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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CONGO


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 25 novembre 1993

 

Cari fratelli nell’Episcopato,

1. Siate i benvenuti in questa dimora in cui vi accolgo con gioia per la tradizionale visita “ad limina” che voi compite, a turno, sulle orme dei vostri Fratelli, membri del Collegio Episcopale. In particolare, sono lieto di salutare il nuovo Presidente della vostra Conferenza, Mons. Bernard Nsayi, Vescovo di Nkayi. Lo ringrazio per il cortese discorso che mi ha rivolto a vostro nome e gli faccio i miei migliori auguri per il servizio ecclesiale affidatogli.

L’incontro di oggi è motivato da una comune preoccupazione pastorale: quella di annunciare il Vangelo su tutta la terra, secondo il mandato ricevuto da Cristo. Come ricorda il Concilio Vaticano II: “I singoli vescovi, per quanto lo permette l’esercizio del particolare loro ufficio, sono tenuti a collaborare tra di loro e con il Successore di Pietro, al quale in modo speciale fu affidato l’alto ufficio di propagare il nome cristiano” (Lumen gentium, 23).

Che ne è dunque in Congo di questa diffusione del nome cristiano? Che ne è dunque dell’annuncio del Vangelo del Signore, nostro primo e più caro dovere? Il bilancio quinquennale, che voi siete venuti a presentare qui, risponde a queste domande. Auspico di cuore che il vostro soggiorno a Roma rafforzi il vostro dinamismo affinché, ritornando nel vostro Paese, continuiate con rinnovata forza la missione evangelizzatrice che vi è stata affidata.

Al momento della consacrazione episcopale, avete ricevuto lo Spirito che fa di voi i grandi sacerdoti e i Pastori del Popolo santo: chiedo per voi la Grazia di essere rinnovati nello “Spiritum principalem”, risoluti a prendere le iniziative necessarie e a esercitare la vostra autorità in una giudiziosa suddivisione delle responsabilità, per il bene di ognuna delle vostre Chiese particolari.

2. Venendo per incontrarvi con il Successore di Pietro e i suoi collaboratori nei diversi dicasteri della Curia Romana, esprimete in modo tangibile i vincoli che ci uniscono, nonostante la lontananza geografica. Con la vostra preghiera sulle tombe dei Santi Apostoli, confermate di nuovo questi stessi vincoli affinché il vostro ministero esorti sempre più i vostri fratelli e le vostre sorelle all’unità nella fede, secondo la preghiera di Gesù: “Perché tutti siano una sola cosa... Padre... perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). L’unione dei vostri sforzi promuove la concordia tra i membri del Popolo di Dio, a immagine di Pietro e di Paolo, dei quali viene detto nella Prefazione della Messa in occasione della loro solennità che “l’uno e l’altro hanno operato, ciascuno secondo la propria grazia, per riunire l’unica famiglia di Cristo”!

Una tale missione è di scottante attualità nel vostro Paese, dove le conseguenze del tribalismo sono molto sentite sia nella vita ecclesiale sia nella vita sociale. Il programma pastorale elaborato a Yaoundé nel 1981 durante la VI Assemblea Plenaria del Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar conserva tutto il suo valore: “Tutti si sforzano di eliminare le tracce del razzismo e della discriminazione. Nessuno incoraggia il tribalismo con i suoi atteggiamenti e i suoi proponimenti. Anziché soffiare sul fuoco, sottolineando i difetti degli altri e gli antagonismi presenti o passati, bisogna predicare la carità e l’affetto reciproci. È necessario sottolineare che le qualità e i talenti di ogni gruppo umano concorrono al bene di tutti e all’arricchimento reciproco” (cf. n. 16).

3. Nel Congo, come in una buona parte dei Paesi africani, la formazione permanente dei sacerdoti è uno dei vostri compiti prioritari. I vostri immediati collaboratori attendono da voi un affetto sincero, un’accoglienza sollecita, così come consigli e incoraggiamenti individuali al fine di “ravvivare il dono che Dio ha posto” in ognuno di essi, per riprendere le parole dell’Apostolo Paolo a Timoteo (cf. 2 Tm 1, 6). Nei momenti difficili, che tutti i Pastori conoscono, essi sentono il bisogno del vostro benevolo sostegno, come di quello dei loro confratelli e anche dei fedeli.

Secondo l’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, “la formazione permanente tende a far sì che il prete sia un credente e lo diventi sempre più” (n. 73). In virtù della loro ordinazione, i sacerdoti hanno tra di loro dei vincoli di fraternità sacramentale, ma è a livello di presbiterio diocesano che si sviluppa principalmente il senso di appartenenza a una comunità sacerdotale. È opportuno fornire ai sacerdoti, chiamati a crescere come membri di un presbiterio, gli incontri fraterni volti a rinnovare le loro forze fisiche, psichiche e spirituali; ed è importante vegliare affinché essi abbiano i mezzi economici necessari per vivere decorosamente, in particolare rendendo i fedeli sensibili alle loro diverse necessità.

