VISITA PASTORALE NELLA REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA
Fulda, 18 novembre 1980
Cari e diletti confratelli nell’episcopato!
1. Il nostro memorabile incontro odierno dinanzi alla tomba di san Bonifacio ha come sfondo la grande e ricca storia del popolo tedesco, che porta l’impronta determinante del cristianesimo.
Formata da tante forze, nel corso dei secoli ha dato numerosi impulsi di carattere religioso, culturale e politico ben oltre le sue frontiere. Vi basti ricordare qui il nome glorioso e carico di storia di “nazione tedesca del sacro romano impero”.
Il vostro popolo ha donato alla Chiesa sette papi, incluso uno degli odierni Paesi Bassi, dei quali la storia c’informa che adempirono coscienziosamente il loro servizio come pastori supremi della cristianità - anche nelle grandi agitazioni esterne ed interne di quel tempo. Un intento comune di quasi tutti, durante i loro pontificati spesso troppo brevi, fu il rinnovamento della Chiesa. Merita particolare menzione lo sforzo zelante di Papa Adriano VI per il mantenimento e il ristabilimento della unità della cristianità. Molti di essi hanno fatto una visita personale, anche come papi, alla loro patria tedesca e alle loro precedenti diocesi.
Il rinnovamento interno della vita religiosa ed ecclesiastica e lo sforzo ecumenico per un avvicinamento e una comprensione fra i cristiani separati costituiscono il principale intento anche dei miei viaggi apostolici alle varie chiese locali e ai vari continenti. Lo sono anche nella mia visita pastorale alla chiesa del vostro paese e in questo incontro odierno. Il rinnovamento spirituale della Chiesa e l’unità dei cristiani sono l’incarico esplicito del Concilio Vaticano II, cui sono ugualmente impegnati il Papa, i Vescovi, i sacerdoti e i credenti. Assumersi la responsabilità congiunta di questi compiti è l’imperativo urgente dell’ora. Costituiscono la grande sfida e il compito speciale della nostra responsabilità collegiale quali pastori della Chiesa. Le mie considerazioni di oggi valgono per loro e sono destinate ad essi.
Dalla prima ora del mio pontificato ho inteso l’incarico di supremo pastore specialmente come servizio alla collegialità dei Vescovi, i quali sono uniti al successore di Pietro, e per converso ho compreso la “collegialità effectiva ed affectiva” dei Vescovi come importante aiuto al mio stesso servizio.
Mi preme, in questa visita al vostro paese, esprimere innanzitutto la mia vicinanza a voi, la mia comunione con voi, e rafforzarla con la mia testimonianza. E qui il mio pensiero ritorna al settembre del 1978 allorché qui, nella stessa zona di Fulda, mi fermai con voi per uno scambio fraterno fra episcopati della mia patria, la Polonia, e del vostro paese. Provo gioia a rivedere gli stessi volti, e nello stesso tempo il mio pensiero e la mia preghiera vanno a quelli che il Signore ha chiamato nel frattempo a sé. Infine voglio salutare in modo speciale anche quei confratelli che nel frattempo sono stati accolti, nel vostro paese, nel collegio dei successori degli apostoli.
2. Abbiate coraggio per la comune testimonianza.
“Se chiamiamo già a buon diritto “fratello” l’uomo e in particolar modo ogni cristiano, questa parola”, come scrivevo nella mia lettera a tutti i confratelli Vescovi del mondo il Giovedì Santo del 1979, “assume per noi Vescovi e per le nostre reciproche relazioni un significato affatto particolare: si ricollega in certo modo direttamente a quella comunità fraterna che univa gli apostoli intorno a Cristo”.
Sono lieto e riconoscente che nella vostra conferenza abbiate già sperimentato in molte occasioni questa unità con i successori di Pietro e questa concordia tra voi. Vorrei rinforzarvi ancora più in questa disposizione. Vi dico quindi: non lasciatevi ingannare dalla opinione spesso udita che una forte misura di concordia all’interno di una conferenza di Vescovi andrebbe a scapito della vivacità è della credibilità della testimonianza vescovile. È proprio il contrario. Certamente ognuno dovrebbe entrare in una atmosfera fraterna senza paura o riserve, e sicuramente ognuno deve contribuire a edificare con il suo apporto l’unità del corpo, che comprende membra, servizi e doni di molte specie. La fruttuosità di questi servizi e doni dipende tuttavia dal vostro inserimento nell’unico corpo dell’unico spirito.
3. Siate amorevolmente preoccupati della unità del presbiterio in ogni episcopato.
Le aspettative e le richieste ai sacerdoti sono cresciute in questi ultimi decenni in maniera gravosa.
