PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 4 gennaio 1967
Consenso dei redenti alla rivelazione divina
Diletti Figli e Figlie!
Non possiamo in questa nostra breve meditazione dell’udienza generale scostarci dal grande tema di stagione, quello natalizio, tanto più che ci avviciniamo ad un’altra solennità relativa alla venuta di Cristo nel mondo, l’Epifania, la quale, come ognuno sa, commemora e celebra la manifestazione di Cristo (cf. August. Serm. 202; P.L. 38, 1033). Come già il Natale, l’Epifania ci chiama alla conoscenza di Cristo; ad una conoscenza non soltanto relativa al fatto storico della nascita del Signore, ma più profonda, più essenziale e più misteriosa; ad una conoscenza che mette in fermento gli animi di chi la accoglie, e anche di chi, avendone qualche nozione, volontariamente la respinge; è la conoscenza teologale, nella quale si compie un facile, ma complesso processo conoscitivo, che termina all’atto di fede.
Non di questo parleremo! oggi a voi; troppo avremmo da dire; ma Ci basti ancora richiamare la vostra riflessione sopra il grande dovere, che scaturisce dal fatto storico e reale dell’Incarnazione, per ogni intelligenza umana, quello di studiare quel fatto, di considerarlo, di vederlo irradiare nel mondo - nel mondo delle anime specialmente - la sua luce, riservata e sorprendente ad un tempo.
Bisogna innanzi tutto avvicinarsi a Cristo, e riconoscere chi Lui è. È questo il tema centrale, su cui è tessuto il Vangelo. Tema ancor oggi, ed oggi più che mai, presente alla coscienza dell’umanità che pensa, che studia, che soffre, e che intravede essere in Gesù Cristo nascosto un qualche segreto, che attira e intimidisce e disturba, che sembra tutto spiegare ed essere impossibile: discussioni appassionate c sconcertanti sono tuttora accese sulla famosa domanda che Gesù stesso presentò su Se medesimo ai suoi discepoli: «Che ne pensa la gente del Figlio dell’uomo?» (Matth. 16, 13). Chi è Gesù? Qui sulla tomba di S. Pietro, è bello ricordare la grande, la vera, la luminosa risposta, che risuona ancora nella sua autentica e testuale verità: «Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio vivente» (ibid. 16). Ed è bello anche ricordare come questa risposta, che costituirà la prerogativa di Pietro nei secoli, è frutto d’una rivelazione; una rivelazione universale per sé, ma che solo agli umili, a chi accetterà d’essere discepolo d’una scienza, autenticamente divina, superiore a quella umana, sarà elargita, «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra - dirà un giorno Gesù, in un momento sublime della sua conversazione con Dio e tra noi - perché hai nascosto queste cose ai dotti ed ai sapienti, e le hai rivelate ai piccoli» (Matth. 11, 25). Ed è bello ancora rammentare come la meditazione prolungata nel tempo, vogliamo dire la dottrina teologica della Chiesa su Cristo, abbia avuto dai Successori di Pietro, in comunione con la Chiesa d’Oriente e d’Occidente, la sua formulazione piena e sicura; così che, Figli carissimi, dovete pensare quale momento importante sia per voi trovarvi localmente, e certo anche spiritualmente, nel punto prospettico migliore, e in un certo senso unico (perché garante d’ogni altra visuale ortodossa), per conoscere Cristo. Qui è la sua Epifania centrale. La fede e di conseguenza l’amore a Cristo, la contemplazione del suo volto, mite ed umile, deliziosamente umano, immensamente grave e raccolto in un’interiorità che parla d’infinito, infinitamente perciò adorabile ed amabile, dovrebbero qui avere per tutti la loro prima scuola, la loro palestra, la loro fontana.
Vi ricorderete? Dobbiamo conoscere Cristo nella sua realtà, umana e divina, nella teologia cristologica, che la Chiesa cattolica custodisce e diffonde di Lui. E troverete allora come sia vera l’affermazione d’uno studioso contemporaneo, il quale dimostra come Cristo non possa essere presentato agIi uomini del nostro tempo, se non mediante la Chiesa, e come essi non dicano sì a Lui, se non dicendo sì alla Chiesa (Volk).
E questo sì, che voi certamente qui pronunciate oggi con vigore e con gaudio, questo atto di adesione cosciente alla Chiesa, madre e maestra, è accolto con immensa compiacenza da Noi, e da Noi avvalorato con la Nostra Benedizione Apostolica.
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