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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 18 maggio 1966

 

La devozione allo Spirito Santo

Diletti Figli e Figlie!

In questi incontri settimanali, che sono queste udienze generali, Noi non sappiamo d’altro parlare che della Chiesa: il Concilio ce ne offre materia e quasi ce ne fa obbligo, per l’abbondanza e per l’autorità della dottrina circa la Chiesa medesima, che esso ci ha illustrata; e la vostra visita Ci offre opportunità di fare qualche accenno a tale dottrina, senza pretesa di trattarla o di esporla adeguatamente, ma solo col proposito, e quasi col piacere, di rilevarne fugacemente qualche aspetto degno di particolare considerazione.

E sapete qual è, a Nostro avviso, l’aspetto più interessante e, nello stesso tempo, più misterioso della dottrina circa la Chiesa? È quello che riguarda il rapporto fra la Chiesa e lo Spirito Santo. Dice il Concilio, in una mirabile e densa pagina di teologia: «Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Io. 17, 4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa, ed affinché i credenti avessero così per Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Eph. 2, 18). Questi è lo Spirito che dà la vita, è una sorgente d’acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Io. 4, 14; 7, 38-39); per Lui il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rom. 8, 10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1 Cor. 3, 16; 6, 19), e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale (cfr. Gal. 4, 6; Rom. 8, 15-16 e 26). Egli guida la Chiesa verso tutta intera la verità (cfr. Io. 16, 13), la unifica nella comunione e nel ministero, la istruisce e la dirige con diversi doni gerarchici e carismatici e la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Eph. 4, 11-12; 1 Cor. 12, 4; Gal. 5, 22). Con la virtù del Vangelo (lo Spirito Santo) fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: Vieni (cfr. Apoc. 22, 17)».

È una pagina lunga, e piena di riferimenti biblici, che esigerebbero spiegazione. Ma Noi qui, solo per delineare il rapporto fra Spirito Santo e Chiesa, Ci contentiamo di citare una frase d’un grande pensatore cattolico tedesco del secolo scorso, il quale, alla prima pagina d’un suo libro famoso sull’unità nella Chiesa, scrive con vigore sintetico: «Il Padre manda il Figlio; e il Figlio manda lo Spirito Santo. È così che Dio è venuto a noi. Ed è in senso inverso che noi arriviamo al Padre. Lo Spirito ci conduce al Figlio, e il Figlio al Padre» (Moehler). E ci basterà pensare allo Spirito Santo come al principio divino animatore della Chiesa, alla sua anima increata (cfr. Journet 1, 43, 665), che produce nel Corpo mistico del Signore l’animazione creata, cioè la grazia, i doni dello Spirito Santo, i frutti dello Spirito Santo (Gal. 5, 22), che San Paolo enumera così: «La carità, il gaudio, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mansuetudine, la fede, la moderazione, la continenza, la castità». E di più il carattere sacramentale non è un effetto dello Spirito Santo? E le sue ispirazioni che guidano le anime sulle vie della santità? E l’assistenza dello Spirito Santo, che dà al ministero della Chiesa la sua orientazione e la sua sicurezza, non è pure opera dello Spirito Santo?

Un punto di speciale importanza in tutta questa meravigliosa dottrina è quello che riguarda la gerarchia della Chiesa. Lo Spirito Santo non è forse libero d’esercitare la sua misteriosa azione direttamente: «Lo Spirito soffia dove vuole; Spiritus ubi vult spirat» (Io. 3, 8)? Certamente. Il Concilio lo afferma espressamente e ripetutamente (cfr. Lumen Gentium, 12-16; Unitatis redintegratio, 3, 4, 21, ecc.). E allora non è superfluo, non è ingombrante il servizio che la gerarchia ecclesiastica si propone di fare per l’insegnamento, la santificazione, la guida dei fedeli? Questi non ricevono direttamente lo Spirito Santo senza questo diaframma umano, questa istituzione intermediaria? Questo è un punto essenziale della dottrina sulla Chiesa. Bisogna ricorrere al pensiero di Cristo. Cristo ha affidato il compimento della sua opera nell’umanità a due fattori differenti: allo Spirito Santo e agli Apostoli. Egli ha promesso di mandare lo Spirito Santo, ed Egli ha mandato gli Apostoli. Queste due missioni provengono egualmente da Cristo. Il disegno incontestabile del divino Fondatore della Chiesa vuole che la Chiesa sia costruita dagli Apostoli e che sia vivificata dallo Spirito Santo. Gli Apostoli costruiscono il corpo della Chiesa, di cui l’anima è lo Spirito di Cristo. Questi due diversi agenti sono così collegati fra di loro, che Sant’Agostino afferma coestensiva l’opera dell’uno e dell’altro, con parole celebri ed incisive: De Spiritu Christi non vivit, nisi corpus Christi . . . . Vis ergo et tu vivere de Spiritu Christi? In corpore esto Christi; non vive dello Spirito di Cristo se non il corpo di Cristo . . . . vuoi anche tu dunque vivere dello Spirito di Cristo? Sii nel corpo di Cristo (In Io. Ev. Tract. 26, 13; P.L. 35, 1612-1613). E ancora: «Niente tanto deve temere il cristiano, quanto l’essere separato dal corpo di Cristo. Se infatti è separato dal corpo di Cristo, non è suo membro; se non è suo membro, non è nutrito dal suo Spirito» (ib. Tract. 27, 6; P.L. 35, 1618).

Noi dovremmo sempre ricordare come l’opera della gerarchia visibile è ordinata alla diffusione dello Spirito Santo nelle membra della Chiesa; il suo ministero non è indispensabile per la misericordia di Dio, la quale può effondersi come a Dio piace; ma è normalmente indispensabile per noi, che abbiamo avuto l’ordine e la fortuna di attingere la Parola di Dio, la grazia di Dio, la guida di Dio dagli Apostoli, cioè dai ministri della vita religiosa, soprannaturale, emanante da Cristo (cfr. Congar, Esquisses du mystère de l’Eglise, p. 129 ss.).

A Noi piace ricordare queste verità luminose alla vigilia dell’inizio della novena, la grande novena della Pentecoste. Vorremmo che la celebrazione di questa «metropoli delle feste», come S. Giovanni Crisostomo chiama la Pentecoste, fosse preceduta dalla preparazione che il Signore stesso istituì (cfr. Act. 1, 4; 12; 2, 1), nel raccoglimento, nella preghiera, nella riflessione del mistero della Chiesa, sia nelle sue profondità interiori, e sia nelle sue manifestazioni esteriori: è meditazione sconfinata. Vorremmo che la bella Enciclica di Leone XIII Divinum illud munus (1897) fosse ricordata e conosciuta. Vorremmo che il culto, l’amore allo Spirito Santo, fosse in tutti i cristiani più ardente e più diffuso! Questo vi raccomandiamo, per il bene vostro e della santa Chiesa, con la Nostra Benedizione Apostolica.

                               



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