A seguito della diminuzione del numero di sacerdoti, incombe su loro un numero maggiore di compiti. Le richieste che vengono poste ai sacerdoti nello svolgimento della loro guida spirituale vengono aumentate ancora più dai numerosi servizi professionali e onorifici dei laici nella cura delle anime. In una società che dispone di una rete di comunicazione sempre più fitta, diventa necessario per i sacerdoti un dialogo spirituale sempre più complesso. Molti sacerdoti si consumano nel lavoro, ma diventano solitari e perdono l’orientamento. È tanto più importante che l’unità del presbiterio diventi vissuta e sperimentale. Sostenete tutto ciò che rafforza i sacerdoti nell’incontrarsi fra loro e aiutarsi l’un l’altro a vivere della parola e dello spirito del Signore.
Tre cose mi stanno particolarmente a cuore:
a. I seminari. Devono essere vivai di una vera comunità e amicizia sacerdotale nonché luogo di una decisione chiara e solida per la vita.
b. La teologia deve rendere capaci di una testimonianza di fede e deve condurre ad un approfondimento della fede, in modo che i sacerdoti, comprendano i problemi degli uomini, ma anche le risposte del Vangelo e della Chiesa.
c. I sacerdoti devono ricevere aiuto per rispondere all’alta esigenza della vita celibataria e della dedizione a Cristo e agli uomini, e ad attestarle attraverso la semplicità, la povertà e la disponibilità sacerdotale. Proprio la comunità spirituale può prestare qui preziosi servizi.
4. Prendete seriamente la preghiera del sommo sacerdote Gesù Cristo, che tutti siano uno, come incarico urgente per superare la frattura della cristianità.
Voi vivete nel paese d’origine della riforma. La vostra vita ecclesiastica e quella spirituale sono profondamente marcate dalla scissione della Chiesa, che dura ormai da più di quattro secoli e mezzo. Non dovete rassegnarvi a che i discepoli di Cristo non diano la testimonianza di unità davanti al mondo. Fedeltà incrollabile alla verità, apertura e ascolto per gli altri, pazienza e semplicità sul cammino, amore e sensibilità sono necessari. Il compromesso non conta; conta solo quella unità che il Signore stesso ha fondato: l’unità nella verità e nell’amore.
Si sente oggi ripetere che il movimento ecumenico delle Chiese ristagna, che dopo la primavera del cammino conciliare sia subentrata un’epoca di raffreddamento. Nonostante molte incresciose difficoltà, non posso essere d’accordo su questo giudizio.
L’unità che viene da Dio ci è donata davanti alla croce. Non dobbiamo desiderare di evitare la croce, passando a rapidi tentativi di armonizzazione in ciò che differisce, con esclusione della questione della verità. Ma non dobbiamo neanche abbandonare, non dobbiamo separarci gli uni dagli altri perché l’avvicinarsi richiede l’amore paziente e sofferto del Crocifisso. Non lasciamoci distogliere dalla via faticosa per restare fermi oppure per scegliere vie apparentemente più brevi, le false strade.
Il cammino ecumenico, lo sforzo per l’unità non devono limitarsi soltanto alle Chiese nate dalla riforma - anche nel vostro paese il dialogo e l’atteggiamento fraterno verso le altre chiese e le altre comunità ecclesiali, per esempio per le Chiese dell’ortodossia, sono della massima importanza.
Tuttavia il ricordo della “confessio augustana” pubblicata 450 anni fa è un appello speciale al dialogo con la cristianità che porta l’impronta della riforma, e che ha una così grande parte nella popolazione e nella storia del vostro paese.
5. Raccogliete il Popolo di Dio, opponetevi ad un falso pluralismo, rafforzate la vera comunione.
Ho già parlato dell’alto valore dell’unità fraterna nel collegio dei Vescovi e del presbiterio. Questa unità deve tuttavia essere l’anima della quale vive anche l’unità dell’intero Popolo di Dio in tutte le comunità. Non si tratta affatto di frenare o limitare la legittima pluralità di espressione della spiritualità, della pietà, delle scuole teologiche. Ma tutto questo dev’essere espressione della pienezza e non della povertà della fede.
L’annuncio e anche la vita ecclesiale possono svilupparsi liberamente verso l’esterno nella vostra società, grazie a Dio. Tuttavia la contrapposizione nella quale siete chiamati è esigente. Spesso gli uomini si trovano nella situazione di un grande magazzino in cui tutte le merci possibili sono vantate e offerte al “self-service”. Così nella concezione di vita di molti uomini si mescolano in voi elementi di tradizione cristiana con concezioni interamente diverse. La libertà esterna, quella di pensare e di dire ciò che si vuole, viene talvolta scambiata con il desiderio interno di convincere; al posto di un chiaro orientamento subentra l’indifferenza nei confronti di molte opinioni e interpretazioni.
