DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DELLA SCOZIA IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Venerdì, 25 aprile 1997
Eminenza,
Cari Fratelli Vescovi,
1. Mentre la Chiesa continua a celebrare con gioia pasquale “la risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1 Pt 1, 3), vi do il benvenuto, Vescovi della Scozia, nell’amore del nostro Signore e Salvatore: “Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene” (Ap 1, 4). La vostra visita ad Limina Apostolorum è una celebrazione della natura profonda e piena di grazia della comunione collegiale che ci unisce nel servizio a Cristo e alla sua Chiesa. Presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo riaffermate la vostra fedeltà e quella del popolo cattolico della Scozia al Successore di Pietro, la pietra sulla quale il Signore continua a edificare la sua Chiesa (cfr Mt 16, 18). Desidero che voi sappiate che nelle gioie e nelle speranze, nelle sofferenze e nelle inquietudini del vostro ministero non ho mai smesso di ricordarmi di voi “nelle mie preghiere, perché sento parlare della” vostra “carità per gli altri e della fede che” avete (Fm 4-5).
Mentre ci prepariamo a entrare nel Terzo Millennio, lo Spirito Santo esorta la Chiesa a svolgere il suo sacro compito di predicare il Vangelo a tutto il creato (cfr Mc 16, 16). Il grande Giubileo dell’Anno 2000 ci invita a intensificare i nostri sforzi per adempiere la missione di Cristo nel mondo. La Chiesa in Scozia sta celebrando due suoi grandi anniversari che conferiscono una forza e un vigore particolari a questo invito. Il 9 giugno sarà il 1.400 anniversario della morte di S. Columba, il grande apostolo degli altipiani e delle isole della Scozia. Le sue opere apostoliche diedero rinnovato impulso alla diffusione della fede, portata due secoli prima nella Bretagna settentrionale da San Niniano del quale, per una felice coincidenza, celebrerete quest’anno, nel mese di agosto, il 1600 anniversario.
L’eroismo, la dedizione e la santità di questi coraggiosi evangelizzatori risplendono ancora oggi come modelli per tutti i Pastori di anime nella proclamazione di Gesù Cristo “lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13, 8).
2. Siete fortunati ad avere come collaboratori sacerdoti che sono realmente “uomini di Dio”, generosi nell’affrontare le sfide perenni e tuttavia sempre nuove del loro ministero. Anche a loro invio il mio affettuoso saluto e in questo contesto vi invito a incoraggiare, sviluppare e approfondire le iniziative elaborate negli ultimi anni e volte a rafforzare la spiritualità del sacerdozio diocesano, inteso come “comunione sempre più profonda con la carità pastorale di Gesù” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, n. 57). Fate tutto il possibile per promuovere un saldo e fedele senso dell’identità sacerdotale. Ciò costituirà la base indispensabile per un ingente sforzo volto alla promozione di un maggior numero di vocazioni al servizio del Popolo di Dio nel ministero ordinato.
Se la Chiesa in Scozia intende affrontare con successo la sfida dell’evangelizzazione nel Terzo Millennio cristiano, essa deve continuare ad assicurare che un numero sufficiente di giovani uomini di talento rispondano ora alla chiamata di Cristo. I vostri seminari hanno il delicato compito di ispirare questi candidati agli Ordini con l’ideale del sacerdozio cosicché, dopo la formazione spirituale, intellettuale e pastorale che la Chiesa con la sua saggezza ha predisposto per i futuri ministri dell’Altare, nuovi sacerdoti possano continuare a edificare, attraverso la loro predicazione e la celebrazione dei sacramenti, comunità cristiane incentrate sulla presenza salvifica del Signore risorto.
Nel servire la Chiesa voi e i vostri sacerdoti potete contare sul sostegno dei membri devoti degli Istituti di vita consacrata presenti nel vostro Paese, che testimoniano quell’amore indiviso per Cristo e per la sua Chiesa espresso attraverso l’osservanza dei consigli evangelici. Insieme ringraziamo il Signore delle messi per i religiosi delle vostre Diocesi. Fate in modo che siano amati e apprezzati in qualità di collaboratori a voi affidati nella comunità di fede.
3. L’aspetto del vostro ministero episcopale sul quale principalmente desidero riflettere con voi è quello del vostro ruolo di maestri della fede. I fedeli si aspettano che i Vescovi siano “i dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede” (Lumen gentium, n. 25). Per questo, con l’Apostolo Paolo, vi esorto con solennità: “annunzia la parola, in ogni occasione opportuna e non opportuna” (2 Tm 4, 2). Il primo dovere di un Vescovo è di predicare Gesù Cristo “la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze” (Fil 3, 10). In Lui soltanto l’uomo può trovare il significato della sua esistenza qui sulla terra: Egli è il centro della creazione e tutta la storia umana è rivolta a Lui, che è la sua unica spiegazione e il suo unico fine. Il dovere di proclamare senza timore il Vangelo diviene sempre più pressante quando la società comincia a perdere il senso di Dio: in quanto Vescovi dobbiamo essere instancabili nel richiamare i nostri compagni alla conoscenza e all’amore di Gesù Cristo.
