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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI SCRITTORI DE «LA CIVILTÀ CATTOLICA»
NELL’ANNIVERSARIO DELLA RIVISTA DEI GESUITI

Venerdì, 19 gennaio 1990

 

Cari fratelli!

1. Al felice compiersi dei 140 anni di vita della vostra rivista “La Civiltà Cattolica”, sono lieto di accogliere con vivo affetto, per la seconda volta, il collegio degli scrittori che la redige e la comunità religiosa che collabora nelle diverse fasi della pubblicazione. Ben consapevole del servizio intelligente e devoto che rendete alla Santa Sede e alla Chiesa, desidero anzitutto ringraziare insieme con voi “il Padre della luce, dal quale discende ogni dono perfetto” (Gc 1, 17) per il lungo e fruttuoso periodo di vita concesso alla vostra rivista, e per il lavoro da voi compiuto in continuità spirituale con i padri Gesuiti, vostri predecessori in un’opera che va al di là della vita delle singole persone.

Desidero poi esprimere a voi tutti la mia personale gratitudine. Il lavoro che fate è duro e difficile e richiede impegno costante e sacrifici non piccoli, perché si svolge in massima parte nell’oscurità e nell’anonimato. Tuttavia, siate certi che esso è benedetto da Dio e ricco di frutti abbondanti: adempie infatti a un servizio che la Santa Sede apprezza molto e sul quale è sicura di poter contare in ogni circostanza. Esso, peraltro, incontra anche il favore del pubblico, come dimostra l’alto numero di sacerdoti e laici che leggono “La Civiltà Cattolica” e trovano in essa indicazioni utili per interpretare gli avvenimenti del mondo di oggi alla luce della fede.

2. L’epoca in cui, per espressa volontà del mio predecessore Pio IX, esule a Gaeta, “La Civiltà Cattolica” vide la luce, era fortemente segnata da un laicismo e da un anticlericalismo, che non solo osteggiavano la Chiesa e il Romano Pontefice, ma minavano pure le basi stesse della civiltà cristiana, attaccando con violenza la fede e la morale cattolica. La vostra rivista sorse precisamente con lo scopo di difendere i valori cristiani, la Chiesa e il Papa. Inizialmente l’atteggiamento e lo stile della rivista furono combattivi e spesso anche aspramente polemici, in sintonia con il clima generale di tensione, quando non addirittura di lotta frontale, allora imperante. Oggi la situazione è molto cambiata. Col Concilio Vaticano II la Chiesa desidera “stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore della verità” con tutti gli uomini, anche con coloro che non condividono la fede cristiana, ma “hanno il culto di alti valori umani”, e perfino “con coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in varie maniere” (Gaudium et spes, 92).

Questo però non significa che sia venuta meno la necessità di difendere la fede e la morale cristiana dagli attacchi del materialismo scientista e ateo, del secolarismo irreligioso, della non-credenza spesso aggressiva nei confronti della religione e del messaggio cristiano. La difesa della fede e della Chiesa resta, dunque, il primo compito de “La Civiltà Cattolica” anche oggi. Un compito, tuttavia, che occorre svolgere in spirito di carità e di dialogo, senza asprezze polemiche, se pure nel rispetto rigoroso della verità.

Anche oggi, e forse soprattutto oggi, resta vero che la migliore difesa della fede cristiana è la presentazione di essa in maniera comprensibile per gli uomini del proprio tempo. La verità cristiana ha una straordinaria forza intrinseca di convincimento e di attrazione sugli spiriti sinceri e aperti a Dio: dipende dai cristiani il proporla nella sua integrità, e quindi nella sua grandezza e bellezza, come anche nella sua capacità di rispondere alle esigenze più alte e più profonde.

3. “La Civiltà Cattolica” non è una rivista specializzata in un particolare settore scientifico, ma è una rivista di cultura generale, che si apre su un ampio ventaglio di problemi, con una speciale attenzione all’attualità ecclesiale, sociale e politica. Il suo carattere specifico è il taglio con cui affronta i problemi e legge gli avvenimenti. È un taglio specificamente “cattolico”, nel senso che intende giudicare idee e avvenimenti alla luce della dottrina cattolica, come è espressa dall’insegnamento della Chiesa, in modo che il lettore sia aiutato a pensare “cristianamente” la realtà odierna.

Ciò comporta una piena e generosa adesione al magistero della Chiesa, che ha “l’ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa” e ha ricevuto “un carisma certo di verità”. Nella sua lunga storia, “La Civiltà Cattolica” si è distinta proprio per la sua fedeltà al magistero vivo della Chiesa, il cui insegnamento non solo ha accettato con profonda docilità, ma ha cercato di diffondere alacremente nel mondo della cultura. Vi esorto a perseverare in questa linea e a continuare con intelligenza e tenacia in quest’opera di difesa e di diffusione del pensiero della Chiesa, specialmente negli ambienti che sono lontani da essa o che l’avversano, spesso forse più per ignoranza di quello che la Chiesa veramente pensa e dice, che per volontaria opposizione ad essa.