Quali sono complessivamente i vostri compiti e le vostre possibilità di fronte alla situazione indicata?
Vorrei gridarvi due parole. Innanzitutto: annunziate la parola in tutta chiarezza, indifferenti al plauso o al rifiuto! Non siamo noi, in definitiva, a determinare il successo o l’insuccesso del Vangelo ma lo Spirito di Dio. I credenti e i non credenti hanno il diritto di ascoltare chiaramente il messaggio autentico della Chiesa.
Secondo: annunziate la parola con tutto l’amore del buon pastore che si dà, che cerca, che comprende. Date ascolto ai problemi posti da coloro i quali credono di non trovare più alcuna risposta in Gesù Cristo e nella sua Chiesa. Credete fermamente che Gesù Cristo si è per così dire unito ad ogni uomo e che ogni uomo può ritrovare in lui se stesso, i suoi valori umani autentici e i suoi problemi (cf. Gaudium et Spes, 22; Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 13).
Vorrei raccomandare particolarmente due gruppi alla vostra cura di pastori: si tratta di quelli che dagli impulsi del Concilio Vaticano II hanno tratto la falsa conclusione che il dialogo in cui è entrata la Chiesa sia incompatibile con il chiaro impegno del magistero e delle norme della stessa Chiesa, con il mandato dell’ufficio gerarchico fondato inequivocabilmente sulla missione di Cristo alla Chiesa. Mostrate che entrambi vanno insieme: fedeltà alla missione imprescindibile e vicinanza all’uomo con le sue esperienze e i suoi problemi.
L’altro gruppo: quelli che - in parte a causa di conseguenze non conformi o troppo avventate tratte dal Concilio Vaticano II - non si sentono più accolti nella Chiesa di oggi o intendono addirittura staccarsene. Qui si tratta di trasmettere a questi uomini con la massima decisione, ma nello stesso tempo con ogni prudenza, che la Chiesa del Vaticano II e quella del Vaticano I e del tridentino e dei primi Concili è una ed una stessa Chiesa.
L’importanza di una retta mediazione della fede non dev’essere sottovalutata. Quanto sono grato di tutto ciò che è stato sperimentato da voi nella cosiddetta catechesi comunitaria: credenti che testimoniano la fede, che la trasmettono ad altri!
La situazione della fede indicata sopra provoca certamente in modo speciale i sacerdoti. Sarà veramente annunziato a tutti tra alcuni anni l’intero patrimonio di fede come lo presenta la Chiesa?
Incoraggiate a questo, datevene carico. E preoccupatevi per quanto possibile anche che l’insegnamento religioso e la catechesi dischiudano la via della fede e della vita con la Chiesa, che crescono nell’esperienza di ogni giorno spesso tanto diversa.
6. Impegnatevi con tutte le vostre forze affinché i criteri incrollabili e le norme dell’agire cristiano si facciano valere in maniera chiara quanto invitante nella vita dei credenti.
Tra le abitudini di vita di una società secolarizzata e l’esigenza del Vangelo si va creando una profonda frattura. Molti vogliono partecipare alla vita ecclesiale, ma non trovano più alcuna relazione tra il mondo in cui vivono e i principi cristiani. Si crede che la Chiesa aderisca saldamente alle sue norme solo per rigidità, e che questo contrasti con quella misericordia di cui Gesù ci dà l’esempio nel Vangelo. Le dure richieste di Gesù, la sua parola: “Va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11) vengono ignorate. Spesso si ripiega sulla coscienza personale, ma si dimentica che questa coscienza è l’occhio che non possiede da solo la luce, ma soltanto quando riguarda alla sorgente autentica della luce.
Un’altra cosa: di fronte alla meccanizzazione, alla funzionalizzazione e all’organizzazione si risveglia proprio nella generazione più giovane una profonda sfiducia nell’istituzione, nelle norme e nella regolamentazione. Si contrappone la Chiesa con la sua costituzione gerarchica, con la sua liturgia ordinata, con i suoi dogmi e le sue norme, allo spirito di Gesù. Ma lo spirito ha bisogno di basi che lo conservino e lo trasmettano. Cristo stesso è origine di ogni missione e di ogni mandato della Chiesa: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Diletti confratelli, tenete presente nel vostro cuore ogni bisogno e ogni problema degli uomini - e annunziate proprio lì fermamente ciò che Gesù esige, senza togliere nulla. E che l’uomo deve starvi a cuore. Soltanto l’uomo che è capace di una decisione totale e definitiva, l’uomo in cui corpo e anima concordano, l’uomo che è pronto ad impegnare tutta la sua forza per la sua salvezza, è invulnerabile contro la segreta decomposizione della sostanza fondamentale umana.
