, ha detto, in questa memoria potrà incontrare «la fedeltà di quel Dio che è rimasto fedele alla sua alleanza, è rimasto fedele alla promessa che aveva fatto ad Abramo, è rimasto fedele alla salvezza che aveva promesso in suo Figlio Gesù».

Questa la conclusione del Pontefice: «Sono sicuro che in mezzo alle cose forse brutte — perché tutti ne abbiamo, tante cose brutte, nella vita — se oggi facciamo questo, scopriremo la bellezza dell’amore di Dio, la bellezza della sua misericordia, la bellezza della speranza. E sono sicuro che tutti noi saremo pieni di gioia».



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