4. Connesso al problema precedente, anche quello dei seminari ha una grande importanza poiché, “la Chiesa in Africa è consapevole del fatto che, per una testimonianza efficace del Vangelo, è necessario che ci siano dei sacerdoti che siano essi stessi ben preparati, che conducano una vita autenticamente cristiana e che si dedichino alle necessità pastorali dei fedeli (cf. Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi, Instrumentum laboris, 27).

La maggior parte delle vostre diocesi hanno un piccolo seminario. A causa della mancanza di scuole e vista la necessità di garantire una formazione appropriata ai candidati al sacerdozio fin dall’adolescenza, queste istituzioni sono molto utili. Brazzaville ospita il grande seminario nazionale. Per l’ammissione a queste varie case di formazione, consentitemi di invitarvi a essere determinati, vegliando affinché le esigenze della vita sacerdotale siano presentate subito ai seminaristi e incoraggiando i loro educatori a perseguire attentamente il discernimento della vocazione durante gli anni del seminario.

A proposito degli educatori, sarebbe utile organizzare, a intervalli regolari e su base regionale, delle sessioni, che permettano loro di armonizzare i loro obiettivi e di sviluppare in essi il senso di responsabilità verso la Chiesa universale. Essi cercheranno di garantire ai seminaristi il necessario orientamento spirituale, di dare loro una seria disciplina di vita, di far apprezzare loro il celibato e di superare con energia le tendenze al tribalismo.

Infine, gli educatori avranno cura di infondere nei futuri sacerdoti uno spirito di collaborazione sincera tra i membri del clero diocesano e religioso. Allo stesso tempo, faranno stimare loro la vita consacrata e il desiderio di promuoverla rispettando il carisma proprio di ogni istituto, poiché la presenza attiva dei religiosi e delle religiose negli ambiti parrocchiali, educativi e ospedalieri è particolarmente preziosa per la diffusione del Vangelo.

5. Ciò mi spinge a parlare dei membri degli Istituti di Vita Consacrata che, secondo i vostri rapporti quinquennali, costituiscono per la Chiesa congolese un importante gruppo di operatori apostolici. Nella vostra capitale, ad esempio, le Congregazioni missionarie internazionali hanno realizzato alcune delle loro migliori iniziative.

È con soddisfazione, che ho notato, fra le altre cose, la trasparente testimonianza delle religiose, nel loro insieme. Esse offrono un’immagine devota, apostolica, caritatevole, povera, fraterna e misericordiosa della Chiesa. Orientate più in particolare verso il catechismo, il mondo sanitario e la promozione della donna, esse meritano la gratitudine di tutti, e io le esorto a restare, nell’attuale situazione del Paese, messaggere di speranza. È inoltre degno di nota il fatto che nell’ambito della loro attività missionaria si affermi una forte esigenza di vita spirituale, unita a una severa disciplina di preghiera personale e comunitaria.

Cari fratelli, nella vostra sollecitudine pastorale verso i consacrati, è necessario che favoriate lo sviluppo di rapporti di fiducia fra questi ultimi e i membri del clero diocesano. Chiamati ad essere autentici maestri spirituali, i Vescovi sanno che l’asse centrale del loro ministero non è l’amministrazione, per quanto necessaria essa sia, ma piuttosto la santificazione di tutti. Così la vita religiosa è da promuovere come tale, vale a dire come scuola di santità.

6. Il Concilio Vaticano II ha reso omaggio alla “schiera... dei catechisti, sia uomini che donne, che, animati da spirito apostolico, con grandi sacrifici danno un contributo singolare e insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa” (Ad gentes, 17).

Questo omaggio si rivolge in particolare ai catechisti congolesi. Dopo essere stati all’inizio il braccio destro dei missionari, essi sono divenuti insegnanti qualificati di religione, collaboratori nell’Apostolato e animatori della preghiera comunitaria in quei luoghi dove non esiste un sacerdote residente. È opportuno vegliare affinché essi ricevano una solida formazione dottrinale e pedagogica e affinché si garantisca loro un costante rinnovamento spirituale, e ancor più procurare loro una condizione decorosa di vita. Una tale formazione può essere dispensata non solo durante gli incontri previsti, ma anche nei centri specializzati creati a questo fine.

L’adeguata preparazione dei catechisti e degli altri operatori pastorali, al fine di renderli capaci di adempiere in modo pertinente la loro missione, è quanto mai necessaria poiché bisogna affrontare la sfida pastorale delle sette. Tutti hanno bisogno di essere formati per rispondere con saggezza al bisogno di esperienza spirituale comunitaria che si manifesta in molti, alla sete di penetrare il senso della Parola di Dio e al desiderio di conoscere la risposta alle domande vitali poste dalla sofferenza, la malattia e la morte.

7. La vocazione e la funzione dei fedeli laici nella Chiesa sono state presentate chiaramente nell’Esortazione apostolica postsinodale Christifideles laici. Nel vostro Paese, i laici rappresentano un grande capitale di disponibilità e di energie da attivare, seguendo una pastorale di insieme ben definita, in vista di un totale sviluppo di tutti i battezzati.

