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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL PAKISTAN
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 16 marzo 1985

 

Cari fratelli in Cristo.

1. È una gioia riunirci insieme, nel nome di “Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo” (Eb 3,1), per celebrare l’unità dell’Episcopato. Come successore di Pietro, chiamato da Cristo a continuare uno speciale ministero di servizio alla Chiesa universale e a tutti i vescovi, io vi offro oggi tutto il mio fraterno incoraggiamento. Voglio che sappiate che vi sono vicino in tutti gli strenui sforzi che state compiendo per coordinare le attività pastorali della Chiesa in Pakistan. All’interno dell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa, vi do assicurazione del mio appoggio ai vostri sforzi volti a proteggere e a sviluppare la vita cristiana nelle diocesi affidate alla vostra sollecitudine.

La vita cristiana in Pakistan è infatti una grande testimonianza all’amore di Gesù Cristo “il quale passò beneficando” (At 10, 38). La vasta rete di organizzazioni caritative e sociali, che include ospedali, dispensari e orfanotrofi, esprime uno spirito cristiano vitale e autentico ed è parte dell’insieme del contributo cristiano al vostro Paese. Il Natale scorso il vostro presidente ha reso un caldo tributo ai cristiani del vostro Paese, ricordando “il loro spirito di dedizione nel promuovere la causa del Pakistan e nel contribuire al suo progresso e alla sua prosperità”. Gli sono molto grato per questo tributo e anche per aver affermato l’impegno del Pakistan nel salvaguardare i “diritti religiosi delle minoranze” (Messaggio del presidente del Pakistan, generale Mohammad Zia-ul-Haq).

Conosco molto bene gli sforzi che avete compiuto nel campo estremamente importante dell’educazione, e anche le molte difficoltà da voi incontrate. Lodo il vostro desiderio forte e perseverante di trasmettere il vivificante messaggio evangelico, fattore di elevazione per tutta l’umanità. Seguirò molto da vicino con voi questo problema, e per tutto ciò che è già stato compiuto mediante il vostro ministero rendo grazie a Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo.

2. Sono poi profondamente grato per la generosa dedizione di tutti i sacerdoti e i religiosi che collaborano con voi nel Vangelo. I nomi dei missionari del passato sono per sempre racchiusi nella storia religiosa del vostro popolo. Con amore, essi hanno reso possibile il grande sviluppo della Chiesa, che è attestato dal fatto che tutti gli ordinari del vostro Paese sono ora pakistani. Uniti con voi e lavorando fianco a fianco, i preti locali e i missionari di oggi sono chiamati a continuare il loro ministero, impegnandosi nell’opera dell’evangelizzazione, in ogni modo possibile. Nell’incertezza per quanto riguarda il risultato delle loro fatiche, confidando nella Provvidenza di Dio, i vostri sacerdoti e i vostri religiosi hanno un ruolo speciale da svolgere nel vivere la virtù della speranza cristiana. Ognuno è invitato a proclamare quotidianamente insieme al salmista: “Io confido in te, Signore; dico «Tu sei il mio Dio, nelle tue mani sono i miei giorni»” (Sal 31,15-16).

3. Desidero esprimere la mia ammirazione per la fede del vostro popolo. So che è vissuta in semplicità evangelica, nella povertà e nella fedeltà alla comunione della Chiesa universale. Il vostro popolo vive questa fedeltà preoccupandosi del suo prossimo, senza tralasciare i fratelli e le sorelle che provengono da oltre le frontiere della vostra nazione. In questa occasione ripeto i sentimenti che ho espresso al mio arrivo a Karachi quattro anni fa, a proposito dei rifugiati. Rinnovo la mia gratitudine per tutti i numerosi sforzi compiuti per assisterli e prego affinché questi sforzi continuino finché sarà necessario.

4. La fede del vostro popolo si manifesta anche in uno zelo apostolico che lo spinge a trasmetterla. Questo zelo apostolico spiega la dedizione dei vostri catechisti e di tutti coloro che lavorano per comunicare il Vangelo di Cristo. In modo molto specifico, la trasmissione della fede è una missione che spetta alle famiglie cristiane. Il mio appello oggi è che sia fatto tutto il possibile sia per confermare le famiglie cristiane nella comprensione dell’importanza del loro ministero di evangelizzazione sia anche per aiutarle a compierlo. Vorrei qui ricordare queste parole di Paolo VI: “La famiglia, come la Chiesa, dovrebbe essere un luogo in cui il Vangelo viene trasmesso e da cui il Vangelo si diffonde. In una famiglia che è conscia di questa missione, tutti i membri evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano il Vangelo ai figli ma dai loro figli possono ricevere essi stessi il medesimo Vangelo da loro profondamente vissuto. E una tale famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e del vicinato del quale essa è parte (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 71; cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 52). La vocazione delle nostre famiglie è realmente una vocazione alla vita cristiana, al servizio cristiano e alla testimonianza cristiana. E in questo modo si attua il mistero della Chiesa di Cristo.