Per questo vi esorto a “rendere testimonianza alla verità” (Gv 18, 37) con costanza e con determinazione, assicurandovi che il vostro popolo riceva quella verità che lo rende libero (cfr Gv 8, 32). L’insegnamento coraggioso, persuasivo e diretto che applica la dottrina della Chiesa a situazioni pratiche locali è essenziale per sostenere la vita morale e spirituale dei fedeli. Esso è anche un mezzo efficace per evangelizzare di nuovo coloro che “hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono più come membri della Chiesa, conducendo un’esistenza lontana da Cristo e dal suo Vangelo” (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, n. 33). Elaborare gli effetti che il Vangelo ha sulla vita cristiana nel mondo e applicarlo alle nuove situazioni è fondamentale per la vostra guida ecclesiale, in particolare attraverso le Lettere Pastorali individuali o congiunte su importanti questioni di fede e di morale. È tempo per i cattolici, insieme agli altri cristiani, di portare la freschezza del Vangelo nella lotta per difendere e promuovere i valori fondamentali sui quali edificare una società autenticamente degna dell’uomo.
4. Come avete spesso proposto nel vostro insegnamento, il rinnovamento della comunità cristiana e della società all’alba del Terzo Millennio passa attraverso la famiglia. Il rafforzamento della comunione di persone nella famiglia è il grande antidoto all’autoindulgenza e al senso di isolamento così comuni oggi. La sollecitudine pastorale verso la famiglia esige da voi “interessamento, sollecitudine, tempo, personale, risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie e a quanti, nelle diverse strutture diocesane, lo aiutano nella pastorale della famiglia” (Familiaris consortio, n. 73). Dovete infondere una nuova fiducia nel fatto che Cristo, lo sposo, accompagna i coniugi, rafforzandoli con la forza della Sua grazia e mettendoli in grado di servire la vita e l’amore secondo il disegno di Dio “dall’inizio” (cfr Mt 19, 6). Le agenzie diocesane interessate, così come le parrocchie e le scuole, dovrebbero essere consapevoli dell’urgente necessità di preparare i giovani alla vita matrimoniale e ad essere genitori, e dovrebbero fare tutto il possibile per elaborare modalità pratiche per sostenere i matrimoni già esistenti e per assistere le coppie in difficoltà.
Preoccupata per il bene degli individui e della società e obbediente alla volontà divina, la Chiesa non cessa mai di proclamare che il matrimonio è un’alleanza permanente di vita e di amore. Tuttavia, come sapete bene, oggi esiste il particolare problema dei divorziati e dei risposati. La carità pastorale esige che essi non vengano emarginati dalla comunità di fede, ma che venga invece mostrato loro l’amore che il Pastore nutre per coloro che si trovano in difficoltà (cfr Lc 15, 3-7). Senza spezzare una canna incrinata o spegnere uno stoppino dalla fiamma smorta (cfr Is 42, 3), o, all’altro estremo, svuotare di significato l’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio, ogni parrocchia dovrebbe essere considerata come una famiglia nella quale ognuno può sperimentare l’accoglienza e la consolazione così come il perdono e la riconciliazione, offerte dal Padre che è “ricco di misericordia” (Ef 2, 4).
5. Allo stesso modo, desidero esprimere a voi e ai fedeli scozzesi il mio profondo apprezzamento per i vostri risoluti sforzi volti a difendere la dignità inviolabile della vita umana contro le vecchie e le nuove minacce, minacce a volte mascherate da compassione e rivolte contro i nascituri, i disabili, coloro che sono gravemente malati e i morenti. Gli individui, le famiglie, i movimenti e le associazioni hanno ampio spazio per svolgere il compito di edificare “una società nella quale la dignità di ogni persona sia riconosciuta e tutelata, e la vita di tutti sia difesa e promossa” (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, n. 90). I vostri sforzi per aiutare le madri incerte se accogliere o meno il nascituro meritano il sostegno di tutta la comunità ecclesiale e di fatto di tutte le persone di buona volontà.
I fedeli si aspettano anche che voi facciate conoscere, con chiarezza e compassione, l’insegnamento della Chiesa sulle questioni concernenti la fine della vita che sempre più famiglie e il personale sanitario devono affrontare. Nelle Sacre Scritture nulla è più chiaro della sovranità del Signore sulla vita e sulla morte. La parola di Dio insegna che nessuno può “scegliere arbitrariamente di vivere o di morire; di tale scelta, infatti, è padrone soltanto il Creatore” (Evangelium vitae, n. 47). Egli è Colui nel quale “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Questo insegnamento dovrebbe essere inteso nel contesto più ampio del generale approccio cristiano alla vita laddove “il valore salvifico di ogni sofferenza, accettata e offerta a Dio con amore, scaturisce dal sacrificio di Cristo, che chiama le membra del suo mistico corpo ad associarsi ai suoi patimenti” (Redemptoris missio, n. 78). Il cammino verso una cultura della vita passa necessariamente attraverso la condivisione del mistero del Calvario.