Lo sforzo che, in particolare con la pubblicazione delle encicliche e con i miei viaggi apostolici, sto compiendo è di portare gli uomini di oggi ad “aprire le porte a Cristo, redentore dell’uomo”. Sono perciò grato a “La Civiltà Cattolica” per l’aiuto che mi offre in questo compito, dando largo spazio agli insegnamenti pontifici, seguendo con attenzione e con accurata informazione i viaggi apostolici, sforzandosi di fare comprendere nel loro vero significato i gesti che il Papa compie nello svolgimento del suo mandato apostolico.

4. “La Civiltà Cattolica” ha sempre avuto un vincolo particolare col Papa e con la Santa Sede: un vincolo di amore e di fedeltà che i miei predecessori, da Pio IX a Paolo VI, hanno riconosciuto come carattere essenziale della vostra rivista. È mio vivo desiderio che questo vincolo non solo si mantenga, ma si rafforzi. Ciò impone a voi tutti uno sforzo costante di fedeltà alla Santa Sede e alle sue direttive, anche se questo può costare talvolta sacrifici e rinunzie a giudizi e punti di vista personali. Siate sicuri che questi sacrifici e queste rinunzie, compiuti nello spirito del voto di speciale obbedienza al Papa che è proprio della Compagnia di Gesù, non mancheranno di produrre frutti spirituali per il bene della Chiesa e per la vostra vita religiosa.

5. La Chiesa cattolica è andata accrescendo la sua presenza nel mondo, in adempimento del suo carattere “cattolico”, cioè universale; soprattutto nel corso di questo secolo essa è apparsa sempre più chiaramente come la “Chiesa di tutti” e la “Chiesa per tutti”. Ciò fa sì che essa, oggi più di ieri, debba prendere a suo carico, certamente sotto il profilo religioso e morale, tutti i problemi che angustiano il mondo, e debba venire la coscienza morale dell’umanità, facendosi voce di coloro che non hanno voce e non riescono a farsi sentire.

In questa situazione una rivista come la vostra deve necessariamente aprirsi ai grandi problemi del mondo di oggi: sociali, politici, economici, morali e religiosi. Il problema ecumenico, il dialogo delle culture, l’inculturazione della fede, i problemi dell’indifferenza religiosa, del secolarismo e dell’ateismo, il problema della fame, del sottosviluppo e dell’ambiente devono essere i temi sui quali la vostra rivista s’impegna a riflettere, seguendo le indicazioni da me date in particolare nell’enciclica Sollicitudo rei socialis e facendo come ho detto nell’enciclica Redemptor hominis dell’uomo la “via” della Chiesa.

6. Desidero, infine, ricordarvi di essere fedeli al metodo di lavoro che ha sempre caratterizzato fin dal suo nascere “La Civiltà Cattolica”. Anzitutto, la ricerca assidua della verità, sia in campo teologico e filosofico, sia in campo scientifico e storico, sia nel campo dell’attualità. Siate convinti che la migliore difesa della fede e della Chiesa è il dire sempre la verità, nella misura, evidentemente, in cui la verità può essere percepita nel groviglio delle situazioni e nel pluralismo di voci contrastanti.

Il secondo carattere del vostro metodo di lavoro deve essere la serietà scientifica, assicurata dalla competenza e dall’accuratezza della ricerca, in modo da giungere ad avere una sicurezza dottrinale che sia per i vostri lettori una garanzia. Già il mio predecessore Paolo VI esprimeva il desiderio che “La Civiltà Cattolica” costituisse un valido “punto di riferimento” in mezzo al mutare degli eventi e all’affermarsi di nuovi modi di pensare, che talvolta sono soltanto mode passeggere. Ritengo anch’io che questa funzione, che “La Civiltà Cattolica” svolge in stretta sintonia con il pensiero e le direttive della Santa Sede, debba essere mantenuta.

So poi che, istituzionalmente, il lavoro degli scrittori de “La Civiltà Cattolica” è collegiale, cosicché quanto appare sulla rivista è frutto di riflessione comune e impegna la responsabilità di tutto il collegio. Desidero che questo carattere collegiale del vostro lavoro sia mantenuto, anche se non è facile lavorare insieme e se quella certa dose di anonimato che esso comporta può costare non poco. È chiaro, però, che la collegialità nel lavoro assicura alla rivista una maggiore autorevolezza.

Carissimi, questi pensieri ho voluto parteciparvi in una ricorrenza per voi significativa. Confido che essi valgano a confortarvi nel vostro lavoro, orientandolo “alla maggior gloria di Dio” e al miglior servizio della Chiesa e degli uomini, che ad essa guardano come a “colonna e sostegno della verità” (1 Tm 3, 15).

Invoco su di voi dal divino Spirito copiosi doni di sapienza, di consiglio, di fortezza nella vostra quotidiana fatica e, in pegno di essi, vi imparto la mia benedizione.



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