Come vi ho già detto cinque anni fa, la famiglia merita un posto privilegiato nella vostra pastorale. La Chiesa ha una responsabilità reale nella promozione della vita coniugale e delle strutture familiari, essenziali per l’avvenire della comunità cristiana e della nazione. Tutto ciò che fate in favore delle realtà familiari è garanzia di prosperità per il vostro Paese, così come lo sono le vocazioni sacerdotali e religiose che trovano terreno fertile nelle famiglie cristiane. Consentitemi di insistere anche su un aspetto importante e attuale per il vostro Paese: la dottrina sociale della Chiesa. Offrite ai laici i mezzi per conoscerla bene affinché essi compiano i loro doveri di cittadini con serietà professionale e in tutta onestà. La costruzione politica e l’organizzazione della vita sociale dipendono dalla loro competenza. Possano i cattolici del Congo, come quelli di tutti i Paesi africani assimilare la dottrina sociale della Chiesa affinché siano veramente luce, sale e lievito e prendano le auspicabili iniziative per animare di spirito cristiano tutte le realtà temporali!

8. Può succedere che dei Pastori accettino temporaneamente, con spirito evangelico, una missione di ordine politico, come ha fatto Mons. Kombo con così tanta sincerità e generosità, per il bene della nazione. Si tratta di situazioni eccezionali poiché, per chi ha cura delle anime e intende riunire il popolo di Dio, è opportuno essere indipendente dall’azione politica diretta nel Paese.

Inoltre, avrete cura di essere presenti presso il vostro popolo con messaggi appropriati, soprattutto quando in tempo di crisi esso prova il bisogno di essere illuminato, sostenuto e confortato. Che l’opinione pubblica conservi di voi un’immagine modellata su quella di Cristo: un’immagine di uomini di Dio, che amano profondamente la loro patria e che condividono tutte le condizioni di vita liete e dolorose, dei loro concittadini, come ha fatto il Signore sulla terra!

Infine, contribuite incessantemente alla ricostruzione del tessuto sociale agendo come apostoli della fraternità e della convivialità e seguite l’insegnamento dei grandi principi della morale cristiana per ciò che concerne specialmente la persona umana, la vita in società e l’impegno politico. A questo fine, dopo il Catechismo della Chiesa Cattolica, l’Enciclica Veritatis splendor, recentemente pubblicata, vi servirà da guida.

9. In un ambito religioso pluralista come il vostro, il dialogo con coloro che non aderiscono alla fede della Chiesa è particolarmente importante e anche necessario in vista dell’evangelizzazione. Con il dialogo, in effetti, si cerca di superare gli ostacoli che le divergenze di dottrine, di discipline o di strutture hanno creato contro l’unità. La Chiesa Cattolica, in Africa come altrove, deve sostenere e promuovere il dialogo.

Alla luce del “Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo”, pubblicato quest’anno dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sarà opportuno chiarire e approfondire la vostra partecipazione alle attività del Concilio ecumenico delle Chiese cristiane nel Congo, con il fine di contribuire nel miglior modo possibile all’unità tra i discepoli di Cristo, tutelando la fedeltà all’insegnamento della Chiesa Cattolica, poiché, nella ricerca della Verità, la norma è il Cristo vivente nella Chiesa.

10. In conclusione, nella prospettiva dell’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, desidero rivolgere, a voi e alle vostre comunità diocesane, il mio incoraggiamento a pregare per il buon esito di queste importanti assise. Un reale sforzo di riflessione ha avuto luogo nel vostro continente per ciò che concerne l’evangelizzazione e si sente il desiderio di annunciare la Buona Novella con maggior dinamismo, al fine di rispondere alle sfide del terzo millennio.

Pertanto l’evangelizzazione raggiungerà il suo pieno compimento solo attraverso l’azione dello Spirito Santo: bisogna quindi chiedergli luce e forza. Come esprimeva l’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (n. 75) “colma del conforto dello Spirito Santo, la Chiesa cresce. Lo Spirito è l’anima di questa Chiesa. È lui che spiega ai fedeli il significato profondo dell’insegnamento di Gesù e del suo mistero. È lui che, oggi come agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da lui, che gli suggerisce le parole che da solo non saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo l’animo di chi ascolta perché sia aperto ad accogliere la Buona Novella e il regno annunziato”.

Affido a Nostra Signora, Regina degli Apostoli, gli auguri che formulo per tutti voi. Possa ella assistervi, Pastori e fedeli, nella vostra opera missionaria, ella che, la mattina della Pentecoste, era presente alla preghiera all’inizio dell’evangelizzazione, sotto l’azione dello Spirito Santo!

Di tutto cuore, vi imparto la mia benedizione apostolica, che estendo volentieri ai vostri collaboratori, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e ai fedeli di tutte le vostre diocesi.

 

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