Incoraggio la Chiesa in Scozia, in particolare i suoi sacerdoti, i catechisti e gli insegnanti cattolici, a non perdersi animo nella lotta per difendere il valore sacro e inviolabile di ogni vita, ma a vegliare, a proteggere i deboli e i vulnerabili e a operare per convincere i vostri concittadini che il rinnovamento della società deve basarsi sul rispetto per le verità e i valori morali obiettivi e universalmente validi.
6. Fra gli altri motivi di interesse del vostro ministero considerate giustamente le scuole cattoliche come fondamentali nella missione della Chiesa in Scozia. Immensa gratitudine meritano i sacerdoti, i religiosi e i laici che operano così generosamente nell’ambito dell’apostolato dell’educazione. Queste scuole devono offrire un tipo di ambiente educativo nel quale i bambini e gli adolescenti possano divenire maturi nell’amore per Cristo e per la Chiesa. L’identità specifica delle scuole cattoliche dovrebbe rispecchiarsi in tutto il corso di studi e in ogni settore della vita scolastica, affinché esse possano essere comunità nelle quali si alimenta la fede e i bambini vengono preparati per la loro missione nell’ambito della Chiesa e della società. Più che nel passato, le scuole cattoliche devono sottolineare l’evangelizzazione e la catechesi perché in molti casi nelle famiglie manca una corretta formazione religiosa (cfr Catechesi tradendae, nn. 18-19). Gli insegnanti delle scuole cattoliche devono poter e voler trasmettere la fede cattolica in tutta la sua pienezza, la sua bellezza e la sua forza. Per questo, essi devono essere guidati nella loro vita dalla parola di verità (cfr Ef 1, 13) che è il Vangelo della salvezza. Sono consapevole del fatto che avete riaffermato con forza il diritto della Chiesa a fondare, guidare e gestire scuole liberamente e in accordo con il diritto dei genitori cattolici ad avere i mezzi per assicurare ai propri figli un’educazione nella fede (cfr Gravissimum educationis, n. 8). Quando questi diritti vengono minacciati è necessaria una risposta decisa
7. Cari Fratelli nell’Episcopato, parlando di educazione dei giovani ricordiamoci dell’imminente Giornata Mondiale della Gioventù a Parigi, un raduno di giovani, uomini e donne, che in futuro saranno guide di evangelizzazione e di rinnovamento sociale (cfr Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. 46). In quanto Vescovi abbiamo la responsabilità di invitare e accogliere i giovani adulti, con la loro fame spirituale, il loro idealismo e la loro vitalità, in maniera più completa nella vita della Chiesa. Essi cercano, a volte in modo confuso, quella pienezza di vita che si trova soltanto in Gesù Cristo, “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6).Si aspettano che la Chiesa e i suoi responsabili presentino un serio programma di formazione nella sana dottrina cattolica e incoraggino la preghiera liturgica e personale e la ricezione frequente del sacramento della Riconciliazione e della santa Eucaristia. I giovani attendono che la Chiesa lanci loro delle sfide alle quali sanno rispondere con grande generosità. Quando incoraggiamo la loro passione per la giustizia, la loro solidarietà verso gli emarginati e il loro desiderio di pace, il loro impegno offre un contributo unico per “edificare il Corpo di Cristo” (Ef 4, 12). Il ministero dei giovani dovrebbe concentrarsi sulla parrocchia per assicurare che essi non restino isolati dalla più ampia comunità di fede e di culto. Come conferma l’esperienza, è spesso utile integrare le attività parrocchiali con l’appartenenza ad associazioni, movimenti e gruppi cattolici giovanili che si occupino delle particolari necessità dei giovani (cfr Redemptoris missio, n. 37).
8. All’approssimarsi del grande Giubileo, la Chiesa avanza nel suo pellegrinaggio, vegliando e aspettando il suo Signore, l’Alfa e l’Omega, che rende “nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). Invito la Chiesa in Scozia a implorare dal “Padre misericordioso” (2 Cor 1, 3) la grazia di “essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8, 29). Prego affinché il Signore Risorto continui a aumentare il fervore dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici delle vostre Diocesi e affinché l’opera buona che ha iniziato in loro possa giungere a compimento (cfr Fil 1, 6). Ringraziandovi per il vostro impegno e per la vostra dedizione e affidandovi alla protezione amorevole di Maria, Madre della Chiesa, e all’intercessione dei vostri Patroni celesti, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.
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