Rivolgete quindi una particolare attenzione alla gioventù, nella quale si osserva un risveglio così promettente, ma anche tanto allontanamento dalla Chiesa! Rivolgetevi con particolare cura e cordialità alle coppie e alle famiglie - il Sinodo dei Vescovi, terminato di recente a Roma, non deve restare pura teoria, ma deve riempirsi di vita. L’allontanamento di una grande parte della popolazione lavoratrice dalla Chiesa, la distanza tra intellettuali e Chiesa, l’esigenza per la donna di essere accettata e sentirsi pienamente realizzata sia dal punto di vista cristiano che da quello umano in condizioni molto cambiate: questi spunti allargano il campo del nostro sforzo comune, affinché gli uomini credano anche domani.
Sono convinto che un nuovo slancio della coscienza morale e della vita cristiana sia legato strettamente, anzi indissolubilmente ad una condizione: il ravvivarsi della confessione personale.
Ponete in questo una priorità nella vostra cura pastorale!
7. Rivolgete la vostra particolare attenzione al futuro delle vocazioni spirituali e dei servizi pastorali.
Secondo il parere umano, il numero di quei sacerdoti che sono disponibili per il servizio nella pastorale si ridurrà di un buon terzo entro un decennio. Condivido dal profondo del cuore la preoccupazione che vi viene da questo. Sono convinto con voi che sia bene stimolare con tutte le forze il servizio del diaconato permanente e anche il servizio soprattutto onorario, ma anche professionale dei laici per i compiti della pastorale. Il servizio dei sacerdoti non può tuttavia essere sostituito da altri servizi. La vostra tradizione della cura di anime non può essere confrontata semplicemente con le condizioni dell’Africa o dell’America Latina. Eppure questo mi fa pensare che ho incontrato laggiù un maggior ottimismo in un numero sensibilmente minore di curatori d’anime disponibili che non nell’Europa occidentale. Considero come uno dei compiti più importanti di fare tutto il possibile, con l’impegno totale della preghiera e della testimonianza spirituale, affinché la chiamata di Dio ai giovani perché si mettano a disposizione di un servizio totale del Signore diventi udibile, affinché crescano per questo fine le premesse nella famiglia, nelle comunità, nelle associazioni di giovani. Ma il timore di fronte alla difficile situazione offusca la visione di ciò che il Signore vuole da noi. Il fatto che la sensibilità per i consigli evangelici e per il celibato sacerdotale diminuiscano fortemente significa sia uno stato di emergenza spirituale che la carenza di sacerdoti. Indubbiamente la salvezza delle anime è il massimo precetto. Ma questa salvezza delle anime esige proprio che noi attiviamo le comunità stesse, che incoraggiamo ogni battezzato e confermato a dare testimonianza di fede, che stimoliamo la vitalità spirituale nelle nostre famiglie, nei nostri gruppi, nelle nostre comunità e nei nostri movimenti. Allora il Signore potrà parlare e chiamare - e noi potremo udire.
Ho anche accennato alla grande importanza del presbiterio intorno al Vescovo. Non potrebbe il servizio spirituale essere percepito più efficacemente attraverso incontri più frequenti e più intensi dei sacerdoti tra di loro? Vorrei accennare qui ancora una volta alla grande importanza della comunità spirituale dei sacerdoti, capace di liberare i singoli da pretese effettive e dall’isolamento.
Nella misura in cui v’impegnerete con unanimità e chiarezza per la testimonianza comune del presbiterio nel celibato e per una forma di vita fondata sullo spirito dei consigli evangelici, il Signore offrirà i suoi doni.
8. Preoccupatevi per un cuore universale e una visione universale dei vostri credenti.
Permettetemi di riallacciarmi al mio messaggio per il “Katholikentag” di Berlino: aiutate a costruire una “civiltà dell’amore” universale! Vorrei richiamare innanzitutto la vostra attenzione sulla dimensione dell’“universale”. L’essere cristiani e l’essere uomini esigono ora che si sia universali, che si sia “cattolici”. Unite all’impegno della vostra disponibilità per soccorsi materiali anche l’impegno delle vostre forze spirituali e religiose per tutti, e siate anche pronti a ricevere e ad apprendere! Vi è tanta umanità inutilizzata, tanta esperienza spirituale, tanta testimonianza di fede costruttiva nelle giovani Chiese, che il nostro occidente, che è diventato stanco, potrebbe ringiovanirsi e rinnovarsi da esse.