5. Nella vostra sollecitudine pastorale volta a preparare la Chiesa di Dio per il prossimo millennio, voi riponete giustamente grande importanza nella gioventù. Nel vostro Paese i giovani incarnano in modo particolare la speranza della Chiesa. Ad ogni livello essi meritano tutta la sollecitudine pastorale possibile. La Chiesa ha fiducia in tutte le categorie di giovani, ma cerca una particolare collaborazione da parte degli studenti universitari. Chiede loro di esercitare il loro ruolo guida quali degni seguaci di Cristo.

Al cuore del ministero per la gioventù, non dobbiamo dimenticare di promuovere la vita religiosa consacrata. E poiché tutta l’attività della Chiesa è in relazione col problema della vocazione sacerdotale - perché senza sacerdoti la Chiesa non può essere edificata dall’Eucaristia - vi incoraggio nelle vostre zelanti iniziative. Vi sostengo non soltanto nella promozione delle vocazioni ma anche nei vostri sforzi volti ad assicurare l’adeguata preparazione dottrinale e spirituale di tutti i vostri seminaristi. Che Maria, la Madre di Cristo sommo sacerdote, vi sostenga nelle vostre speranze, progetti e sforzi.

6. Un altro campo che tocca profondamente la vostra vita e il vostro ministero è il rapporto con i vostri fratelli musulmani. Durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha esplicitamente espresso la sua stima per i musulmani (cf. Nostra aetate, 3) e alla mia partenza da Karachi ho pregato perché “la comprensione e il rispetto reciproci tra cristiani e musulmani, e tra tutte le religioni, continui e si approfondisca, e perché troviamo vie ancora migliori di cooperazione e collaborazione per il bene di tutti”.

Come esempi di sforzi comuni, il Concilio ha ricordato “la salvaguardia e la promozione della giustizia sociale, dei valori morali, della pace e della libertà” (Ivi). Indubbiamente queste categorie offrono numerose possibilità. So che avete cercato di fare molto a questo riguardo.

7. Cari fratelli vescovi, ognuno di voi è pastore di una Chiesa particolare che è davvero un “pusillus grex”. Ognuna delle vostre Chiese particolari si trova di fronte a possibilità limitate e a problemi pastorali. E tuttavia, per grazia di Dio, ogni comunità ecclesiale può vivere in pienezza la sua vocazione alla santità come un inno di lode al Dio di santità. Nonostante le sue limitate risorse, la Chiesa in Pakistan ha un immenso contributo da rendere alla Chiesa universale. Siete chiamati a compiere la vostra vocazione alla santità preoccupandovi della carità, di quella carità che voi esercitate tanto bene nel nome di Cristo.

È cosa buona sapere che, tra le vostre molte attività, avete visto l’opportunità di dedicare speciale attenzione all’apostolato biblico e di metterlo in relazione col dovere vitale e privilegio della preghiera. La parola di Dio è veramente la forza del vostro popolo, come lo è la sua suprema proclamazione nel sacrificio eucaristico. Nella mia omelia a Karachi ho cercato di sottolineare che l’Eucaristia è il centro della vostra vita e la fonte della vostra gioia e santità.

8. Poiché ogni chiamata alla santità è una chiamata all’unità ecclesiale, incoraggio i vostri sacerdoti, religiosi e laici a fare tutto il possibile, con voi, per proclamare nella fede e nella carità la vostra unità cattolica tra di voi e con la Chiesa universale. Nello stesso tempo tutti dobbiamo lavorare e pregare per la piena unità dei seguaci di Cristo: “perché il mondo creda” (Gv 17, 21).

E infine lasciate che io aggiunga - perché anche questo dev’essere detto - che è soltanto nella gioiosa speranza che la Chiesa in Pakistan adempirà alla sua grande chiamata. “Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo” (Rm 15, 13).

Affidando voi e le vostre Chiese all’amore di Maria, la Madre di Gesù, mando anche i miei saluti di fraterno rispetto e stima alle autorità del vostro Paese e a tutti i vostri compatrioti. Su tutto il popolo del Pakistan invoco le benedizioni di Dio onnipotente e misericordioso.    

 

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