Non possiamo certamente sottrarci ad una dolorosa realtà. In molte parti del mondo la Chiesa è perseguitata, molti cristiani, molti uomini sono impediti dal fruire dei loro pieni diritti di libertà. Non considerate come cosa ovvia e acquisita la libertà nella vostra società, ma come un impegno per altri che non hanno questa libertà!
Il vostro paese si trova in Europa. Ho potuto collaborare ripetutamente con molti di voi quando ero Arcivescovo di Cracovia per animare l’Europa, per ancorare la sua unità nelle fondazioni spirituali e religiose portanti. Riflettete sul fatto che l’Europa può rinnovarsi e riunirsi soltanto da quelle radici che hanno fatto sì che l’Europa esistesse! Pensate infine a questo, proprio nel vostro paese: l’Europa abbraccia non soltanto il nord e il sud ma anche l’ovest e l’est!
Un pezzo d’Europa, un pezzo del mondo, diventa sempre più presente nel vostro paese attraverso i molti stranieri che vivono e lavorano tra di voi. Incombe qui su di voi un compito urgente sia dal punto di vista ecclesiale che da quello sociale. Pensate a colui che è morto per tutti e che ha fatto di tutti noi i suoi fratelli e le sue sorelle.
9. Impegnatevi per i diritti dell’uomo e per le solide fondazioni della convivenza umana nella vostra società.
Voi vivete in una società nella quale è garantito un alto grado di protezione per la libertà e la dignità umana. Siate grati di questo, ma non permettete che in nome della libertà venga propagato un arbitrio che colpisce la inviolabilità della vita di ogni uomo, anche di quello non nato. Mettete dunque avanti la dignità e il diritto del matrimonio e della famiglia! Solo il rispetto di diritti e valori fondamentali inalienabili garantisce quella libertà che non sfocia nell’autodistruzione! Riflettete su questo: per quanto differiscano tra di loro il diritto e la moralità, tanto più urgente è la protezione giuridica delle convenzioni morali.
La Chiesa del vostro paese ha un’abbondanza di istituzioni per l’educazione e l’istruzione, delle Caritas, del servizio sociale. Difendete la possibilità di fornire il vostro contributo cristiano alla costruzione della società. Pensate, d’altra parte, a questo: una testimonianza credibile cresce soltanto dall’adesione interna a Gesù Cristo e non da un semplice accordo esterno con altre forze della società.
10. Contrapponete alle eccessive esigenze e al consumismo l’alternativa di una vita nello spirito di Cristo.
Da una parte il desiderio di possesso e di consumo crescono, cosicché l’avere vale molto più dell’essere (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 1). D’altra parte raggiungiamo il limite della crescita economica e tecnica. Vogliamo forse costruire una strada verso il declino e la rovina della vita sulla nostra terra invece che verso il progresso? Si chiede l’esempio dei cristiani, i quali nella speranza dei beni futuri non si aggrappano a quelli passeggeri e quindi sviluppano una civiltà dell’amore. Stimolate quindi la disponibilità, così indispensabile per essere cristiani al sacrificio e alla rinuncia, riconosciamo anche il significato dei consigli evangelici per l’intera società!
11. “Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza” (2Tm 1,7).
Cari e diletti fratelli dell’ufficio episcopale! Il vostro incarico è oneroso. Perché gli apostoli, di cui siamo successori, potessero adempirlo, il Signore ha dato loro il suo Santo Spirito. A questo Spirito vogliamo dare spazio in noi e fra di noi. Le sue caratteristiche sono: forza, saggezza, amore.
Forza, parlare al Signore stesso e lasciare che operi, senza preoccupazioni di approvazione o di resistenza; forza, la cui misura più interiore è la debolezza della croce. Saggezza, che guarda con fermezza alla verità di Gesù Cristo, ma ascolta parimenti senza pregiudizi i problemi e le preoccupazioni dell’uomo di oggi. Infine, e soprattutto, l’amore, che tutto rischia, tutto sopporta e tutto spera, l’amore, che crea unità, perché cammina con Gesù Cristo verso la croce, unisce cielo e terra e congiunge l’uno con l’altro tutti i separati. Vi prometto di portare fraternamente con voi il vostro carico e imploro da voi l’unità incrollabile, sempre più profonda, in questo spirito. Maria, regina degli apostoli e madre della Chiesa, sia con noi affinché possa prepararsi una nuova Pentecoste.
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